Sardegna. Solinas lancia allarme per carenza medici e chiede abolizione numero chiuso a Medicina
di Elisabetta Caredda
Dice il presidente: “È un’emergenza nazionale, non solo sarda. Se è vero infatti che il blocco del turn over deciso dai precedenti governi regionali ha dilatato a dismisura le carenze degli organici negli ospedali e nei servizi territoriali, è vero che anche altri fattori, comuni a tutte le Regioni Italiane, hanno concorso ad accentuare il problema e hanno posto le basi per un aggravamento ulteriore della situazione”
08 NOV - La sanità sarda risente in modo significativo della carenza di personale medico specialistico e sempre più difficile diventa per la Regione pensare a delle soluzioni dal momento in cui le professionalità vengono proprio a mancare, a seguito dell’insufficiente numero di studenti che fanno ingresso e nei corsi di laurea della facoltà di medicina, e nelle scuole di specializzazione.
Questa importante criticità a causa della quale spesso non si riescono a dare nell’immediato nemmeno risposte ai presidi più in sofferenza, in particolare a quelli con sede nella zona interna dell’isola disagiati maggiormente anche dal punto di vista dei collegamenti coi trasporti pubblici, è stata più volte sollevata sia dall’assessore alla Sanità,
Mario Nieddu, sia dallo stesso governatore
Christian Solinas che
dopo averne parlato durante il discorso sul bilancio di metà mandato di legislatura, ritorna sull’argomento con un’ulteriore analisi di dati.
“Quella della carenza di medici e di personale del comparto sanitario pubblico (infermieri, tecnici, riabilitazione, ecc) – spiega il presidente della Regione - è un’emergenza nazionale, non solo sarda. Se è vero infatti che il blocco del turn over deciso dai precedenti governi regionali ha dilatato a dismisura le carenze degli organici negli ospedali e nei servizi territoriali dell’Isola, è vero che anche altri fattori, comuni a tutte le Regioni Italiane, hanno concorso ad accentuare il problema e hanno posto le basi per un aggravamento ulteriore della situazione”.
“Un quadro riepilogativo è stato analizzato più volte – prosegue il governatore - non solo dalle organizzazioni nazionali e locali dei sanitari ma anche da illustri esponenti del mondo scientifico. I motivi che stanno alla base di molti dei problemi attuali sono stati efficacemente illustrati, anche di recente, dal
Professor Silvio Garattini, presidente e fondatore dell'Istituto di ricerche farmacologiche "Mario Negri". Dalla sua analisi emerge quanto, a partire dagli anni ’80, in cui l’Italia vantava un numero molto alto di medici di sanità pubblica, sia mancata una adeguata programmazione e sia progressivamente venuta meno la strutturazione degli atenei in funzione della crescente richiesta di ingressi, così come il necessario avvicinamento tra studenti, specializzandi e malati. La scelta del numero chiuso nelle facoltà di Medicina e nelle professioni sanitarie spiega per buona parte la carenza di organico, ed è per questo che su questo aspetto occorre intervenire tempestivamente”.
“Ma non basta – rileva Solinas -, e soprattutto non basta per fronteggiare l’emergenza a breve termine, dato che la lunghezza del corso di studi determina che un giovane che oggi si iscrive in medicina potrà esercitare tra 6-9-11 anni. L’allarme è solo all’inizio. In Italia le strutture pubbliche hanno perso 45mila operatori in 10 anni di cui 10mila medici tra ospedalieri e convenzionati. E poi c’è la voce pensionamenti: se ne prevedono 35.200 entro il 2027. Non ci saranno abbastanza colleghi per sostituirli. L’esito è che nel quadriennio che si chiude col 2023 si potrebbe arrivare a un deficit ulteriore di decine di migliaia di medici, il frutto dello squilibrio fra pensionamenti e i nuovi specialisti formati che si prevede scelgano di svolgere il proprio lavoro nella sanità pubblica. La carenza potrebbe essere stimata secondo Anaao in ulteriori 24mila unità entro il 2023. E sempre secondo un recente studio Anaao, entro il 2025 dei circa 105.000 medici specialisti attualmente impiegati nella sanità pubblica potrebbe andare in pensione circa la metà: 52.500. Un esodo biblico inesorabile e inarrestabile”.
