Medicina difensiva. Puntare su team working e partecipazione dei pazienti al processo di cura
di Riccardo Tartaglia
09 AGO -
Gentile Direttore,
ho letto il documento risultato del lavoro della Commissione Ministeriale sulla Medicina difensiva. E' per quanto mi riguarda condivisibile anche se a mio parere non considera, forse saranno presi in considerazione più avanti, due aspetti importanti del clinical risk management correlati alla medicina difensiva: il team working e la partecipazione del paziente al percorso di cura.
La medicina difensiva, almeno nella mia esperienza, è spesso la conseguenza del lavoro in solitudine e di una cultura individuale/individualistica della professione. E' il singolo professionista che si vuole tutelare rispetto all'insicurezza della sua decisione diagnostica, non è in genere il team di professionisti che si assume collegialmente l'onere della scelta clinica. Anche per questo il team working è ritenuto sempre di più da parte delle istituzioni scientifiche uno dei doveri della medicina moderna. Lo stesso vale per quanto concerne la partecipazione del paziente e quindi la sua consapevolezza sull'utilità degli accertamenti da effettuare.
In un articolo, a mio parere fondamentale, pubblicato su
BMJ qshc nel 2009 "Trasforming healthcare: a safety imperative", Leape e Don Berwick ritengono team working e partecipazione del paziente al processo di cura, due dei cinque elementi fondamentali per il cambiamento della sanità. Gli unici veri problemi sono che la nostra formazione universitaria non ci ha abituati a lavorare insieme e a comunicare con i pazienti e che, talvolta, per mancanza di tempo e di personale si tenda a lavorare da soli. Ma forse adesso le cosa stanno cambiando. L'insegnamento della metodologia clinica è da questo punto vista di grande importanza. La complessità della medicina di oggi e la quantità di conoscenze necessarie non possono risiedere più in un singolo medico, per quanto bravo esso sia.
Penso che se nella legge sulla responsabilità professionale inserissimo un articolo per cui la diagnostica "pesante" deve essere il risultato di un esame collegiale con distribuzione delle responsabilità (vale anche per i medici di medicina generale) avremmo forse diagnosi più ponderate ed esami meno inutili. Andrebbe di conseguenza favorito il lavoro di team e la comunicazione mediante la formazione con simulazione. Abbiamo credo tutti molto presenti le conflittualità esistenti in tanti ospedali che impediscano di fatto la collaborazione tra colleghi. Basta pensare ai gruppi oncologici multidisciplinari che in qualche azienda sanitaria nemmeno si riuniscono pur essendo la qualità della cura oncologica fortemente correlata al confronto tra radiologo, chirurgo, oncologo, radioterapista ecc.. E' chiaro che se è una singola persona a decidere il timore di sbagliare sarà maggiore e lo porterà a tutelarsi semmai aggiungendo esami e terapie inappropriate.
Credo che il tema del rapporto team working, partecipazione dei cittadini e medicina difensiva debba essere approfondito a livello ospedaliero ma anche a livello territoriale incentivando la collaborazione tra professionisti.
Riccardo Tartaglia
Direttore del Centro Gestione Rischio Clinico e Sicurezza del Paziente
Regione Toscana
09 agosto 2015
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