“Italia in buona salute ma attenzione alle diseguaglianze sociali”. Intervista a Giovanni Gorgoni (Aress Puglia)
di Ester Maragò
Riflettori puntati oggi, nel capoluogo pugliese, sull’ultimo Rapporto sullo stato di salute nella Ue, con un focus specifico sull’Italia. Paese, il nostro, con molti punti di vantaggio rispetto al resto di Europa, ma con una forbice delle diseguaglianze sociali in sanità che si sta facendo sempre più ampia. Per il Dg dell’Aress Puglia bisogna iniziare a ragionare su politiche a universalismo differenziato
17 GEN - “L’Italia sul fronte della salute ha sicuramente molti punti di vantaggio rispetto al resto di Europa. Siamo tra i Paesi con la migliore capacità di evitare le morti premature e presenta uno dei livelli più bassi di cause prevenibili e trattabili di mortalità. Siamo al secondo posto dopo la Spagna per speranza di vita. E questo anche grazie a un Ssn efficiente, solidale e universalistico. Ma quello che spesso sfugge è che la forbice delle diseguaglianze si sta facendo sempre più ampia. Bisogna quindi iniziare a ragionare in maniera nuova e fare politiche a universalismo differenziato”.
A delineare i contorni dello stato di salute del nostro Paese tra punti di forza e criticità, in questa intervista, è
Giovanni Gorgoni, Direttore Generale dell’Agenzia Regionale strategica per la Salute ed il Sociale della Regione Puglia (Aress). Agenzia che in qualità di membro del network EuroHealthNet (European Partnership for improving health, equity and welling), nel corso di un evento organizzato oggi a Bari, alla presenza del sottosegretario alla Salute
Sandra Zampa, di
Isabel de la Mata Barranco Principal Adviser for Health and Crisis della Commissione Ue e del presidente dell’Iss
Silvio Brusaferro, punta i riflettori sull’ultimo Rapporto Salute dell’Unione 2019 -
elaborato dalla Commissione Eu e dall’Oecd e presentato lo scorso mese di novembre – con un focus specifico sull’Italia.
Dottor Gorgoni Bari ospita oggi un’importante iniziativa a livello europeo “The State of Health in the EU”. Cosa vuol dire per l’Italia e per la regione Puglia in particolare?
È un’ottima occasione per il nostro Paese e un riconoscimento per la nostra Regione. Il The State of Health in the EU è una importante iniziativa biennale che ci consente di presentare un focus sullo stato di salute in Italia e di realizzare nel contempo un’operazione di benchmarking con gli altri paesi Ue. Un benchmarking propositivo, perché l’obiettivo è quello di sviluppare conoscenze specifiche per Paese, e di livello transnazionale, che possano contribuire all’elaborazione di politiche a livello nazionale ed europee. Bari è una delle quattro tappe, tra gennaio e febbraio ci saranno altre edizioni ad Atene, Helsinki e Stoccolma.
Perché proprio la Puglia?
Nello scenario europeo la nostra Regione svolge da tempo - sui temi della salute - prestigiose attività di partnership e sulle cronicità, in particolare, è un riferimento autorevole. Una su tutte, a settembre scorso in Danimarca la Commissione Europea ci ha riconosciuto lo status di ‘Reference site’, nell’ambito delle innovazioni a supporto dell’invecchiamento attivo e in buona salute. E lo ha fatto con il rating massimo - 4 stelle su 4; insieme a noi in Italia con questo punteggio, la Regione Lombardia e l’Università Federico II di Napoli. E ancora, da qualche settimana la Puglia è una delle regioni pilota, con ad altre 7 Regioni europee del progetto Gatekeeper, per la costruzione di una piattaforma digitale e assistenziale a supporto delle nuove cronicità che funga da modello europeo. Un progetto che coinvolgerà quasi quindicimila cittadini europei - diecimila per la sola Puglia - per un finanziamento di 20 milioni di euro. Insomma pur essendo regione meridionale riusciamo a essere propositivi sulle sfide di punta della sanità futura.
Qual è l’obiettivo di questa edizione?
L’appuntamento fa il focus sull’Italia, sia chiaro, ma noi cogliamo l’occasione per ribadire l’allarme su un aspetto che anche il Rapporto mette in luce, ossia la necessità di prestare maggiore attenzione alle diseguaglianze sociali di salute. L’Italia, come emerso dal focus che abbiamo presentato, ha sicuramente molti punti di vantaggio rispetto al resto di Europa. Siamo tra i Paesi con la migliore capacità di evitare le morti premature e presenta uno dei livelli più bassi di cause prevenibili e trattabili di mortalità. E questo anche grazie a un Ssn efficiente, solidale e universalistico, ma quello che spesso sfugge, ma che il Report coglie, è che la forbice delle diseguaglianze si sta facendo sempre più ampia. Una diseguaglianza di salute che si sostanzia non solo tra il Nord e Sud del Paese, ma anche nell’ambito della stessa Regione, della stessa città, da quartiere a quartiere. Le malattie sono classiste: colpiscono quella fetta di popolazione con minor redditi e una scarsa scolarizzazione: più il disagio socio-economico è alto e più l’incidenza delle patologie aumenta. La minor alfabetizzazione incide inoltre sulla capacità di accesso ai servizi. Bisogna quindi iniziare a ragionare in maniera nuova e fare politiche a universalismo differenziato. Focalizzarci sul fatto che le cronicità hanno determinanti sociali spesso sfuggenti e che in minore misura possono essere imputate ai servizi sanitari. Dall’ultimo rapporto sulle disuguaglianze di salute dell’Oms emerge come siano più rilevanti nel determinare una cattiva salute la scarsa occupazione, le insufficienti tutele lavorative, le limitate garanzie abitative, l’istruzione.
Guardando al futuro?
La Commissione Europea ha dettato, per il prossimo biennio, cinque tendenze di trasformazione dei sistemi sanitari che vanno governate. La prima è la fuga dalle vaccinazioni di base, l’altra è l’impiego intelligente della digitalizzazione come strumento abilitante di miglioramento. Una terza tendenza interesserà l’innovazione nello skill mix professionale, ossia le competenze dei professionisti della sanità, che hanno bisogno di essere aggiornate e “scambiate” tra professioni diverse alla luce dell’evoluzione del sistema e delle future carenze del mercato del lavoro.
Altra direttrice sulla quale dovremo concentrarsi è quella di realizzare una migliore e puntale analisi dei dati sanitari della popolazione per capire il reale accesso ai servizi da parte delle varie fasce di popolazione. Quinto filone è l’accesso all’innovazione farmaceutica ma a costi sostenibili.
La Commissione Ue ha poi dato delle indicazioni specifiche per il nostro Paese.
Quali?
La popolazione italiana gode in generale di buona salute e il paese occupa il secondo posto dopo la Spagna per speranza di vita. Sussistono tuttavia notevoli differenze tra Regioni e per situazione economica. Nonostante i trend al ribasso, rimane la preoccupazione per il tasso di fumatori tra gli adulti e soprattutto tra gli adolescenti. E sempre la fascia di popolazione più giovane - il nostro futuro - desta preoccupazione per il tasso di obesità e il carico di malattie future che questa genera. Pregiato ed efficace è il sistema di assistenza primaria dell’Italia, per la Commissione, ma è anche il Paese con i medici più anziani - media superiore a 55 anni - e tra quelli con il minor numero di infermieri. Con tendenza all’invecchiamento tra le più alte non si possono rimandare ulteriormente politiche di lungo termine sul capitale umano, che rimane ancora e per fortuna la risorsa più importante dei servizi di salute.
Ester Maragò
17 gennaio 2020
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