Siamo uno strano Paese
di Biagio Papotto
25 NOV -
Gentile direttore,
anche nell’ospedale dove presto servizio, naturalmente, è stato fatto spazio per un reparto COVID. Non è lo spazio il primo problema. Non manca, o almeno non manca come invece mancano i medici, il personale, le attrezzature. In questi ultimi giorni, però, le ore sembrano elastiche. A volte pare non trascorrano, a volte la concitazione è tale che si arriva a fine turno senza accorgersi del tempo. E il motivo è sempre la gestione dell’emergenza Covid. Poi arrivi a casa, guardi la tv e…non ci credi.
Siamo uno strano Paese. O almeno c’è qualcosa che non riesco a spiegarmi. I dati di questa sera riportano 853 decessi. 853 famiglie che piangono una persona cara. E questo è già un dramma.
Le vittime in Italia, da febbraio, sono già 51.000. Incuriosito, sono andato a verificare in rete i numeri della seconda guerra mondiale, un periodo che fortunatamente non ho vissuto. E ho scoperto che la media dei morti è più o meno la stessa. L’Italia, nel periodo dello sciagurato scontro bellico dal giugno 1940 all’8 settembre del ’43, ha perso infatti circa 230.000 cittadini, tra fronti di guerra e bombardamenti.
Ma non posso fare a meno di interrogarmi, secondo il parallelismo che ho idealmente tracciato: ci sarà stato qualcuno (qualcuno sano di mente, intendo…), negli anni di guerra, che avrà cercato di negarla? C’erano i “negazionisti”, in quegli anni? Abbiamo studiato che c’erano i fascisti, si, chi voleva intervenire, chi non avrebbe mai voluto e chi ha pagato con la propria vita l’opposizione al regime, ma nessuno si sarebbe mai sognato di negare la guerra.
E anche se a quei tempi ci saranno stati certamente politici che cercavano di “cavalcare la tigre”, dubito che ve ne fossero talmente ipocriti da patrocinare questa o quella attività commerciale o imprenditoriale per cercare facili consensi da spendere “dopo la guerra”.
Di una cosa sono pressoché certo: a nessuno sarebbe mai venuto in mente di porre una questione “vacanze sulla neve”, oppure un movimento “cenone di Natale”. A nessuno poteva venire in mente la folle dicotomia di chiedere soldi per i titolari delle attività commerciali ed artigiane, per i professionisti e gli imprenditori, ma un contemporaneo taglio delle tasse. O forse siamo noi che non abbiamo ancora capito che lo stato, in realtà, è un bizzarro vecchietto che può stampar soldi quando vuole.
Ma questo, per l’appunto, è uno strano Paese. Si, perché siamo in guerra e la neghiamo, e vediamo centinaia di morti ogni giorno ma pensiamo alla neve, progettiamo cenoni e feste, e vogliamo libertà di muoverci, ma senza avere la minima certezza che noi e i nostri cari arriveremo al Natale.
Una tragedia nella tragedia, per quel che mi riguarda, è la perdita di centinaia di colleghi, iscritti, amici.
Anche per rispetto a loro, e alcuni li ho conosciuti personalmente, domani tornerò in corsia a fare il mio silenzioso lavoro. Anche perché muore un medico al giorno, ormai, e ieri, rara avis, ho sentito un politico (il nostro ministro della salute) dire che “si possono comprare respiratori, vaccini, attrezzature…ma i medici non si possono comprare, e abbiamo sbagliato per troppi anni a ridurne il numero, abbiamo sbagliato a tagliare le borse di specializzazione, abbiamo sbagliato a trascurare esizialmente il SSN”.
Speriamo che si possa partire da qui, per costruire un Paese meno strano. Più giusto e attento verso i propri cittadini. Una nazione che impari dalle proprie sconfitte e si attrezzi perché non ci siano più guerre. Di alcun tipo.
Biagio Papotto
Segretario Cisl Medici
25 novembre 2020
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