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“Bisogni e dinamiche della sanità sono cambiati. Le Regioni sono pronte a fare la propria parte”. “Vogliamo una grande intesa con i medici”. Intervista al neo Coordinatore Salute delle Regioni Antonino Saitta

di Ester Marago'

Nominato stamattina dalle Regioni a capo della Commissione Salute, l'assessore alla sanità del Piemonte prende il posto di quello dell'Emilia Romagna Sergio Venturi in un avvicendamento di ruoli già previsto all'indomani della nomina a presidente delle Regioni del governatore Bonaccini. Ecco i suoi programmi in questa sua prima intervista da "neo ministro" della Sanità delle Regioni

25 FEB - Un grande patto con gli operatori sanitari, a partire dai medici di famiglia, per raggiungere il grande obiettivo dell’appropriatezza, farmaceutica e diagnostica, con contratti e convenzioni che potrebbero diventare il “treno” per facilitarne l’arrivo. E senza la spada di Damocle del sistema sanzionatorio che “da solo non è la strada per ottenere la condivisione” degli scopi da centrare. E ancora, un’intesa Regioni e il Governo che vada incontro “alle esigenze di tutte le parti”, per risolvere le divergenze che hanno portato medici e dirigenti sanitari a proclamare due giorni di sciopero.
 
È sicuramente una politica di mediazione quella che connoterà la nuova stagione della sanità regionale sotto la guida dal piemontese Antonino Saitta, nominato questa mattina nuovo Coordinatore della Commissione Salute delle Regioni.
 
“Collaborazione, intesa, patto, concordia” sono, infatti, il fil rouge che lega le soluzioni prospettate dal neo coordinatore, in questa sua prima intervista dopo la nomina, alle tante questioni ancora aperte sul tappeto della sanità, dal Decreto appropriatezza, alla vertenza salute, fino al rilancio della sanità meridionale.
E chissà che non riesca a sbrogliare la matassa se è vero, come sostiene, che tra le Regioni nonostante differenti colori politici si è aperta una nuova fase di grande collaborazione. Fattore decisivo questo, anche in vista della Riforma costituzionale che rimette nello Stato la competenza legislativa sulle politiche sanitarie. Un “neo centralismo” che Saitta comprende nelle sue motivazioni anche se specifica che non può essere la “soluzione dei problemi, anche perché  - dice - rimane sempre e comunque distante dalle esigenze della comunità locali”.
 
“Meglio operare un’autoriforma delle Regioni - è l'idea del neo Coordinatore della Commissione salute - definendo modalità e criteri che eliminino le differenziazioni. Quindi, prima ci attrezziamo e meglio è”.
 
Senza soldi però non si cantano messe. Le Regioni, ha detto, sono consapevoli della necessità di riorganizzare l’offerta di salute anche alla luce di una domanda di salute che ha cambiato connotati. Ma come tutte le partite da giocare, soprattutto quando le regole sono dettate da un Patto, quello per la salute, stretto con il Governo, servono, per forza di cose, investimenti. E quindi le richieste delle Regioni per il Fondo sanitario nazionale 2017 e 2018, non possono rimanere inevase.
 
Assessore Saitta, il fronte della sanità rimane molto caldo è di poche settimane fa la richiesta inviata al Governo di fissare il Fondo sanitario 2017 e 2018 a 113 e 115 miliardi, e di assorbire il vostro contributo di finanza pubblica. Cosa prevede?
C’è innanzitutto un punto che ritengo sia importante sottolineare: la nostra non è una richiesta di fondi tout court, ma una richiesta di finanziamenti necessari per avviare una fase nuova del sistema sanitario. Mi spiego, negli ultimissimi anni abbiamo assistito a un’accelerazione nei processi di cambiamento con una domanda di salute che ha mutato pelle. Una mutazione alla quale peraltro la politica non sempre ha saputo rispondere. L’elemento dirimente rispetto al passato è quello della qualità dei servizi, sulla quale pesa il giudizio dei cittadini. Quello che ora prevale è la loro opinione, anche perché hanno a disposizione elementi sostanziali per poter scegliere dove farsi curare. I confini amministrativi non ci sono più, tant’è che le Regioni sono chiamate prepotentemente a rispondere al fenomeno della mobilità sanitaria. Dobbiamo quindi rispondere a questa nuova domanda. E la soluzione non passa solo nella revisione a tavolino della rete ospedaliera, ma comporta una riorganizzazione dell’offerta in base agli outcome, e una riorganizzazione dell’assistenza sul territorio con un’offerta autorevole.  Questa partita, le cui regole peraltro sono contenute nei principi del Patto per la salute, va però accompagnata e richiede, per forza di cose, un qualche investimento.
 
