Esclusiva. Intervista a Gianni Giorgi ex sub commissario del Lazio: “Sanità regionale in pre-default”
di Ester Maragò
Alla vigilia della sua sostituzione con Renato Botti, uno dei due ex sub commissari lascia in eredità una dettagliatissima relazione sui guasti di una gestione sanitaria che ha portato la sanità laziale sull’orlo del fallimento. “Per venirne fuori, bisogna rompere il circolo vizioso tra politica e amministrazione. Il commissario non può essere il presidente”. IL RAPPORTO
23 GEN - “Non ho sbattuto la porta, ma semplicemente mi sono chiesto cosa avrei potuto fare per dare alla sanità del Lazio, e soprattutto ai cittadini, il migliore contributo possibile per migliorare la situazione. E la risposta è stata solo una: dire la verità”.
Gianni Giorgi ex sub commissario per il piano di rientro del Lazio, esce per la prima volta allo scoperto con questa intervista a
Quotidiano sanità, per spiegare alcuni passaggi del suo “Rapporto di gestione” sul piano di rientro e sulla gestione commissariale 2012-2013, di cui si conoscevano solo alcune anticipazioni, e ora pubblicato dalla stampa. Un rapporto dettagliatissimo che non fa sconti a nessuno, e parla chiaro. Spesso senza mezzi termini.
Se si vuole, veramente, sostenere il Ssn e i relativi Servizi sanitari regionali, per Giorgi, ci sono dei passaggi che devono essere attuati. E senza tergiversare. Uno su tutti: la politica deve uscire fuori dalla gestione della sanità. Soprattutto, la gestione della sanità deve rispondere dei risultati. Così come serve un ammodernamento tecnologico e professionale dei servizi che può benissimo essere supportato da adeguati investimenti da finanziare con i risparmi ottenuti e/o ottenibili.
Scenari che purtroppo nel Lazio non si sono realizzati. E che, come sottolinea Giorgi, neanche il “Tavolo Massicci”, nonostante i “grandi meriti” (ha agito con trasparenza, tamponato gli sprechi di denaro pubblico e riportato sotto controllo le realtà territoriali più critiche) è riuscito ad affrontare in maniera risolutiva.
E così la sanità della regione Lazio “ricca di professionalità e di intelligenze, di intraprendenti operatori privati” nel 2012 è costata 10,9 miliardi di euro, ossia 1.978 euro procapite, di cui 109,67 euro da rapportarsi al disavanzo regionale di 612 milioni. A tutto discapito dei cittadini del Lazio: non solo, l’83,5% ha pagato di tasca propria spese per prestazioni specialistiche ambulatoriali, ma ha avuto come contropartita, tempi di attesa eccessivi, degenza media pre-operatoria superiore alla media nazionale e esiti ospedalieri con forti criticità.
Come se non bastasse la Regione ha utilizzato circa 4,3 miliardi di fondi sanitari (spettanze regionali) per pagare debiti maturati in altri settori dell’amministrazione regionale; e sono ben 327 i giorni di ritardo del pagamento segnalati dai fornitori di elettromedicali.
E le previsioni per il futuro, nel caso ci fosse un’ulteriore stretta economica, sono devastanti: la Regione Lazio potrebbe essere una delle prime regioni a non riuscire a pagare gli stipendi.
Dottor Giorgi, il Rapporto che lei ha consegnato è decisamente impietoso. Non ha risparmiato nulla e nessuno. Neanche il “Tavolo Massicci”…
Il Tavolo ha consentito di portare alla luce gravi situazioni di servizio e di indebitamento che altrimenti sarebbero rimaste “invisibili”. Però ha peccato di scarsa propositività strategica, in quanto ha prolungato sine die uno stato di “mezzadria” che ha evidenziato un modo non rispettoso delle autonomie e quindi delle responsabilità.
Mi spieghi meglio
Il problema è che, o le Regioni funzionano attenendosi alle regole, o se non funzionano devono essere sottoposte a un commissariamento che deve essere netto, chiaro e breve. Invece, è stato solo invasivo. Non c’è stata una vera responsabilizzazione del Commissario di turno rispetto al principale risultato atteso, ossia il rientro strutturale e non solo finanziario. A conti fatti, il tavolo e il commissariamento non hanno inciso, come avrebbero dovuto sull’organizzazione del Servizio sanitario regionale. Non c’è stata una programmazione e una ristrutturazione degli assetti aziendali con riferimento alla domanda e all’offerta dei servizi.
Insomma, la Regione è sull’orlo del baratro, o c’è ancora spazio di manovra per risollevare la situazione?
Il Lazio è chiaramente in una situazione di pre-default. E parlo a ragion veduta, come team leader dell’Oscar di Bilancio ho avuto la possibilità di vedere i conti di tutte le Regioni, e da una comparazione accurata è emerso che il bilancio del Lazio è sicuramente quello con le condizioni più disastrose. Va anche detto che questa situazione è strettamente correlata a un quadro di sofferenza complessivo del Paese. Per cui, nel caso non si realizzasse una ripresa globale, è scontato che alcune realtà verranno colpite per prime. E il Lazio è il più esposto.
E allora, qual è la soluzione?
Per venirne fuori serve la fine del circolo vizioso tra politica e amministrazione. Dobbiamo far capire alla politica che deve occuparsi di fissare e verificare il raggiungimento di obiettivi e non di “gestione”. Bisogna iniziare a lavorare seriamente sui distretti sanitari, soprattutto su quelli delle grandi aree metropolitane, a partire da quello di Roma. Questo è l’unico modo per risolvere i problemi del territorio. Serve poi un ragionamento forte di programmazione degli ospedali su modello delle filiere assistenziali così come programmate a Parigi e strutturate in funzione delle cure per le grandi patologie croniche .
Rimane il fatto che a pagare sono in primis i cittadini sempre più vessati da una fortissima tassazione. Un aspetto sul quale lei si è soffermato...
Nel Lazio, ma anche nelle altre Regioni in piano di rientro è stata messa in atto una tassazione senza rappresentanza. Il principio applicato nei Paesi anglosassoni “no taxation whitout rappresentation” da noi è saltato. Applichiamo un meccanismo inaccettabile che solleva dubbi di costituzionalità: se c’è un debito nella gestione del servizio sanitario 2014, questo determinerà a caduta un aumento delle tassazioni nell’anno successivo. È sbagliato. Così com’è inaccettabile che un Presidente di una Regione sia il commissario della stessa. Questo grida vendetta.
Ester Maragò
23 gennaio 2014
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