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Se i sindacati non ascoltano più il loro mondo

di Ornella Mancin

03 FEB - Gentile Direttore,
in questi giorni sono stati pubblicate dalla Sisac le ultime rilevazioni sulle deleghe sindacali per il comparto della medicina convenzionata. I dati al 1 gennaio 2020  riferiti  all’anno 2019 danno un totale di 54.161 deleghe  tra  medicina generale, pediatri di libera scelta,  specialisti ambulatoriali interni registrando  un calo di 2.038 unità rispetto all’anno precedente. Il calo è da alcuni anni costante e significativo; se si prende per esempio il 2014  le deleghe erano  60.485  con un calo ad oggi  di 6324 unità.
 
Ma prendiamo in esame  in particolare la Medicina di famiglia: attualmente conta 36.262 deleghe con un calo rispetto all’anno prima di 1.430. Se andiamo indietro negli anni per esempio alle rilevazioni del gennaio 2011 (all’incirca dieci anni fa)  le deleghe totali in capo alla medicina di famiglia erano 41.495  con una perdita ad oggi  di più di 5000 unità.
 
Questa perdita è stata sì progressiva ma nei primi anni  piuttosto contenuta; è dai dati del 2016 che la perdita di deleghe in capo alla medicina di famiglia  si fa rilevante e progressiva (Vedi Tabella:  dalle -491 del 2016, -871 2017, -690 2018, -728 2019, 1430 2020) raggiungendo il massimo in questo ultimo anno ed è presumibile che sia destinata ad aumentare.
 
 La Fimmg rimane il sindacato più rappresentativo con una percentuale che rimane invariata nel tempo e ancora molto alta (attorno al 64%) ma in termini assoluti subisce una perdita in dieci anni di quasi 3500 deleghe (da 26.583 del 2011 a 23.137 del 2020).
 
Lo Snami passa da 7.168 deleghe del 2011 (17.27%) alle 6.897 del 2020 con una perdita molto contenuta (271 unità) e un aumento di rappresentatività che sale al 19%.
 
Per lo Smi il discorso è complicato dalla scissione avvenuta al suo interno che lo ha portato a una perdita di quasi il 40% dei suoi iscritti e una rappresentatività che in 10 anni è passata dal 12 a poco più del 7%.
 
Se rapportiamo poi il numero di deleghe con il numero di medici di famiglia attualmente operanti  vediamo che a fronte di 43.927 medici di famiglia (dati aggiornati a dicembre 2020 (secondo Atlante sanità il database della sanità in Italia)  ben 7.665 non sono iscritti ad alcun sindacato (un numero sufficiente per fare un sindacato dell’ordine dello Snami).
 
Questi dati ci portano a concludere che  c’è una fascia significativa di medici di medicina generale che non si sono mai iscritti ad un sindacato o che lasciando  il sindacato di appartenenza,  non approda  in altri sindacati.
 
Eppure  il popolo della medicina di famiglia, e non solo ,è molto attivo. In questi ultimi anni  sempre più medici  costruiscono gruppi  reali o virtuali; pullulano soprattutto   mail list, gruppi whatshapp o facebook  per condividere problemi del lavoro  quotidiano che vanno  dal  caso clinico, alle note da applicare, i piani terapeutici,  i software da usare,  le modalità di approccio con i pazienti  fino allo ricerca di studi medici per l’attività o di un sostituto per le vacanze e financo alla interpretazione delle sempre maggiori comunicazioni o delibere regionali che piombano quasi quotidianamente  nelle nostre caselle di posta  senza altra spiegazione che la necessità di essere prontamente eseguite. Alcuni gruppi fanno anche vere e proprie proposte migliorative della professione con sottoscrizioni, votazioni e raccolte firme.
 
Insomma ci si arrangia alla meglio e spesso con soddisfazione  senza ricorrere ai sindacati tradizionali che sembrano   non  cogliere i bisogni primari dei loro iscritti.
 
Impegnati a “progettare” il futuro della professione  i sindacati mostrano spesso di non conoscere le difficoltà, le fatiche e le criticità di una professione che negli ultimi 10-15  anni è stata radicalmente trasformata  senza che poco o nulla si sia fatto per accompagnarla in questo cambiamento.
 
La distanza tra la governance  sindacale  e la base si è acuita in questo anno di pandemia quando su una medicina di famiglia già fortemente provata si è caricato una serie di altre incombenze in nome della crisi pandemica.
L’impressione è di un disamoramento  generale nei confronti del sindacato a cui spesso si resta iscritti per la fornitura di alcuni servizi (trasporto rifiuti, agevolazioni polizza responsabilità civile etc.) più che perché convinti che tuteli davvero  la professione.
 
Così abbiamo una parte consistente di medici che non hanno alcuna possibilità di sedere ai tavoli dove si decidono le cose o, pur essendo rappresentati , non condividono le scelte, e dei rappresentanti che sembrano non tenere conto dei bisogni reali di chi rappresentano.
 
Del resto i sindacati  tradizionali non sembrano avvertire il bisogno di cambiare rotta, cosa che potrebbe avvenire solo con una perdita consistente di deleghe.
 
Per la maggior parte in realtà i medici, un po' per consuetudine, un po' per pigrizia  o inerzia, rimangono iscritti al sindacato di inizio  professione e delegano ad esso le “beghe” politiche mentre  tendono a risolvere le loro  problematiche  lavorative (cliniche, burocratiche, formative, etiche) tra loro, in  gruppi sempre più specifici e numerosi. Una comunità molto attiva che anima un sotterraneo che nessuno sembra aver voglia e interesse a far emergere ma che a mio avviso non andrebbe affatto sottovalutata.
 
Un maggior ascolto di queste “comunità” di medici da parte dei sindacati fornirebbe la chiave di ingresso al mondo “reale” spesso dimenticato  e permetterebbe a molti   colleghi di fidelizzarsi di più con il mondo sindacale recuperando fiducia in chi li governa.
 

Anno di rilevazione Sisac

Totale deleghe

Differenza annuale

Gennaio 2011

41.495

 

Gennaio 2012

41.280

-215

Gennaio 2013

40.738

-542

Gennaio 2014

40.523

-215

Gennaio 2015

40.472

-51

Gennaio 2016

39.981

-491

Gennaio 2017

39.110

-871

Gennaio 2018

38.420

-690

Gennaio 2019

37.692

-728

Gennaio 2020

36.262

-1430

Ornella Mancin
Medico di medicina generale

03 febbraio 2021
© Riproduzione riservata

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