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Io medico e osteopata. Ecco perché vorrei il riconoscimento

di Paolo Zavarella

16 MAR - Gentile Direttore,
mi permetto di intromettermi in una “discussione” che sta imponendosi da diverso tempo tra i banchi della Politica, tra gli Operatori interessati, sui Social e anche sulle pagine della sua importante Rivista… il tema è il riconoscimento dell’Osteopatia in Italia. Le scrivo partendo dalla mia storia di Medico Chirurgo, Diplomato in seguito Osteopata D.O. in Italia con un percorso di 6 anni, iscritto attivo per molti anni all’Associazione ROI, poi al CPO Comitato Promotore dell’Osteopatia, nonché Direttore di una Scuola di Osteopatia che opera da oltre 15 anni e aderisce alla Confederazione di Scuole CONFOSTEOPATIA.
 
Esercito da decenni come Osteopata cercando la Promozione della Salute nelle persone (OMS, Ottawa 1986) e non rincorrendo la Patologia. Per il rispetto che ho nei confronti dell’Osteopatia come della Medicina, io sono stato abituato dai miei Maestri a togliermi il Camice da Medico, quando agisco da Osteopata. Ho la consapevolezza di aver contribuito a formare, con un percorso quinquennale che implica anche tirocinio e ricerca, non pochi Osteopati e molti di questi senza titolo sanitario pregresso.
 
Oggi si registra diffusa confusione, “mal di pancia”, molte prese di posizione “contro”, “a prescindere”, “per partito preso”, asserzioni non vere… e addirittura “perché non si può far vedere che si è cambiata idea”. Ma per aiutarci a capire bisognerebbe intervistare le persone che sono trattate dagli Osteopati e sono tante (Eurispes: Rapporto Italia 2012).
 
E’ buona regola, quando si vive un momento di confusione, tornare al passato per comprendere le vere radici delle criticità che oggi viviamo. In effetti una diatriba simile a quella che stiamo vivendo è già stata vissuta dagli Osteopati Americani di inizio ‘900, quando si è consumata la lotta tra “Broad Osteopath”, Osteopati “in senso lato”, favorevoli alla medicalizzazione dell’Osteopatia e al suo utilizzo al pari delle arti sanitarie dell’epoca e “Lesion Osteopath”, Osteopati puri, assertori della reale esistenza della “Lesione Osteopatica”, termine che allora identificava quella caratteristica tessutale ubiquitaria, peculiare e palpabile con il razionale Osteopatico della “Palpazione Percettiva”, conosciuta oggi come “Disfunzione Somatica” non allopatica (Booth, 1905; Trowbridge, 1991; Gevitz, 2004; Tuscano, 2014).
 
Gli Osteopati di allora hanno lottato a lungo, tra progetti di Medicalizzazione Specialistica dell’Osteopatia e sogni di alterità e complementarietà (Osteopatia Ricerca e Pratica, AT Still 1992). Negli USA, la storia insegna, hanno vinto i “Broad”, dal momento che l’Osteopatia è insegnata in Università all’interno del percorso formativo del Medico e ne costituisce in effetti uno specifico perfezionamento, anche se non una Specializzazione convenzionale, dal momento che è necessario possedere anche una prima specializzazione accanto alla formazione di Osteopata. Ma amerei qui ricordare che il Fondatore Andrew Taylor Still, è sempre stato un assertore convinto dei “Lesion Osteopath”, implorando fino all’ultimo giorno i suoi (“Keep It Pure”), di “mantenerla pura”… e ha contribuito a scrivere un Decalogo che contiene la frase che rende tutta la ragione dell’Autonomia e Peculiarità dell’Osteopatia, che oggi un po’ tutti invece vorrebbero tirare di qua o di là: “Riteniamo che la nostra Casa Terapeutica sia grande esattamente quanto è necessario per l’Osteopatia e che quando altri metodi vengono fatti entrare, altrettanta Osteopatia debba uscire” (“La Nostra Piattaforma” di A. T. Still, Ottobre 1902, Kirksville, Punto 9).
 
In effetti oggi l’OMS (Benchmark Osteopathy 2010 e Benchmark T&CM 2014-2023) definisce l’Osteopatia una T&CM ovvero una “Medicina Tradizionale e Complementare” e una professione di “Health Care” (ovvero Cura della Salute) e definisce gli Osteopati “Expert of Osteopathy” e non certo Professionisti Sanitari convenzionali…
 
Ma l’Italia non sono gli USA. E il 2016 non è il 1900.
 
Nel 1900 e negli USA, non era stata ancora completata la regolamentazione della Medicina e ci si formava come Medici attraverso semplici semestri di affiancamento. Ad oggi, molte Associazioni di Osteopati Americani si trovano in conflitto con la loro “doppia appartenenza” al Mondo Sanitario ed a quello Osteopatico, fin tanto da portare alcuni altissimi rappresentanti tra gli Osteopati Americani (i.e. Viola Frymann MD DO) ad assumersi responsabilità di denunce sanitarie dall’Ordine dei Medici per non aver applicato i Protocolli Sanitari (che si occupano di Malattie e di Patologie), avendo optato per la scelta di intervento Osteopatico (che si occupa di Salute e di Potenziale di Autoguarigione).
 
