Lombardia. Bresciani: “Rivedere numero chiuso in medicina”
L'assessore alla Sanità lombardo Luciano Bresciani torna a lanciare l'allarme sulla futura carenza di camici bianchi che "solo in Lombardia creerà un buco negli ospedali di 7.600 specialisti entro il 2015”. E lo fa a margine del 113° Congresso nazionale del SIC (Società Italiana di Chirurgia) in corso a Firenze in cui sollecita pure di “aprire ai finanziamenti privati i corsi di specialità”.
04 OTT - "Se non modifichiamo il numero chiuso alla Facoltà di Medicina - dice Bresciani - la Lombardia rischia di restare senza medici e di doverli importare da altre regioni, se non addirittura dall'estero, dove non abbiamo garanzie sugli standard di qualità". Quindi Bresciani rilancia con forza una proposta che farà discutere: ripensare il numero chiuso, per contrastare l'emergenza medici, dando il via a una esperienza pilota in Lombardia. "Nella nostra regione - denuncia - gli ospedali si stanno svuotando: entro il 2015, con tutti i camici bianchi che andranno in pensione, ne avremo 7.600 in meno. Una voragine, pari al 40 per cento di quelli in servizio nel 2010".
Tante, troppe le specialità a rischio: medicina interna, anestesia e rianimazione, chirurgia generale, ginecologia e ostetricia, cardiologia, ortopedia e traumatologia, pediatria, psichiatria e nefrologia. I posti disponibili per i corsi post laurea in tutte queste specialità in Lombardia oggi sono appena 750. Troppo pochi, tanto che la Regione da tempo ha chiesto che vengano portati a 1.277.
"Qui è in discussione il federalismo in sanità", sottolinea Bresciani, che, a sostegno della sua proposta per far partire in Lombardia una sperimentazione pilota alle facoltà di Medicina, cita un altro dato: "La Lombardia, con i suoi 9 milioni e 743.000 abitanti, ha il 12,46 per cento dei corsi di medicina in Italia, mentre il Lazio, che ha una popolazione di 5 milioni 727.000 persone, ne ha più del 16 per cento. Uno squilibrio assurdo". Bresciani va avanti: "E' una battaglia federalista, basata sulla forza dei numeri, che parlano da soli".
Ad aggravare la sproporzione tra le necessità del sistema ospedaliero e i giovani medici ci sono anche le percentuali di chi abbandona: una cifra che sfiora il 6 per cento.
"Basta con una cultura chiusa nel mortaio del finanziamento statale. Si deve avere il coraggio e la lungimiranza - conclude l'assessore - di ripensare il cosiddetto 'numero chiuso' a Medicina e aprire ai privati i corsi di specializzazione. Altrimenti tra qualche anno saremo ancora qui a discutere sulla fuga dei nostri cervelli".
04 ottobre 2011
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