Ma chi ha ragione, la scienziata italiana che fa ricerca a Parigi o il presidente dell’AIOM?
di Maria Rita Montebelli
02 MAG - Individuare il cancro in fase precoce, addirittura prima della comparsa, e magari attraverso un semplice prelievo di sangue. Sarebbe fantastico, ma per ora è solo una speranza, peraltro pericolosa perché potrebbe distogliere il paziente dai percorsi di diagnosi validati (mammografia, sangue occulto nelle feci, ecc). Magari facendogli buttare via una fortuna in test che non hanno ancora ricevuto un Ok definitivo da parte della scienza.
E siccome la lotta contro il cancro passa anche attraverso le informazioni veicolate dai media, fanno molto bene gli oncologi dell’AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) a monitorare quanto viene scritto e detto sull’argomento perché una ‘bufala’ o una notizia ‘gonfiata’ in questo campo possono fare davvero molti danni.
A suscitare la preoccupazione degli specialisti oncologi questa volta è la lunga intervista fatta ieri sera a ‘Porta a porta’ (Rai 1) da
Bruno Vespa alla professoressa
Patrizia Paterlini-Bréchot, docente di biologia cellulare e molecolare all'Università Paris-Descartes. andata in onda ieri sera su Rai 1.
Italiana di nascita e di formazione universitaria, la Paterlini si è trasferita ormai da oltre 30 anni in Francia, dove ha portato avanti le sue ricerche di biologia molecolare che sono approdate alla messa a punto del test ISET®, un metodo di citopatologia sanguigna che consente di isolare le cellule cancerose circolanti (CCC) che si distaccano da tumori solidi ed entrano in circolo, per poterle analizzare a scopo diagnostico e come guida al trattamento.
Il test ISET® infatti, secondo la studiosa italiana, potrebbe trovare diversi campi di applicazione in clinica: determinare se un trattamento oncologico è efficace o meno (un trattamento efficace le dovrebbe far scomparire); analizzarle geneticamente per guidare la scelta verso il trattamento oncologico più adatto; individuare un tumore invasivo in uno stadio molto precoce, quando non è ancora riconoscibile con le attuali metodiche di imaging.
Non è la prima volta che la Paterlini compare davanti alle telecamere. Una bella donna elegante, dallo sguardo penetrante e dall’ammaliante accento francese, con il fascino del ‘cervello’ fuggito all’estero. La scienziata racconta di aver dedicato tutta la sua vita, dormendo appena tre ore per notte, alle sue ricerche al solo scopo di “potermi guardare un giorno allo specchio pensando che il mio lavoro ha contribuito a salvare tante vite”.
La sua partecipazione a “Porta a porta” è un modo anche per promuovere il suo libro “Uccidere il cancro” che qualcuno ha già ribattezzato un libro-missione. In pratica un’abile operazione di marketing ma per nobili scopi, che sono quelli di raccogliere i fondi per finanziare le ricerche che dovrebbero definitivamente validare il test ISET® (naturalmente coperto da copyright) che la Paterlini afferma però di voler mettere a disposizione gratuitamente a gruppi di ricerca oncologica in tutto il mondo.
Ma le sue parole e il suo impegno non convincono, almeno per il momento, gli esperti dell’AIOM, che ritengono prematuro parlare per ora di questo test al grande pubblico. Meglio aspettare la sua validazione scientifica definitiva.
Nel frattempo, è certamente lecito fare il tifo per il buon esito degli studi che lo stanno testando (in Francia è in corso una multicentrica su 600 pazienti a rischio tumore del polmone in 18 centri e se ne sta studiando l’impiego anche nel cancro della mammella e del pancreas), ma per il suo impiego in clinica i tempi non sono ancora maturi.
Il
prime time della televisione non sempre corrisponde a quello della scienza.
Maria Rita Montebelli
02 maggio 2017
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