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Coronavirus. Fismu: “Negato il riconoscimento dell’infortunio sul lavoro ai medici convenzionati”


Il sindacato ha scritto al Governo per denunciare come con “la grave crisi del Coronavirus, e la legislazione vigente, avremo alcuni ‘eroi’ e molti altri ‘dimenticati come i paria’: medici di serie A con diritti e altri di serie B, senza diritti”.

15 APR - “Sul riconoscimento dell’infortunio di lavoro per il Coronavirus avremo medici con diritti e altri senza diritti, e si aprirà anche un enorme contenzioso giudiziario con enorme rabbia di migliaia di professionisti che sono in prima linea nella lotta alla pandemia”. Questa la denuncia contenuta nella lettera inviata al premier, Giuseppe Conte e al ministro della Salute, Roberto Speranza, da parte di Federazione Italiana Sindacale Medici Uniti-Fismu a seguito di un parere legale dell’avvocato Antonio Puliatti sulla Circolare dell'INAIL n. 13 del 3 aprile, relativa ai cosiddetti medici convenzionati, cioè i medici di medicina generale, i pediatri e gli specialisti ambulatoriali (parasubordinati).
 
Francesco Esposito, segretario generale Fismu, sottolinea in modo netto, riferendosi alla circolare Inail, che con “la grave crisi del Coronavirus, e la legislazione vigente, avremo alcuni ‘eroi’ e molti altri ‘dimenticati come i paria’: medici di serie A con diritti e altri di serie B, senza diritti. Una discriminazione che nega l’infortunio a più di 100.000 professionisti e che aprirà anche un enorme contenzioso giudiziario con enorme rabbia di migliaia di camici bianchi che sono in prima linea nella lotta alla pandemia. Nel cono d’ombra, che viene da decine di controversie del passato, tutti quei medici che per lo Stato Italiano sono solo dei parasubordinati, cioè i medici di medicina generale (di famiglia, del 118, della continuità assistenziale) i pediatri e gli specialisti ambulatoriali che pur non essendo dipendenti hanno una funzione pubblica, a tutti gli effetti, nella nostra sanità. E che spesso, come succede per quelli che operano negli ambulatori e nel 118, lavorano fianco a fianco con i loro colleghi che invece sono pienamente tutelati. Un’ingiustizia già riscontrata per questa area di camici bianchi anche sulla mancata concessione dei congedi parentali, fondamentali in questa fase per tutelare tutti i medici, ma anche i professionisti sanitari di altre specialità del SSN”.
 
“La stessa Corte di Cassazione - spiega nel parere l’avvocato Antonio Puliatti - si spinge a riconoscere ai parasubordinati le stesse protezioni previste per i lavoratori subordinati. In questo periodo storico che vede i medici convenzionati particolarmente impegnati sul territorio, senza mezzi e DPI adeguati, sarebbe opportuno rivedere l'orientamento politico che finora ha posto nel ‘limbo’ medici convenzionati che non sono né dipendenti né libero professionisti (nel senso che hanno soltanto gli svantaggi dell'una e dell'altra categoria) . Bisogna prendere atto del fatto che appare illogico che alcuni professionisti sanitari - che svolgono la loro attività all'interno delle strutture aziendali, con una retribuzione predeterminata, svolgono le stesse mansioni ed attività svolte dai dipendenti, sono soggetti al potere organizzativo e disciplinare del datore di lavoro pubblico ( Aziende Sanitarie) - non godano delle stesse tutele dei dipendenti. Nel caso di specie i caratteri della parasubordinazione comportano l'obbligo, ma anche il corrispondente diritto, alle tutele di cui al d.lgs 81/2008. Il che non può che stare a carico delle Aziende. Il vigente Accordo Collettivo Nazionale per la medicina generale prevede espressamente l'obbligo di tutela a carico delle Aziende, per le ipotesi di infortunio sul lavoro, almeno per le categorie di medici di continuità assistenziale ( art. 73), medici dei servizi ( art. 89) ed emergenza sanitaria territoriale ( art. 99), con conseguente obbligo di stipula di una polizza assicurativa con precisi massimali; stesse tutele non sono invece previste per i medici di assistenza primaria. Addirittura per gli specialisti ambulatoriali, l'art. 52 del vigente ACN – oltre ad analoga tutela per gli infortuni ma con massimali più alti – al penultimo comma, prevede: “Gli specialisti ambulatoriali, i veterinari e i professionisti che ai sensi e nei modi di cui all’articolo 50 vengono individuati quali esposti alle radiazioni ionizzanti, sono assicurati obbligatoriamente presso l’INAIL a cura della Azienda”, dimostrando così che l'estensione è tecnicamente possibile. Un vulnus da sanare".
 
"E' vero - prosegue - che per l'estensione della interpretazione dell'INAIL in ordine all'infortunio andrebbe verificato il contenuto delle singole polizze assicurative stipulate dalle Aziende, però è anche vero che queste non possono sottrarsi alle responsabilità sulle stesse gravanti ai sensi del d.lgs. 81/2008 ove non abbiano fornito i DPI, non abbiano fornito adeguate informazioni, non abbiano adeguato il Documento di valutazione dei Rischi o il piano di sicurezza. Occorre probabilmente mettere mano ad una legislazione speciale (anche con l'ausilio dell'ENPAM ed i Ministeri vigilanti) che, proprio in questo periodo di emergenza, tenga conto delle condizioni in cui sono chiamati ad operare i medici convenzionati ed appresti le necessarie tutele e riconosca opportuni diritti, evitando di abdicare tale ruolo alla giurisprudenza che, inesorabilmente, anno dopo anno, sentenza dopo sentenza, giungerà a scalfire le modalità – affette oggi da ipocrisia - secondo cui valutare l'attività dei medici convenzionati”.
 
“Infine - conclude Esposito - sia in relazione alla circolare Inail ed al riconoscimento dello stato di infortunio di lavoro per chi è contagiato dal coronavirus (ma anche sul congedo parentale), abbiamo scritto al Premier Conte, al ministro Speranza (e alla stessa Inail) ed ora attendiamo risposte: una urgente soluzione legislativa. Anche in questo caso, vorremmo prevalesse lo spirito unitario con gli altri sindacati e che la Fnomceo fosse portavoce e amplificatore di questa nostra critica e delle nostre proposte. Diamo risposte serie e concrete alla domanda di sicurezza, equità e giustizia dei medici italiani”.

15 aprile 2020
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