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Il massofisioterapista è una professione sanitaria: lo Stato si adegui alle norme

di Cosma Francesco Paracchini (CEM)

06 DIC - Gentile direttore,
vorrei affrontare in modo appropriato alcuni temi affrontati dal Presidente dell’AIFI Tavarnelli, nella nota del  primo dicembre scorso,  sul suo quotidiano, nel merito della professione del massofisioterapista.  Al di là del titolo inadeguato ed inopportuno di quella nota, vorrei rispolverare un vecchio adagio quale premessa: la storia si ripete per chi non la conosce!
 
Nello specifico voglio affrontare la questione massofisioterapisti ciechi e vedenti che il Tavarnelli affronta in modo sibillino quanto superficiale a dimostrazione della disconoscenza palese del tema.  Stesso discorso dicasi per il Presidente dello SPIF Cartisano,  appurato il testo del 05.12.2016 pubblicato sul Suo quotidiano. La sentenza  n. 340 TAR Umbria del 2001,  passata in giudicato,  recita: “Non sembra, però, che si possa distinguere fra massofisioterapisti vedenti e non vedenti come se fossero due figure professionali diverse; un vedente adeguatamente formato può acquisire una professionalità non apprezzabilmente deteriore rispetto a quella di un non vedente. Vi sono, bensì, disposizioni speciali per i massofisioterapisti non vedenti, ma hanno solo la funzione di riservare loro determinate agevolazioni ai fini del collocamento al lavoro, specialmente nelle strutture pubbliche. Pertanto, tutto ciò che il decreto ministeriale 10 luglio 1998 dice con riferimento alla formazione ed all'esercizio professionale dei massofisioterapisti non vedenti, è per necessità logica e giuridica estensibile anche ai massofisioterapisti vedenti".
 
Detto quanto,  mi pare di aver ampiamente dimostrato quanto poco attendibili siano le tesi del Tavarnelli e del Cartisano. Un altro tema sollevato da quello sfogo del Presidente dell’AIFI:  è quello della mancanza autonomia dei massofisioterapisti. A tal proposito sollevo la stessa obiezione ma per la figura del fisioterapista.  Il DM n.741 del 1994 all’art. 1 co. 2 puntualizza che: “In riferimento alla diagnosi ed alle prescrizioni del medico, nell'ambito delle proprie competenze, il fisioterapista (…)”. A dimostrazione che il fisioterapista (professione sanitaria non medica) espleta le proprie competenze previo diagnosi e prescrizione medica proprio come il massofisioterapista nel rispetto dei DM 7.9.1976 e 105/1997.
 
Ad ulteriore conferma della mancanza di autonomia dei fisioterapisti si allegano le sentenze del Consiglio di Stato n. 1890/2013 e n. 752/2015. Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3325 del 17 giugno 2013 ha fatto emergere quanto di indegno sia stato profuso dalle Istituzioni dello Stato contro migliaia di massofisioterapisti.
 
Se da un lato quella sentenza ha fatto capire che nell’attuale situazione giuridica di “non sempre coordinati interventi normativi”  il massofisioterapista è ritenuto operatore di interesse sanitario. E altrettanto doveroso  sottolineare quanto segue richiamando la sentenza del dello stesso Consiglio del 2013: “punto 8. Non vi è dubbio che il quadro normativo in subiecta materia, oggetto nel tempo di ripetuti e non sempre coordinati interventi normativi, appaia incerto e poco chiaro.” La stessa sentenza richiama al punto 26: “L’articolo 1 della legge 403/1971 definiva “professione sanitaria ausiliaria” quella di massaggiatore-massofisioterapista. L’articolo 1, comma 1, della legge 42/1999 ha disposto che la denominazione “professione sanitaria ausiliaria”, nel T.U.L.S. di cui al r.d. 1265/1934 “nonché in ogni altra disposizione di legge”, sia sostituita dalla denominazione “professione sanitaria”. 
 
Quest’ultimo punto sconfessa palesemente la tesi del Tavarnelli, e non solo, secondo cui il massofisioterapista non sarebbe professione sanitaria.  La stessa sentenza, in estrema sintesi,  al punto 31.2  sancisce: “Il decreto non incide affatto sul contenuto delle prestazioni che i massofisioterapisti possono continuare a svolgere liberamente, nell’ambito della propria attività professionale di operatori sanitari.”
 
Del resto, se il massofisioterapista non fosse stata professione sanitaria come avrebbe potuto lo stesso Consiglio di Stato con la pronuncia n.1105 del 2015 riconoscerne l’equipollenza?  Le parole di quella sentenza, che riporto, sono eloquenti: “ Deve, in primo luogo, evidenziarsi che non ha fondamento normativo la tesi sostenuta dall’Università secondo cui l’equipollenza prevista dal d.m. 27 luglio 2000 riguarderebbe solo i diplomi di massofisioterapista conseguiti entro il17 marzo 1999, a seguito di corsi iniziati entro il dicembre 1995. Al contrario, ai sensi dell’art. 1 del d.m. 27 luglio 2000, l’equipollenza vale per tutti i titoli di massofisioterapista conseguiti in base alla legge 19 maggio 1971, n. 403, a prescindere dalla data di conseguimento o di inizio dei corsi, cui il citato decreto non attribuisce alcuna rilevanza.”
 
Un altro aspetto che opportunamente mi preme evidenziare è che la Corte Costituzionale con sentenza n. 300/2007, di 6 anni precedente la pronuncia del Consiglio di Stato n.3325 del 2013, in alcun modo opera un benché minimo riferimento alla figura del massofisioterapista.  Al contrario la Corte Costituzionale con sentenza n. 230/2011 ha sancito l’inviolabilità del disposto della legge n.403/1971 che ancor oggi è in vigore (si allega fonte: Normattiva.it).
 
Per concludere vorrei ricordare, per l’ennesima volta,  a Tavarnelli e Cartisano, che  i corsi di massofisioterapisti,  ancor oggi, si svolgono ai sensi della legge 403/1971 (legge che  ha permesso ai massofisioterapisti l’equipollenza)  perché prorogati dal DM 10.07.1998. Tale proroga -priva di una scadenza-  si protrae ormai da oltre 18 anni senza che i ministeri si siano mai adeguati a riordinare la figura ed il relativo corso di formazione come la legge prevede dal 1998 (D.Lgs  n.112/98). Dirò di più, sono gli stessi giudici del Consiglio di Stato con Ordinanza n.3430 del 2015 ( che si allega) ad invitare il Ministero della Salute alla determinazione di “un quadro giuridico chiaro per il riordino”. 
 
Ad oggi il Ministero risulta inadempiente alla legge ed all’invito dei giudici. Dunque, Direttore ritengo che il Tavarnelli, non da meno il Cartisano, abbia dato credito più alla sua vena creativo- interpretativa scartando di fatto cospicue prove normative, giurisprudenziali che sostengono di diritto che il massofisioterapista è professione sanitaria in attesa di riordino. Oltre al fatto che, come sostiene Tavarnelli, e ci tengo a ricordarglielo anche perché parole sue: “ l’università non è parte di questa formazione”. Ma lo è sicuramente la formazione professionale (doppio canale formativo:  CdS n. 3218-2011) di cui,  la sua associazione, non ha evidentemente potestà e competenza.

Cosma Francesco Paracchini
Presidente del Comitato Europeo Massofisioterapisti (CEM)

06 dicembre 2016
© Riproduzione riservata

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