Le nanotecnologie contro le infezioni batteriche
Uno studio italiano sfrutta le nanoparticelle per identificare le proteine esposte sulla superficie delle cellule batteriche e usarle per sviluppare antibiotici e vaccini. Il procedimento, che si basa su tecniche di spettrometria di massa è già stata testata su un batterio spesso presente nei pazienti affetti da fibrosi cistica.
11 GEN - Non solo le proteine esposte sulla superficie delle cellule batteriche giocano un ruolo chiave nel processo di infezione, nella virulenza ed in generale nella fisiologia batterica, ma sono anche le prime ad essere viste dal sistema immunitario. Per questo, una loro accurata identificazione permette di accelerare lo sviluppo di nuovi antibiotici e di vaccini atti a contrastare le infezioni. Oggi, questo processo potrebbe diventare più semplice grazie a uno
studio italiano pubblicato su
PLoS One, che sfrutta nanoparticelle magnetiche per la cattura e l’identificazione delle proteine “esposte”.
La ricerca multidisciplinare è stata finanziata da Fondazione Cariplo, Commissione Europea e Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica (Verona) ed è stata coordinata da
Giovanni Bertoni del Dipartimento di Bioscienze dell’Università degli Studi di Milano, in collaborazione con
Francesco Bonomi e il suo gruppo al DeFENS (sempre all’Università degli Studi di Milano),
Pierluigi Mauri dell’Istituto di Tecnologie Biomediche (CNR-ITB; Segrate) e
Alessandra Bragonzi dell’Ospedale San Raffaele.
La procedura messa a punto dal team italiano fa uso di nanoparticelle magnetiche derivatizzate capaci di stabilire legami covalenti con le proteine: una volta che si adagiano sulla superifice di cellule intere, queste nanoparticelle “catturano” covalentemente proteine adiacenti che vengono poi identificate mediante tecniche di spettrometria di massa. In un test comparativo, questa tecnica si è rivelata più efficiente ed accurata nell’identificare nuove proteine di superficie rispetto a procedure precedenti.
La metodologia di cattura di proteine di superficie mediante nanoparticelle – già prontamente applicabile ad altri batteri patogeni – è stata messa a punto e già testata nello specifico su
Pseudomonas aeruginosa, un importante patogeno opportunista umano, che causa infezioni cutanee e delle vie urinarie, ma anche otiti, problemi agli occhi ed endocarditi. Ma il motivo per cui il batterio è più conosciuto è probabilmente perché la maggior parte dei pazienti affetti da fibrosi cistica viene da esso colonizzata nel corso della vita, provocando infezioni polmonari anche gravi.
11 gennaio 2013
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