Serve però un grande sforzo di responsabilità da parte delle Regioni…
Non ci sono dubbi, le Regioni sono pronte a realizzare responsabilmente i cambiamenti. Anzi, devo sottolineare che la fase del regionalismo esasperato ormai è superata e se n’è aperta una nuova di grande collaborazione, per cogliere le esperienze migliori e cercare di adeguarle alla propria realtà.
 
Rinnovo del Patto Salute. Qual è lo stato dell’arte? 
Ci stiamo lavorando, in particolare in questo momento i tecnici stanno censendo le scadenze previste dal Patto. Ma una cosa è certa, il Patto per la Salute è stato, ed è, un fatto importante perché ha consentito di entrare nel merito di questioni normalmente oggetto di contrattazione anno per anno e di passare a un disegno di carattere generale. Sicuramente qualche modifica bisognerà apportarla in sede di rinnovo, anche alla luce della risorse disponibili e a quelle che si libereranno attraverso le operazioni di economia realizzate dalle Regioni.
 
Il presidente Bonaccini, in una recente intervista a Quotidiano Sanità, ha detto di voler puntare ad un’alleanza con Renzi per il buongoverno della sanità. Condivide questa linea d’azione? Soprattutto pensa che tutte le Regioni faranno fronte unito?
Come ho sottolineato, le Regioni hanno intrapreso una nuova fase di collaborazione. Al di là dei diversi colori politici, sulle questioni sostanziali non sono mai emerse forti differenziazioni. Su alcune questioni magari qualcuno ha voluto rimarcare un parere diverso, ma non mi sembra che sul piano politico questo possa determinare una debolezza del fronte regionale. Per quanto riguarda la posizione del presidente Bonaccini è chiaramente condivisibile.
 
Passiamo a un altro tema che chiama in causa i professionisti del Ssn, ossia il Decreto appropriatezza. Nella riunione con Ministero e Fnomceo avete previsto l’attivazione di un tavolo congiunto permanente per integrare e magari anche riformulare i criteri di appropriatezza ed erogabilità. Qual è la sua posizione in proposito?
Sicuramente ci sono elementi che vanno rimessi a posto, e il tavolo aperto al Ministero ha convenuto su questo punto. Credo però che il grande obiettivo dell’appropriatezza, farmaceutica e diagnostica, si possa ottenere stringendo un grande patto con gli operatori sanitari, a partire dai medici di famiglia. E il tema del rinnovo di contratti e convenzioni potrà diventare l’occasione per capire come riuscire a coinvolgere i professionisti intorno a questi difficili obiettivi. In particolare, per quanto riguarda i medici di medicina generale dobbiamo trovare una modalità poter raggiungere l’obiettivo appropriatezza sul territorio, e ritengo che le Regioni abbiano strumenti concreti per coinvolgerli direttamente e anche per verificare i risultati.
 
E in merito alle sanzioni a carico dei medici?
Personalmente ho dubbi che il sistema sanzionatorio da solo sia la strada per ottenere la condivisione da parte dei medici. Ci sono esperienze in Italia da mutuare senza arrivare a posizioni di contrapposizione.
 
