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Lazio. Lala (Omceo): “Il See and Treat dell’Asl RmC? Una fuga in avanti pericolosa per i pazienti”

di Roberto Lala

Il presidente dell'Ordine dei medici di Roma torna nuovamente sul nuovo servizio attivato all'Asl RM/C. "Le preoccupazioni già espresse non sono per il ruolo centrale del medico né certo per antagonismo verso quello dell’infermiere". "Il punto è che questo tipo di servizio, dove è già stato attivato, è interno a un Pronto Soccorso. Da noi no e questo è pericoloso". 

10 APR - Non posso esimermi dal precisare nel merito alcune affermazioni fatte, su questo Quotidiano, sia dal dott. Carlo Saitto, D.G. della ASL Roma C, sia dalla dott.ssa Ausilia Pulimeno, presidente del Collegio IPASVI di Roma, in replica alla posizione assunta, doverosamente, da questo Ordine sulla decisione di avviare dal 23 marzo scorso un ambulatorio infermieristico “See&Treat” nella sede del Presidio Sanitario Santa Caterina della Rosa, il primo di questo tipo per la Regione Lazio. Decisione che come rappresentante degli oltre 40mila medici della Capitale e della sua provincia ho ufficialmente definito, e confermo, inappropriata, poiché assunta senza una valutazione reale e condivisa con la componente medica dei possibili rischi e controindicazioni che un tale servizio potrebbe comportare, involontariamente, per i pazienti che intendono usufruirne.
 
Ciò premesso, devo far cortesemente notare alla presidente Pulimeno che è alquanto riduttivo e demagogico liquidare la posizione espressa dall’Ordine dei medici di Roma come “decisamente antistorica”. Al contempo, trovo assai fuorviante che le serie preoccupazioni che ho delineato siano fatte originare dal semplice timore di “perdere importanza rispetto alla figura infermieristica” e dalla necessità di “difendere ad ogni costo certe rendite di posizione”.
 
E’ opportuno, infatti, ricordare che l’Ordine è un organo ausiliario dello Stato posto a tutela del cittadino e, nel caso specifico della nostra professione e missione, del paziente e della sua salute. La difesa della categoria, senza ombra di dubbio doverosa, viaggia sempre e comunque su un binario parallelo a questo compito istituzionale.
 
Le preoccupazioni espresse in questo caso, quindi, non sono per il ruolo centrale del medico, messo sempre più in discussione, né certo per antagonismo verso quello, fondamentale, dell’infermiere. Bensì per un’iniziativa capace di attrarre pazienti in una struttura e in un contesto operativo senza i requisiti necessari a prendere in carico quelle presunte “urgenze minori” che all'atto pratico non dovessero rivelarsi tali, sia sul momento della valutazione sia – peggio – dopo l’avvenuta dimissione. Non a caso nelle regioni e nei paesi che lo hanno attivato prima del Lazio il See&Treat nasce all'interno dei Pronto Soccorso, strutture idonee alle urgenze di qualsivoglia natura.
 
Così, invece, si rischia di far perdere tempo prezioso a chi avendo, inconsapevolmente, patologie più serie si rivolge in prima istanza a un servizio non in grado di trattarle e, forse, anche di non riconoscerle! Con la conseguenza di ritardare i tempi di diagnosi e di un trattamento appropriato. Basti pensare che in caso di necessità, cioè di rindirizzare il paziente a un livello superiore di assistenza, il Presidio Sanitario in questione – situato a Largo Preneste - dista dal suo ospedale di riferimento – il S. Eugenio all’Eur – parecchi chilometri.
Pertanto, ribadisco che si propone come un’azzardata e impropria fuga in avanti sul tema delle cosiddette urgenze minori.
 
D’altra parte, è proprio il D.G. della RmC a sottolineare la necessità che nel See&Treat l’infermiere deve operare “nei limiti delle sue competenze e in costante collegamento con il medico d’urgenza di riferimento, e per poter riferire allo specialista o a un diverso livello di assistenza i casi che non è in condizione di gestire”. Mi chiedo, quindi, come sia possibile tale costante collegamento laddove, in strutture come quella in discussione, questa figura medica non è prevista o non è sempre presente.
 
Inoltre, uguali perplessità sorgono per quanto concerne la validazione ex post da parte del medico “dell’appropriatezza e della coerenza del trattamento attuato dall’infermiere”, controfirmando e certificando l’intero percorso di presa in carico e dimissione (così come previsto dalla delibera attuativa) e, di conseguenza, assumendo su di sé la responsabilità dello stesso trattamento. Ma con questa disposizione il Direttore Saitto chiede al medico di fare qualcosa che assolutamente non può e non deve fare: certificare a distanza e senza aver prima visitato lui stesso il paziente. Una procedura del tutto inammissibile, come anche recenti fatti cronaca hanno evidenziato.
 
Devo poi qui precisare che quando il collega Saitto afferma di aver illustrato durante l’incontro che abbiamo avuto - presente anche il direttore sanitario della RMC - “il quadro di sicurezza per gli utenti scaturito dai numerosi anni di attività di questo tipo di ambulatori” in realtà egli ha esposto le sue personali valutazioni e convinzioni sull’efficacia e la mancanza di rischi di tale servizio, ma senza portare a supporto elementi e dati concreti comprovanti tutto ciò. Senza contare poi che l'attività ambulatoriale in questione e portata a riferimento è ancora di tipo sperimentale laddove essa è stata implementata. Un'illustrazione, pertanto, non sufficiente a dissipare le perplessità e le preoccupazioni espresse da questo Ordine.
 
Alla luce di quanto qui brevemente richiamato, come medici riteniamo indispensabile che tale tematica debba essere ulteriormente approfondita e valutata nei suoi reali rischi e benefici per il paziente, unitamente alle ricadute economiche che un servizio aggiuntivo come quello del See&Treat può avere sul sistema sanitario regionale del Lazio.
 
In tale prospettiva credo che l'Ordine di Roma abbia assolto al suo dovere di sollevare la questione, aprendo un dibattito tra i vari attori professionali e istituzionali, sia pure con alcune voci connotate da sfumature polemiche e non pertinenti al primario obiettivo da perseguire: la tutela della salute del paziente. Ed è sempre in questa prospettiva che il sottoscritto è pronto a qualsivoglia confronto pubblico con tutte le parti interessate e chiamate in causa, volto a far conoscere compiutamente alla cittadinanza il punto di vista dei medici circa la necessità, la sicurezza, l'efficacia sanitaria e la convenienza economica di questo nuovo servizio ambulatoriale.
 
Roberto Lala
Presidente Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Roma

10 aprile 2015
© Riproduzione riservata

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