Il fatto che qui da noi ci siano sedicenti rappresentanti degli Osteopati (in Italia siamo oltre 7000 Osteopati, di cui almeno i tre quarti non si sentono rappresentati dalle varie Associazioni di Categoria) che definiscono ancora oggi l’Osteopatia “Una Professione Sanitaria non ancora riconosciuta” contrapposti, ma, in effetti, esattamente al fianco di Fisioterapisti (molti) e Medici (pochi) che invece definiscono l’Osteopatia “Non una Professione Autonoma, ma una Tecnica applicabile solo da Professionisti Sanitari” non si giustifica però con una riesumazione della fisiologica ricerca di Identità che ha coinvolto i primi decenni della Storia dell’Osteopatia Americana. Si giustifica e si comprende con molto meno…:
 
Per gli uni: ricerca di visibilità, inseguimento di vane promesse individuali, inconsapevoli attori di manovre di Lobby che hanno a cuore altri progetti nelle Università e nel SSN e non la salvaguardia dell’Identità dell’Osteopatia, sogno di conquista di un Camice Bianco e dell’appellativo di Dottore, senza essersi sottoposti alla dovuta gavetta e senza avere acquisito le competenze Sanitarie e Riabilitative e soprattutto immemori della Storia dell’Osteopatia e dell’Identità Complementare e Alternativa che ne costituisce l’unica ragione di esistenza.
 
Per gli altri: ignoranza (nel senso di non conoscenza) del Razionale (Alternativo), dei Metodi (Tradizionali) e degli Obiettivi (Complementari) dell’Osteopatia e, in modo “antistorico”, ne interpretano solo le tecniche come una normale implementazione della Riabilitazione e della Medicina Manuale.
 
Lo stesso Ministro Beatrice Lorenzin, quando due anni fa, in risposta all’Interrogazione dell’On. Ignazio Abrignani (Roma Camera dei Deputati, 14 Maggio 2014) ha aperto la strada al necessario riconoscimento dell’Osteopatia, si è espressa così:
Ritengo necessario e urgente assumere specifiche iniziative legislative in merito al riconoscimento della professionalità della categoria degli Osteopati (…). Sono nate delle Scuole che hanno nel corso degli anni potenziato ed equiparato il livello didattico a standard di livello europeo (…). Consapevole della rilevanza della questione, ho dato mandato ai miei uffici di avviare un lavoro di confronto con le principali rappresentanze della Professione di Osteopata al fine di elaborare una proposta normativa volta ad istituire anche in Italia la Professione di Osteopata (…). Garantiremo la dovuta dignità professionale ai numerosi operatori del settore, che oggi sono ancora costretti ad operare confrontandosi con un assetto normativo alquanto incerto.

Si parla quindi di “Professionalità”, “Categoria”, “Operatori del settore”, “Professione di Osteopata”… e di “assetto normativo assai incerto”. In effetti, nessuna Associazione di Osteopati potrà essere e dichiararsi legittimata, fintanto che non sarà Riconosciuta la Professione di Osteopata. In effetti, in tutti i Paesi d’Europa in cui l’Osteopatia è stata riconosciuta e regolamentata (dal primo, l’Inghilterra, fino all’ultimo, il Portogallo) la Professione rientra nell’ambito dei Sistemi Sanitari (come Professione T&CM, Medicina Non Convenzionale e/o Promozione di Salute, ma mai direttamente come Professione Sanitaria Medica o Riabilitativa) e la Formazione è curata da Scuole Accreditate in varia partecipazione con le Università.
 
Auspico che i nostri Politici della XII Commissione, nelle fasi finali della finitura del “DDL Lorenzin 1324” in cui si trovano a rendere possibile ora, quanto asserito dal Ministro quasi due anni fa circa l’Osteopatia, sappiano calarsi nella vera Identità dell’Osteopatia, che non aspira a prendere il posto della Medicina Manuale (esercitata con eccellenza, razionale e metodi diversi dai Laureati in Medicina e Chirurgia) né tantomeno della Riabilitazione (esercitata con eccellenza, razionale e metodi diversi dai Laureati in Fisioterapia), togliendo quindi ogni radice allo pseudo-conflitto che metterebbe gli Osteopati “contro” Medici o Fisioterapisti.
 
Il conflitto in effetti non c’è perché gli approcci sono complementari tra loro e non alternativi e c’è bisogno di tutte le “mani” possibili per aiutare le Persone. Davvero, quindi, non serve un’ennesima Professione Sanitaria di Osteopata nell’area Medica (accanto a Medici, Odontoiatri, Farmacisti, Psicologi e Veterinari…?) né tantomeno nell’Area Riabilitazione (già ricca di Professionalità e più che affollata!).
 
Ma cionondimeno, asserito che l’Osteopatia esiste (a prescindere dai desideri dei singoli) gli Osteopati esistono, oggi in Italia, come fantasmi. Pertanto urge un Riconoscimento della “Professionalità della Categoria degli Osteopati”, come ha ben detto il nostro Ministro. Questo è un obiettivo possibile, raggiungibile subito, che porrebbe in sicurezza i 7000 e oltre Osteopati che già esercitano in Italia, senza abusare di nessuna Professione Sanitaria, in quanto operano e agiscono nel Mondo delle Professioni T&CM (da regolamentare, in Italia come già si è iniziato a fare in Europa), ovvero nella “Casa dell’Osteopatia”, come scritto cent’anni fa dal Fondatore, “grande esattamente quanto è necessario per l’Osteopatia”.
 
Dott. Paolo Zavarella D.O.
Medico Chirurgo spec. Odontostomatologia
Osteopata D.O. 


16 marzo 2016
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