Rimaniamo sempre sul tema, qual è la posizione delle Regioni sulla vertenza medica che culminerà con due giorni di sciopero a marzo?
È prioritario che le Regioni e il Governo trovino un’intesa per poter concordare a fondo una soluzione con medici e dirigenti sanitari che venga incontro alle esigenze di tutte le parti, tenendo sempre presente che dobbiamo fornire risposte al nostro primo “cliente” cioè i cittadini. Tematiche importanti e profondamente  innovative per il servizio sanitario come l’appropriatezza e la riorganizzazione del servizio sui territori devono poter vedere Regioni e Ministeri in sintonia perché le novità siano poi applicate in modo uniforme in ogni parte d’Italia. Sono certo che il ministro Lorenzin concorderà su questa necessità.

Riforma del Titolo V, l’ipotesi è che la sanità torni saldamente nelle mani del livello centrale levando alle Regioni la legislazione concorrente. Cosa auspica?
Credo che questa esigenza di ritorno al centralismo per alcuni settori possa anche essere comprensibile, in particolare quando ci troviamo di fronte a tanti servizi sanitari con livelli di servizi differenti come in sanità. È chiaro e legittimo quindi che possa emergere la necessità di avere un sistema uniforme. Penso però che il centralismo non risolva i problemi, anche perché rimane sempre e comunque distante dalle esigenze della comunità locali. Meglio operare un’autoriforma delle Regioni definendo modalità e criteri che eliminino le differenziazioni. Quindi, prima ci attrezziamo e meglio è.
 
È di pochi giorni fa la notizia dell’indagine che ha travolto la sanità lombarda. Al di là di quest’ultimo episodio, ritiene che le Regioni possano pensare di condividere un programma straordinario di trasparenza e legalità nel settore?
È sicuramente fondamentale, anche perché come dimostrano i dati della Corte dei Conti, quando si verificano questi episodi, le somme sottratte al sistema pubblico e quindi ai cittadini sono ingenti. Servono maggiori controlli e modalità in grado di evitare che alcuni questioni delicate possano essere gestite solo da pochi. Questo si traduce, in particolare in sanità, nell’adozione di regole per gli acquisti di beni e servizi. E il sistema delle centrali d’acquisto è una soluzione per garantire la necessaria trasparenza nelle gare di acquisto, come anche il livello nazionale Consip.
 
La sanità del Mezzogiorno invece continua a segnare il passo. È possibile prevedere un piano di rilancio della sanità del Sud senza creare mal di pancia a quelle Regioni che, al contrario, hanno attuato scelte drastiche per rimettere in carreggiata la loro sanità?
Questo tema è sicuramente nell’agenda del confronto tra il Ministro della Salute e Regioni. Serve però un aiuto da parte del Governo per realizzare un piano di interventi finalizzato, nel tempo, al raggiungimento di alcuni risultati. Se questo si realizzerà si potrà raggiungere un’Intesa. E i presidenti del Sud sono perfettamente consapevoli che alcuni interventi non sono più rinviabili.
 
Cosa ne pensa della proposta degli oncologi italiani, appoggiata anche da Aifa, di suddividere il tetto della spesa farmaceutica ospedaliera per aree terapeutiche, prevedendo anche un budget ad hoc per i farmaci innovativi?
Prima di affrontare la questione della suddivisone dei tetti per aree terapeutiche abbiamo una priorità da affrontare: quella della governance del sistema e dei farmaci innovativi. Una questione sulla quale ci stiamo confrontando con il Governo. Quindi, il tema vero è capire come finanziare l’aumento della spesa farmaceutica anche alla luce dei farmaci innovativi.
 
Per concludere, il suo predecessore ha radicalmente riorganizzato la Commissione salute mettendo in atto una vera e propria spending review che dovrebbe portare a 1 milione di risparmi. Continuerà sul solco già tracciato da Venturi?
Senza ombra di dubbio. Sono stato il suo vice in questo ultimo periodo, ho condiviso il suo metodo e mi pongo nella continuità. Colgo l’occasione per ringrazialo pubblicamente per il suo lavoro, frutto anche della sua grande competenza. 
 
Ester Maragò

25 febbraio 2016
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