Competenze infermieristiche. Dibattito "stucchevole" su un documento che non aggredisce i veri problemi
di Andrea Bottega
27 DIC -
Gentile direttore,
mi permetto di prendere la parola, pur in contraddizione con me stesso e con la prima parte del mio intervento, per alcune considerazioni sul tema delle competenze avanzate infermieristiche sperando di non perpetuare il dibattito ma di mostrane alcuni aspetti che, a mio parere, lo rendono fuorviante. L’aver spinto la discussione interna alle professioni sanitarie dai luoghi istituzionali ai luoghi pubblici (convegni e quotidiani on line o settimanali) non per fini divulgativi o per raccogliere fattivi contributi ma strumentali alle istituzioni che ciascuno degli attori rappresenta, ritengo non giovi al bene comune dei professionisti e dei cittadini. Il confronto ha modi e luoghi dove si può esprimere e può essere produttivo. Ce lo insegna il recente accordo ministeriale dell’area radiologica.
Come Nursind non abbiamo direttamente contribuito alla stesura del documento sulle competenze avanzate infermieristiche perché non ancora presenti al tavolo ma già allora avevamo preso una posizione critica verso un documento che rimandava il problema delle competenze ad altri documenti e lasciava molte situazioni in sospeso. Avevamo - e l’abbiamo tutt’ora - la consapevolezza che non sarebbe stato quel documento a cambiare le cose che non vanno nell’organizzazione dei servizi sanitari dove agli infermieri è chiesto saltuariamente di fare i tecnici di laboratorio nell’utilizzo dei Point of Care Testing (in sostituzione dei tecnici nei piccoli ospedali); di fare i tecnici di radiologia nelle sale operatorie e nelle emodinamiche (alla faccia della denuncia ai tecnici di Lucca per avere fatto le radiografie senza la presenza del medico); di sostituire gli amministrativi quando sono in ferie per compilare moduli per il pagamento ticket o registrare prestazioni o prenotare visite; di sostituire gli operatori nella distribuzione del vitto, nel rifacimento del letto, nel trasporto delle salme; di correre dietro ai medici perché si sono dimenticati di aggiornare la terapia o di visionare un referto o di prescrivere un esame o di visitare un malato. Tutte queste situazioni non trovano soluzione in quel documento e allora continuiamo a fare cause per demansionamento dove mancano le figure di supporto mentre dall’altra parte continuiamo a chiedere ai direttori sanitari e ai giudici del lavoro di non gravarci delle mansioni svolte fino a poco prima da altre figure sanitarie.
Un documento che, oltre a non chiarire nulla (perché così si vuole), illude tutti gli infermieri dicendo loro che potranno avanzare (verso dove? visto che l’esercizio professionale è legato all’organizzazione e a chi ne detiene le redini: regioni, aziende, direttori di dipartimento) se studieranno ancora in università un altro anno a proprie spese. Intanto in corsia di infermieri se ne vedono sempre meno – colpa del blocco del turn over, dei piani di rientro e degli standard assistenziali di prossima emanazione - e per le “strade” sempre più (ormai ai concorsi pubblici si presentano in migliaia, le cooperative li sfruttano e i liberi professionisti si trovano con un mercato bruciato da tariffe non degne di un professionista).
Il dibattito sulle competenze avanzate ha dunque, a mio parere, un che di stucchevole di fronte alla disoccupazione infermieristica giovanile, l’usura di chi lavora e la carenza delle dotazioni organiche. Questi sono i problemi di cui dovremmo preoccuparci e occuparci perché sono determinanti per la qualità dell’assistenza infermieristica oggi. Le competenze avanzate così come in-definite dal documento vedranno la luce, forse, tra non meno di 5 anni e oggi servono a coprire gli ambiti di una discussione sull’infermieristica più ideologica che pragmatica.
Per tale motivo sono convinto che nell’incontro fissato per il 7 gennaio presso il ministero della salute, al di là delle posizioni di dovere, si troverà un accordo.
Infine, mi sia consentito un piccolo appunto a quei medici che si sono sentiti in dovere di rendere chiara la loro posizione contro qualsiasi sconfinamento dentro il limite dell’ “atto medico”: ciò che gli infermieri hanno tolto ai medici nel tempo non sono state le competenze tecniche-procedurali ma la relazione umana dell’abitare presso l’essere per sondarne e comprenderne le debolezze, i limiti, le paure, le ansie per sostenerne il peso del dolore, della perdita, della sconfitta o della gioia nella guarigione. Quel rapporto di fiducia e di condivisione è sempre più ad appannaggio degli infermieri ed è la forza che rende visibile le competenze infermieristiche agli occhi dei cittadini che per primi e per ultimi ci incontrano quando hanno bisogno. Gli infermieri, in questo sistema, non solo sono la necessaria condizione di possibilità perché tutto il processo di cura si realizzi ma sono anche quelli più presenti e vicini al malato.
Questo spazio presso le persone, accessibile attraverso i gesti tipici del clinico, i ritmi e le cadenze di un percorso clinico volto a indagare le cause prime del male partendo proprio dal vissuto soggettivo, il ruolo di confidente offerto nell’intimità dell’ascolto dei problemi, … un tempo era parte dell'atto medico e ve l’abbiamo pian piano rubato senza alcuna alzata di scudi perché oggi non avete più tempo. L’onnipresenza organizzativa ha eroso il tempo dello spazio clinico che vi poneva in contatto con l’essere della persona. Queste competenze relazionali e gestionali dei percorsi clinco-assitenziali hanno avanzato la professione infermieristica verso l’ascolto dei bisogni dei cittadini e la loro soluzione. In questo le competenze ce le siamo costruite nella prassi quotidiana e, nonostante l’alto numero dei medici in Italia, la medicina ci ha lasciato immensi spazi e luoghi perché distratta da altro.
Tuttavia, sono certo, che per questo sconfinamento i medici non denunceranno nessun infermiere.
Andrea Bottega
Segretario Nazionale Nursind
27 dicembre 2013
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