Toscana. Rossi e Marroni ce l’hanno fatta. La riforma della sanità regionale è legge. Accorpate le Asl: dal 1° gennaio 2016 scendono da 12 a 3
La riorganizzazione prevede tre aziende, una per ciascuna area vasta (Centro, Nord Ovest e Sud Est.) che diventa sede di attuazione della programmazione strategica regionale. La zona-distretto viene confermata come ambito territoriale ottimale di valutazione dei bisogni sanitari e sociali delle comunità. Dal 1° luglio le Asl saranno commissariate. TESTO APPROVATO IN COMMISSIONE - IL DIBATTITO IN AULA
11 MAR - Semaforo verde da parte del Consiglio regionale toscano che approva con 28 voti favorevoli, 16 contrari e 1 astenuto la riforma del sistema sanitario. Rispetto al testo approvato dalla commissione sanità sono stati accolti alcuni emendamenti tra cui quello all’articolo 5 sull’istituzione del dipartimento dei servizi sociali, per dare più forza alle integrazioni socio-sanitarie. Ma in sostanza è stata conferma l’impalcatura della Proposta di legge 396 ‘Disposizioni urgenti per il riordino dell’assetto istituzionale e organizzativo del Servizio sanitario regionale’ della Giunta regionale, poi oggetto di una serie di consultazioni in commissione Sanità e Politiche sociali (
vedi testo) che hanno portato a raccogliere oltre settantacinque osservazioni.
Cardine della riforma è l’accorpamento delle attuali dodici aziende di unità sanitarie locali in tre aziende Usl, una per ciascuna area vasta: azienda Usl Toscana Centro, azienda Usl Toscana Nord Ovest, azienda Usl Toscana Sud Est. La revisione dell’assetto istituzionale e organizzativo prevede quindi un rafforzamento del ruolo dell’area vasta, intesa come sede di attuazione della programmazione strategica regionale. Si tratta comunque del primo passo di un iter più ampio, che dovrà definirsi entro il prossimo 30 settembre con la presentazione di una proposta di legge ad hoc da parte della Giunta.
Una volta a regime il nuovo assetto prevedrà un direttore per area vasta, un comitato operativo (composto dai direttori generali delle aziende sanitarie e dal direttore generale dell'Estar) e la conferma del ruolo del dipartimento interaziendale, quale strumento organizzativo delle aziende di unità sanitarie locali, dotato di un’assemblea e di un coordinatore.
La zona-distretto viene confermata come ambito territoriale ottimale di valutazione dei bisogni sanitari e sociali delle comunità, nonché di organizzazione ed erogazione dei servizi inerenti le reti territoriali sanitarie, socio-sanitarie e sociali integrate. Dal 1° gennaio 2016 nasceranno quindi tre aziende Usl, una per ciascuna delle aree vasta, dotate di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia imprenditoriale.
Dal 1° luglio le Asl saranno commissariate. La riforma fissa anche le norme transitorie necessarie a garantire il passaggio dalle attuali dodici aziende di unità sanitarie locali a tre aziende Usl, concentrandosi in particolare sulle funzioni del commissario di area vasta (nominato con decreto del Presidente della Giunta regionale, sentita la conferenza dei sindaci di area vasta e sentito il Rettore dell’Università che insiste nella stessa area), del vicecommissario e sull’istituzione dei dipartimenti interaziendali con conseguente nomina dei coordinatori.
"Riorganizzare profondamente è il solo modo per salvaguardare il servizio sanitario pubblico. Per la Toscana è una bella sfida, ma sono sicuro che la vinceremo". Il presidente
Enrico Rossi commenta così il voto del Consiglio Regionale e spiega che "coniugare qualità e taglio della spesa è un'impresa difficile, ma finora ci siamo sempre riusciti, riducendo i costi e addirittura migliorando la qualità dei nostri servizi sanitari. Ci riusciremo ancora. E i toscani potranno continuare a guardare con fiducia al loro sistema sanitario".
Nel corso del dibattito precedente alla votazione
Marco Remaschi (Pd), presidente della Commissione sanità, ha sottolineato che “è nell’area vasta che trova risposta il 95% dei bisogni di cura dei nostri cittadini. Dobbiamo attuare una programmazione seria e un’interconnessione più forte tra rete ospedaliera e territorio”. Assai critico l’intervento di
Stefano Maugnai (FI), vicepresidente della Commissione.
“Cambiamo solo le targhette, non più direttori generali ma vicecommissari di area vasta, per non parlare delle nuove figure e poltrone per la programmazione o delle Società della salute che ritrovano piena cittadinanza. La verità – ha aggiunto - è che non si vuole mutare la natura profonda del sistema, ovvero non si vuol liberare la sanità dai lacci della politica, oggi è cambiato il clima, ma non la logica di asservimento alla politica, senza contare che nei dettagli della riforma andremo dopo le elezioni, il bello arriverà dopo – ha concluso – ed i cittadini toccheranno con mano ciò che non funziona”.
Per
Giuseppe Del Carlo (Udc) la riforma “doveva essere fatta prima. Siamo di fronte ad una legge-quadro e visti i tempi ristretti non siamo in grado di dare il via ad una riforma compiuta – ha continuato – l’atto è incompleto, ad esempio non precisa gli interlocutori a livello di conferenze dei sindaci, aziendali e zonali, rimanda ad un nuovo provvedimento in tema di organismi doppioni e di alleggerimento burocratico, resta una situazione incerta”.
Nella replica finale
l’assessore al Diritto alla salute, Luigi Marroni, ha precisato che non si può attuare una riforma solo con una legge. “In questi casi – ha spiegato – c’è sempre un atto iniziale, a cui segue una fase di studio e analisi, prima di arrivare alla fase conclusiva”. Marroni ha sottolineato inoltre che i risparmi ci sono “e fin qui siamo sempre riusciti a risparmiare migliorando il servizio”. Infine l’assessore ha ricordato che “noi facciamo tutto questo non in un’ottica di privatizzazione, ma esattamente per il contrario”.
11 marzo 2015
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