Convenzioni. Preiti (FpCgil Medici): “Il nuovo atto di indirizzo è peggio del primo”
Il sindacato denuncia come “non si affronta alcun problema e qualcosa invece si complica: le risorse per le AFT e le UCCP non ci sono e quindi non si faranno. E se qualcosa si farà lo dovranno pagare tutti i medici sacrificando i loro incentivi”. E poi evidenzia: “Intanto l'assistenza territoriale ai cittadini degrada, le condizioni lavorative dei medici convenzionati peggiorano, le risorse si sprecano”.
14 APR - “Non è una cosa seria la manfrina infinita del rinnovo delle convenzioni. Il nuovo
Atto di indirizzo è peggio del primo, ma dovrebbe portare a una nuova convocazione SISAC (il 23 aprile, pare), nella quale naturalmente non succederà nulla. Ma ‘tutti’ acquisteranno un piccolo benefit da spendere in allucinogeni per gli elettori o per gli iscritti a qualche sindacato. Intanto l'assistenza territoriale ai cittadini degrada, le condizioni lavorative dei medici convenzionati peggiorano, le risorse si sprecano, l'autoreferenzialità delle Regioni frantuma il SSN e consolida le disparità territoriali di assistenza, risorse e servizi”. È quanto afferma in una nota
Nicola Preiti responsabile nazionale Fp-Cgil Medici medicina convenzionata.
“Nel nuovo Atto – sottolinea - non si affronta alcun problema e qualcosa invece si complica: le risorse per le AFT e le UCCP non ci sono e quindi non si faranno, anche perché sono previste dal 2009 e non si sono ancora viste. Le UCCP sono rinviate in blocco agli accordi regionali e quindi addio all'h24 e ai centri territoriali aperti 7 giorni su 7 di cui millantava il decreto Balduzzi e che fanno bella mostra anche nel Patto della Salute. E se qualcosa si farà lo dovranno pagare tutti i medici sacrificando i loro incentivi. In cambio c'è l'illusione per alcuni di diventare inutili caporali senza gradi e senza funzione. Ma con un “gettone” pagato dai propri colleghi”.
“Il ruolo unico – prosegue - è solo una enunciazione contraddetta, nello stesso Atto, dal congelamento delle funzioni, dei redditi di ognuno e da una gradualità sine die. L'autonomia organizzativa delle regioni diventa libero arbitrio sulle cure primarie, nonostante l'incombenza della riforma del Titolo V. E - novità assoluta - le regioni non in equilibrio di bilancio sono escluse a priori anche dalla possibilità di fare qualunque investimento riorganizzativo: un bell'alibi alle Regioni e alle aziende più arretrate”.
“E allora perché - conclude - continuare con queste sceneggiate nazionali? Meglio affidarsi alla “generosità” diretta delle Regioni, come il Veneto che ha messo a disposizione dei medici di famiglia oltre 250 milioni in quattro anni (ne dichiarano 100). Distribuiti oculatamente: niente ai medici di guardia medica e poi via via crescendo in base al numero di assistiti e al ruolo di inutili capetti. Le imminenti elezioni sono certamente una coincidenza”.
14 aprile 2015
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