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Dialogo ancora difficile tra Professioni? Sì ma anche all’interno delle stesse

di Alessandro Vergallo (Aaroi-Emac)

02 NOV - Gentile direttore,
qualche giorno fa, sono stato invitato a rappresentare l’Aaroi-Emac ad una Tavola Rotonda organizzata dall’Ordine dei Medici di Bologna dal titolo “Medici e professioni sanitarie: un dialogo mai interrotto”. Un incontro di grande interesse che ha messo a confronto, tra gli altri, la Fnomceo, l’Ipasvi e il Ministero della Salute. Considerando il tema sempre di primissimo piano, ho ritenuto utile condividere, attraverso questa lettera, alcune considerazioni sull’argomento oggetto della Tavola Rotonda e di cui ho parlato in quella sede, ponendo l’attenzione anche su altre criticità quanto mai attuali.
 
L’invito all’incontro è stato un’occasione importante per poter riprendere un dialogo che in realtà ha subìto qualche interruzione, sin da quando la “Cabina di Regìa”, progettata su input del Ministero della Salute per gestire le problematiche derivanti dall’implementazione delle competenze infermieristiche, si è arenata a causa di una preponderante avanzata delle stesse priva di ogni condivisione e di ogni accordo con i Medici.
 
Le criticità che oggi investono l’intero mondo del Sistema Sanitario riguardano sia i rapporti tra Cittadini e Operatori Sanitari, sia quelli tra i Professionisti Medici e non medici, sia quelli all’interno di ciascuna professione.
 
I rapporti tra Cittadini e Operatori Sanitari risentono senza dubbio della responsabilità di una certa diffusione mediatica di facili speranze di salute che travalicano le possibilità reali della scienza medica, e di altrettanto facili accuse di malasanità, diffusione che ha finora causato una credulità popolare sconfinante quasi in un’aspettativa di salute e di vita da doversi garantire all’infinito.
I rapporti tra i Professionisti Medici e non medici, in primis gli Infermieri, sono stati viziati da una politica che è entrata in tali rapporti a gamba tesa, non solo direttamente, ma anche attraverso commistioni di rappresentanza professionale, che in certi casi hanno portato ad affermare che alla professione infermieristica, numericamente e politicamente preponderante sino a poter minacciare azioni parlamentari a proprio vantaggio, spetterebbe “la parte del leone”. Non è su questi presupposti che può esserci dialogo.
 
Oggi, a livello ordinistico medico e collegiale infermieristico, l’avvicendamento delle rappresentanze di vertice delle due professioni può rappresentare un elemento favorente il dialogo, a patto che l’evoluzione professionale non significhi che la professione infermieristica, come finora è stato progettato, progredisca a discapito di quella medica, ma vi sia una coevoluzione che si ponga come obiettivo comune la miglior cura e assistenza sanitaria possibile da poter offrire al cittadino.
Gli ambiti di cura maggiormente interessati dai conflitti interprofessionali tra i medici e gli infermieri, senza tralasciare i conflitti tra gli infermieri e gli altri operatori sanitari, riguardano le cronicità e l’emergenza-urgenza, mentre negli ambiti di cura intermedi, sia ospedalieri che territoriali, i conflitti di competenze sono senz’altro minori.
 
I rapporti all’interno di ciascuna professione sono resi sempre più tesi dal medesimo preconcetto che oggi viene propagandato come vessillo di efficienza e di economicismo, riassumibile nell’aforisma “chi sa fare fa”, che ha condizionato lo svilimento del valore dei titoli di studio indispensabili per poter svolgere attività professionali per le quali è necessaria una precisa qualifica professionale, e nei casi di maggior rilievo, specialistica.
Nella professione infermieristica, il problema che emergerà è il progressivo passaggio di un discreto numero, in valore assoluto, di Infermieri non soltanto nella “dirigenza”, ma dalle corsie negli uffici: quando i loro colleghi si accorgeranno che la loro sbandierata “evoluzione di competenze” è strumentale soprattutto alla carriera di una ristretta minoranza che anela a svincolarsi dall’assistenza al paziente, questo problema si rivelerà nell’imponenza che finora è stata nascosta.
 
All’interno della professione medica, per quanto riguarda principalmente gli Anestesisti Rianimatori e i Medici di Emergenza-Area Critica, i primi, pur avendogli dato vita, vengono arbitrariamente esclusi dal Sistema di Emergenza-Urgenza, e gli altri vengono sempre più reclamati dalla Medicina di Base, che proditoriamente, anche attraverso il cosiddetto “h16”, pretende di ridurre a succursale della “continuità assistenziale” (denominazione altisonante per riclassificare la “guardia medica territoriale notturna e festiva”) il Sistema 118, che per sua natura e finalità è invece una messa a disposizione sul territorio di professionalità specialistiche ospedaliere, le quali non possono essere di certo acquisite con qualche corso di poche ore appannaggio della Medicina di Base, come invece si vorrebbe fare.
 
Non è bastato alla Medicina Convenzionata, con la complicità di quelle Istituzioni preposte al governo del SSN che lo hanno consentito, invadere i settori ospedalieri più diversi di degenza ospedaliera, nei quali non dovrebbe assolutamente entrare, intromettendovi medici “specialisti ambulatoriali” sdoganati a tal fine da un ACN (Accordo Collettivo Nazionale) appositamente costruito per consentire questa vergognosa usanza?
 
La Medicina Convenzionata, e quella di Base in particolare, si occupino dei servizi sanitari a loro competono, e che si rivelano sempre meno in grado di garantire, causando per esempio l’overcrowding dei Pronti Soccorso, ed il ricorso improprio al 118, per patologie che con l’emergenza e l’urgenza poco hanno a che fare.
 
La confusione di ruoli, sia tra le professioni, sia all’interno delle professioni, non giova al cittadino, ma a chi da questa confusione spera di ricavare vantaggi corporativi a scadimento della qualità delle cure.
 
Non sarà l’Aaroi-Emac a difendere il mito secondo il quale su ogni mezzo di soccorso di emergenza-urgenza territoriale debba esserci un medico, qualunque specializzazione abbia. Molto meglio un Sistema nel quale vi siano, opportunamente distribuiti, mezzi infermierizzati e mezzi medicalizzati, rispettivamente con Infermieri adeguatamente formati, e con medici specialisti in Anestesia e Rianimazione e in Medicina d’Urgenza, non certo con medici di altra provenienza specialistica, né tantomeno con medici generici.
 
L’Emergenza-Urgenza, solo perché il protezionismo di categoria imperante nel settore della “medicina di famiglia” impedisce a molti di loro di accedere alla titolarità della loro convenzione, non può fungere da Ufficio di collocamento per “lavoratori socialmente utili” muniti di ridicoli patentini che da troppo tempo pretendono di sostituirsi alla formazione medica specialistica.

Su questi principi sarebbe ora che anche le altre Organizzazioni Sindacali della Medicina Ospedaliera facessero sentire la loro voce.
 
Alessandro Vergallo
Presidente Nazionale Aaroi-Emac

02 novembre 2016
© Riproduzione riservata

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