“Abbiamo inoltre – continua il presidente - una popolazione di professionisti particolarmente invecchiata a causa del blocco continuato del turnover. Secondo i dati diffusi da Eurostat, l'Italia ha i medici più vecchi d'Europa con il 54% del totale che ha una età superiore a 55 anni. Un precedente report Anaao aveva evidenziato come la popolazione dei medici dipendenti del SSN con età maggiore a 50 anni fosse addirittura il 68% del totale. I dati sono impietosi, e mostrano che il numero programmato dei nuovi specializzati non è strutturalmente in grado di rimpiazzare i pensionamenti. È evidente che tutti i sistemi sanitari regionali pagano oggi un evidente errore di programmazione formativa cristallizzata nel numero chiuso in Medicina. Vi sono poi criticità legate alla ripartizione delle borse per settori di specializzazione ed ai meccanismi di mobilità degli specializzati. Vi sono infatti Regioni virtuose, come la Sardegna, che impiegano ingenti risorse proprie per finanziare un significativo aumento delle borse di specializzazione ma vedono poi vanificato questo investimento dall'esodo degli specializzati che rientrano spesso nelle loro città di provenienza”.
Solinas si sofferma anche sui medici di medicina generale sottolineando: “L’emergenza non riguarda solo le strutture pubbliche, ma anche la medicina di base. Almeno 1,5 milioni di italiani sono senza il proprio medico di fiducia, e questo è un problema presente anche in Sardegna, come più volte segnalato sia dai cittadini che dagli amministratori locali, che cercano nella Regione una risposta che non è nella sua competenza. Negli ultimi due anni, infatti, la Sardegna ha messo a bando e formato graduatorie per i medici di medicina generale su tutte le sedi vacanti, recuperando il ritardo accumulato nei cinque anni precedenti. Ma anche in questo caso, se a mancare sono i medici la Regione non ha grandi possibilità. Con l'ultima legge approvata, prosegue il Governatore, ho voluto prevedere una misura incentivante per i medici di base e i pediatri di libera scelta che optino per una sede disagiata, così da cercare di garantire tutti i cittadini che si trovino nelle zone interne e nei piccoli centri. Il nodo centrale in definitiva resta comunque la necessità di aumentare il numero dei medici formati coi quali garantire i reparti ospedalieri e la medicina territoriale. E’ urgente quindi mettere le basi perché il sistema universitario ne possa formare e specializzare di più”.
“Purtroppo – evidenzia inoltre il governatore -, altre ipotesi come il contrasto alla cosiddetta “fuga di cervelli”, che merita comunque interventi puntuali, non sono in grado per un fatto semplicemente numerico di arginare le voragini che vanno estendendosi nelle dotazioni organiche sanitarie. Se anche riuscissimo ad evitare che nemmeno uno dei nostri attuali laureati o specializzati andasse via dalla Sardegna o dall'Italia, il numero dei medici non sarebbe comunque sufficiente a garantire il fabbisogno. Ed il motivo di fondo resta uno ed ineludibile: serve aumentare i laureati in medicina. Non è più tempo di giustificazioni o rinvii. Lo Stato deve mettere in campo tutti gli strumenti necessari perché le nostre Università possano garantire percorsi formativi adeguati a soddisfare l'intero fabbisogno nazionale di professionalità, con una programmazione seria ed efficace. Non sarebbe infatti sufficiente neppure un'attività di scouting internazionale di medici sul modello perpetrato per anni dal sistema sanitario inglese. Quello della mancanza dei medici è divenuto oramai un problema mondiale, come denunciato più volte dall’OMS”.
“Occorre dunque una grande mobilitazione politica – afferma il Presidente -, una presa di coscienza da parte del governo nazionale che non può semplicemente scaricare sui sistemi sanitari regionali questa emergenza che rischia di divenire una carenza strutturale devastante. Nonostante la Sardegna abbia diligentemente operato per fronteggiare il problema, destinando cospicue risorse proprie per coprire gli organici con bandi per migliaia di posti, le risposte sono state fino ad ora piuttosto deboli ed hanno confermato un fenomeno di cronicizzazione della mancanza di laureati in medicina e specializzati. La moratoria almeno quinquennale sul numero chiuso per l'accesso alle facoltà, così come un meccanismo che riservi al sistema sanitario che li ha specializzati almeno una quota fissa di neo-specialisti da immettere nelle strutture sanitarie pubbliche, da me più volte richiesti - conclude il Presidente Solinas -, rappresentano strumenti oramai indispensabili anche se, evidentemente, non di effetto immediato. Occorrono interventi straordinari per fronteggiare l'emergenza nell'immediato, che solo lo Stato può disporre e autorizzare per garantire ai tutti i cittadini un sistema sanitario equo ed efficiente, dal quale si misura il grado di civiltà e di progresso di un Paese”.
Elisabbetta Caredda
08 novembre 2021
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Regioni e Asl