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La Fase 2 si vince con una forte medicina generale

di Antonio Panti

16 APR - Gentile Direttore,
ogni giorno appaiono proposte su come affrontare il dopo covid 19 e tutte mettono in risalto il ruolo della medicina generale e l'importanza dell'assistenza territoriale per evitare l'affollamento delle terapie intensive e un ulteriore lockdown a causa di un inopinato riaccendersi di focolai epidemici. In questa prospettiva quali sono i problemi della medicina generale e quali le possibili soluzioni?
 
Il primo e fondamentale problema è la garanzia delle protezioni. Si pone una questione etica: la professione di medico implica il rischio di contrarre malattie e di affrontare situazioni pericolose oltre che sgradevoli. Ma questa dedizione, anzi obbligo deontologico di prestare la propria opera in caso di qualsivoglia calamità, quale limite trova nelle carenze dell'amministrazione che è responsabile della salute dei medici come di qualsiasi altro lavoratore?
 
La differenza tra un professionista e Santa Teresa di Calcutta consiste anche nel fatto che il medico malato può far ammalare altre perone. E' evidente il divario tra il rischio inserito nel patto sociale, il medico non si assenta durante un'epidemia, e il contratto di lavoro e i compiti assegnati che richiedono invece assenza di contagiosità.
 
E' urgente una decisione: il medico generale deve riprendere i contatti fisici con i suoi pazienti: con quali protezioni standard? Se ha in cura un paziente covid positivo dovrà essere protetto, ma se questi non è isolato come proteggersi nei confronti dei conviventi?
Tutto ciò si lega a un'altra questione deontologica: la medicina virtuale. La pandemia ha segnato la definitiva affermazione degli strumenti informatici e la visita virtuale è stata officiata in tutti gli atti di governo, dimenticando che fino a un giorno prima ci si stracciava le vesti sul medico moderno che non visita i pazienti. Indubbiamente il Governo ha dato l'impressione che i medici generali dovessero chiudersi nei loro ambulatori e "visitare" per telefono. I teleconsulti sono sempre esistiti ma è professionalmente indispensabile che il medico veda, ascolti, tocchi e annusi il paziente. Non è un problema da poco.
 
Nello stesso tempo il medico può profittare di questa occasione per ritrovare il tempo per la relazione. La questione è deontologica e si fonda sulla completa dematerializzazione della burocrazia, sul telemonitoraggio e sulla eventuale visita virtuale, sulla gestione informatizzata dei dati. Un tema scivoloso sul piano etico ma inevitabile.
 
La deontologia moderna non deve stigmatizzare tutto ciò che è virtuale ma cogliere questa inaspettata necessità per porre l'informatica al servizio del tempo di cura. E' un'altra occasione che la pandemia ci fornisce: inserire a pieno titolo i vantaggi indubitabili dell'informatica nella medicina generale che rappresenta il settore più delicato ed esposto alle critiche nel rapporto con i pazienti.
 
Un'altra questione deontologica riguarda la responsabilità della cura. Se dovremo abituarci a inviare squadre attrezzate a domicilio del paziente covid o sospetto tale e queste potrebbero non ricomprendere il curante che anzi le avrebbe semplicemente attivate, appare si chiaro che la responsabilità dei singoli atti medici spetta a chi li agisce, cioè ai componenti delle USCA, ma quanto ciò interferisce col rapporto di fiducia?
 
Il problema della responsabilità investe anche la potestà certificativa del curante che ha subito una diminutio nella sequenza degli attestati richiesti in corso di pandemia: perché il medico di famiglia non può decidere e certificare la quarantena?
 
La fase 2 si vince con una forte medicina generale, tutti lo confermano. La questione più rilevante è riprendere in carico le cronicità onde non uscire dalla pandemia con un abbassamento dello stato di salute della popolazione. Occorre senza indugio mettersi al lavoro perché i problemi, lo abbiamo detto, sono tanti e difficili. In una sintesi conclusiva ne elenco quattro: la scelta delle protezioni idonee caso per caso; la localizzazione dei cluster epidemici; l'organizzazione in gruppo dei medici e dei team territoriali (le AFT) comprendendovi le USCA quale funzione della medicina generale; infine la delimitazione dell'uso della telemedicina nel territorio.
Proposte urgenti di cui deve esser tenuto presente il forte risvolto deontologico.
 
Antonio Panti   

16 aprile 2020
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