Potenziamento terapie intensive, sì ma con giudizio
di Claudio Maffei
15 MAG -
Gentile Direttore,
il
Decreto Rilancio in corso di approvazione (come confermato anche nelle
slide di commento agli investimenti negli ultimi decreti Covid) prevede tra le sue misure più significative per la sanità il potenziamento strutturale delle aree critiche degli ospedali. Nella ultima versione si prevede che le regioni e le province autonome predispongano un apposito piano di riorganizzazione tale da garantire in modo strutturale l’incremento di attività in Terapia Intensiva e in aree di assistenza ad alta intensità di cure in caso di aumento significativo della domanda di assistenza in relazione all’andamento epidemiologico della eventuale (ri)emergenza.
Tali indicazioni si traducono in un aumento strutturale sul territorio nazionale di circa 3.500 posti letto di terapia intensiva pari a una dotazione finale di 0,14 posti letto per mille abitanti e in una riqualificazione di 4.225 posti letto di area semi-intensiva, con relativa dotazione impiantistica mediante adeguamento e ristrutturazione di unità di area medica.
Piccoli aggiustamenti a parte questa indicazione sull’ incremento delle aree dedicate all’assistenza intensiva e semi-intensiva suscita forti perplessità per la sua entità. Se fosse un incremento “netto” e cioè da aggiungere in modo immediatamente operativo alla attuale offerta ci si troverebbe di fronte ad un fabbisogno incrementale solo per quanto riguarda i posti letto di terapia intensiva e solo per quanto riguarda gli infermieri a tre infermieri in più per ogni posto letto intensivo in più e quindi a più di 10.000 infermieri (ho usato per la stima
questa fonte).
In una prima versione di questa lettera avevo scritto: “Non mi sono noti i criteri che hanno portato a stimare questi incrementi, ma l’impressione è che nel calcolo abbia pesato moltissimo la drammatica esperienza delle prime settimane della epidemia nelle Regioni più colpite. Ma il Decreto in modo che a me sembra rischi di essere troppo automatico trasferisce questa previsione a tutto il paese in evidente contrasto con la enorme variabilità dell’andamento della epidemia nelle diverse Regioni e con l’andamento nel tempo dei ricoveri in terapia intensiva (crollati mano a mano che il sistema “si faceva la mano”)”.
Poi stamattina ho trovato in un ottimo contributo di
Maria Luisa Bianco questo commento sulla origine di questa previsione così “forzata” originata – così autorevolmente si afferma - da un Report della Fondazione Kessler: “ A parer mio, sembra problematico anche il metodo usato per il calcolo delle probabilità di ricovero in terapia intensiva in caso di contagio. Nel report, a pag. 2, si legge che tale probabilità “è stata calcolata come il rapporto fra il numero di morti e terapie intensive
in Lombardia in una determinata fascia di età e le infezioni per quella stessa fascia di età, stimate
in Lombardia usando un tasso di letalità per infezione (IFR) di 0,657%”, sulla base dei dati della Protezione Civile
aggiornati al 31 marzo 2020 (corsivo mio)
”. Dunque, per stimare la necessità di posti in terapia intensiva nei diversi
scenari nazionali possibili della Fase 2
dopo il 4 maggio, nel rapporto Kessler si usano
dati relativi alla Lombardia, epicentro dell’epidemia,
rilevati al 31 marzo. Con scelta a dir poco strabiliante, si assume, quindi, che la situazione di tutte le regioni italiane, a epidemia molto rallentata a inizio maggio, sia uguale a quella drammatica di Brescia o Bergamo nei momenti di massima espansione del contagio, a fine marzo. Da tali assunti non poteva che discendere una sovrastima di proporzioni enormi.”
Dato che questa enorme sovrastima potrebbe portare a enormi investimenti non giustificati da previsioni affidabili (le mega-terapie in Fiera hanno fornito illuminanti esempi al riguardo) sembra raccomandabile un approccio “ragionevole e progressivo” al ridisegno della rete delle terapie intensive e semi-intensive.
Ad esempio:
- il ridisegno dovrebbe in ciascuna realtà tenere conto dell’impatto atteso delle misure di prevenzione e di potenziamento della offerta di servizi a livello territoriale sia per quanto riguarda la prevenzione dei contagi che per quanto riguarda la presa in carico tempestiva e domiciliare dei casi sospetti;
- il potenziamento delle aree critiche degli ospedali dovrebbe avvenire attraverso una rete fissa come collocazione e mobile come operatività e quindi attraverso soluzioni strutturali e organizzative in grado di adattarsi alla evoluzione del quadro epidemiologico.
Claudio Maffei
Coordinatore scientifico di Chronic-on
15 maggio 2020
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