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Aggressioni agli operatori sanitari. Agire adesso

di Tommaso Bellandi

18 OTT - Gentile Direttore,
interventi di miglioramento organizzativo, di ridisegno del layout di ambienti e postazioni di lavoro, insieme alla formazione del personale a più livelli sulla base dell’esposizione al rischio possono ridurre in modo significativo la frequenza e la gravità delle aggressioni fisiche e verbali. Questo in sintesi il messaggio del seminario organizzato dalla Società Italiana di Ergonomia e fattori umani in collaborazione con la Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione (CIIP), in occasione del convegno Ambiente e Lavoro, tenutosi a Bologna il 16 e 17 ottobre.

Dopo anni di sottovalutazione del problema, malgrado la lungimirante Raccomandazione prodotta dal Ministero della Salute nel 2008, finalmente sta crescendo la consapevolezza in merito al rischio di aggressioni a danno dei lavoratori della sanità.

La Sie ha promosso il seminario con l’obiettivo di mettere in luce le iniziative realizzate ad oggi e le prospettive di intervento. Innanzitutto il rischio di aggressioni va misurato in modo coerente in tutto il Ssn ed inserito a pieno titolo nell’esposizione professionale degli operatori sanitari, sia come rischio di danni fisici che psichici, oggetto di un capitolo di valutazione-prevenzione nel DVR documento di valutazione dei rischi di ogni azienda sanitaria. A questo proposito, Luca Pietrantoni, professore di psicologia del lavoro e delle organizzazioni dell’Università di Bologna, ha illustrato gli indirizzi già esistenti a livello internazionale, come la checklist proposta nella linea guida del 2016 dell’Occupational Safety and Health Administration (Osha) per la valutazione dell’esposizione al rischio sulla base del profilo professionale e delle attività svolte dall’operatore.

Danilo Tovoli e Mattia Rotelli, rispettivamente Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione integrato Ausl-Ior di Bologna e psicologo del SePP dell’Aou Careggi, hanno presentato i flussi informativi presisposti dalle proprie aziende a partire dal 2016 per la raccolta delle segnalazioni di aggressioni fisiche e verbali, che hanno permesso di definire i profili di rischio degli operatori, le attività a maggiore esposizione e le modalità di intervento. Interessanti, inoltre, i semplici ma efficaci interventi sul layout del pronto soccorso e sugli ambulatori: allo Ior, la profondità del desk di accettazione al PS è stata aumentata per impedire agli utenti di allungare le mani sugli operatori, mentre negli ambulatori più a rischio di Careggi la dislocazione della scrivania e delle poltrone è stata rivista per offrire una via di fuga di facile accesso in caso di aggressione.

Nicola Mucci, professore di medicina del lavoro dell’Università di Firenze ed ergonomo europeo, ha riportato le evidenze emerse in una recentissima revisione sistematica della letteratura in merito al problema delle aggressioni a danno degli operatori sanitari: gli episodi di violenza hanno un effetto negativo sull’organizzazione (turnover, assenteismo, insoddisfazione e riduzione dell’impegno lavorativo) la salute fisica e mentale degli operatori, la qualità dell’assistenza sanitaria; le aree a maggiore esposizione sono i servizi di emergenza e di salute mentale; i profili più esposti sono sia medici che infermieri con lunga esperienza professionale e turni di lavoro prolungati, con la violenza verbale che ha una prevalenza nei centri urbani, mentre la violenza fisica colpisce di più gli uomini single.
 
Le azioni raccomandate dagli autori cinesi della review pubblicata sul Journal of Occupational Environmental Medicine includono la mappatura sistematica del rischio, l’innalzamento del livello di priorità del rischio di aggressione nelle politiche di prevenzione e l’efficacia delle sanzioni, la revisione degli organici a partire dai servizi più esposti per limitare il ricorso a turni prolungati, la formazione degli operatori e la realizzazione di campagne pubbliche per rappresentare alla popolazione gli effetti negativi delle aggressioni sui servizi sanitari.

In merito alla formaziome, durante il seminario sono stati molto apprezzati gli esempi di buona pratica illustrati sia dalle aziende che dai sindacati. Cristina Florini, psicologa dell’Ausl di Modena ha descritto diffusamente l’articolazione di progetti formativi pensati per profilo di rischio degli operatori: corso base di 4 ore a carattere informativo per rischio standard, corso intermedio di 8 ore per rischio moderato con analisi e discussione di casi studio, corso avanzato di 20 ore per gli operatori più esposti, con l’aggiunta di elementi esperienziali di simulazione degli scenari di aggressione verbale e fisica. Sia le competenze comunicative di de-escalation, che le abilità comportamentali per fronteggiare l’aggressore sono oggetto di questa progettualità formativa, estesa alla preparazione dei volontari ospedalieri che possono contribuire alla prevenzione delle aggressioni offrendo ascolto a pazienti o familiari in apprensione per le attese in pronto soccorso.

Barbara Francavilla, segretaria nazionale Fp Cgil per la sanità privata, ha illustrato il vademecum tascabile per la prevenzione delle aggressioni, pensato come un promemoria utile anche per gli operatori che lavorano in solitudine, richiamando l’attenzione sulla carenza di investimenti sul personale in particolare nei servizi socio-sanitari, in cui il problema delle aggressioni è ancora poco conosciuto e studiato.
 
Francesco Monteduro, della segreteria nazionale di Fassid, ha osservato come l’inasprimento dei rapporti sociali imponga ai datori di lavoro di preparare gli operatori ai comportamenti da tenere di fronte all'aggressore, superando il tabù del fronteggiamento fisico dell’aggressione, fermo restando la necessità di intervenire soprattutto per dotare i servizi di personale adeguato ai volumi di attività. Interessante la riflessione di Vittorio Dal Mastri, esecutivo nazionale Fp Cgil medici e dirigenti Ssn: investire sulla prossimità dell'assistenza sanitaria per prevenire accessi e aspettative improprie nelle strutture sanitarie.
 
Maurizio Cappiello, segreteria nazionale di Anaao-Assomed, ha rappresentato l’impegno per completare l’iter legislativo del Disegno di Legge 867 finalizzato al riconoscimento della funzione di pubblico ufficiale per gli operatori sanitari, così come avviene per i capi treno, con la conseguente procedibilita d’ufficio della denuncia e maggiore certezza nella punibilità del reato di aggressione.
 
Infine, Alessandra De Palma, risk manager dell’Aou Sant’Orsola ha riferito del lavoro di squadra messo in campo per costruire azioni di prevenzione congiunte per la sicurezza dei lavoratori e dei pazienti, indirizzate sia ai fattori ambientali che organizzativo-comportamentali, in una logica sistemica che superi gli interventi sporadici.

Insieme alla presidente di Ciip Susanna Cantoni, che ha moderato il seminario, presenteremo al Ministro della Salute Speranza una proposta di integrazione del Piano Nazionale della Prevenzione, in fase di elaborazione, al fine di accrescere la priorità del rischio di aggressioni e di dare indirizzi alle Regioni, alle aziende sanitarie e socio-sanitarie per investire con azioni basati sulle evidenze nella tutela del valore più importante del Ssn: il fattore umano.
 
Tommaso Bellandi
Presidente Società Italiana di Ergonomia e fattori umani

18 ottobre 2019
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