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La legge di stabilità e le professioni sanitarie. Ecco perché, e come, cambierà tutto

di Saverio Proia

Con il comma 566 il Parlamento ha dato il via libera a una potenziale ed innovativa messa in discussione della attuale organizzazione del lavoro in sanità. Rivalutando e ridefinendo le capacità professionali delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione

02 GEN - Dalla Legge di stabilità: “comma 566. Ferme restando le competenze dei laureati in medicina e chirurgia in materia di atti complessi e specialistici di prevenzione, diagnosi, cura e terapia, con accordo tra Governo e regioni, previa concertazione con le rappresentanze scientifiche, professionali e sindacali dei profili sanitari interessati, sono definiti i ruoli, le competenze, le relazioni professionali e le responsabilità individuali e di équipe su compiti, funzioni e obiettivi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, tecniche della riabilitazione e della prevenzione, anche attraverso percorsi formativi complementari. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica".
 
Nel periglioso cammino della vigente legge di stabilità questo comma, proposto dal Ministero della Salute, è stato uno dei pochi che non solo è rimasto intatto nella proposta iniziale ma anche che ha registrato solo un emendamento modificativo, peraltro respinto: questo già depone positivamente avendo registrato un consenso così ampio.
 
Per capirne la portata innovativa è opportuno analizzare attentamente l’esegesi della norma.

 
L’art. 5 punto 15 del Patto per la Salute 2014/2016 ha posto con forza la necessità che:
Per un efficientamento del settore delle cure primarie, si conviene che è importante una ridefinizione dei ruoli, delle competenze e delle relazioni professionali con una visione che assegna a ogni professionista responsabilità individuali e di equipe su compiti, funzionie obiettivi, abbandonando una logica gerarchica  per perseguire una logica di governance responsabile dei professionistico involti prevedendo sia azioni normativo/contrattuali che percorsi formativia sostegno di tale obiettivo”
 
Per dare attuazione a questo obiettivo, così innovativo e certamente discontinuo con la vigente organizzazione del lavoro sanitario,  il Ministero della Salute ha proposto, tra le altre proposte,  agli altri Ministeri, che hanno convenuto, che  è prioritario  implementare le competenze degli infermieri e delle altre professioni sanitarie al fine di avviare una profonda innovazione dell’organizzazione del lavoro in sanità funzionale non solo a valorizzare allo stesso tempo ruolo e funzione dei professionisti della salute  ma soprattutto a fornire prestazioni sanitarie sempre più efficaci ed efficienti ai cittadini  non solo in ospedale ma soprattutto  nel territorio, costituendo quest’ultima la sfida più rilevante nell’innovazione.
 
Nella relazione illustrativa della proposta di articolo in questione si ricordava che per questo  il Ministro alla Salute e gli Assessori Regionali alla Sanità hanno deciso di rivisitare le competenze di queste professioni sanitarie per meglio interpretare e liberare il loro potenziale operativo nella forma più estesa possibile sulla base della vigente normativa (in parte larga ancora inattuata)  approvando e condividendo le proposte, elaborate dallo specifico Tavolo tecnico Ministero-Regioni,  per l’implementazione delle competenze delle professioni sanitarie e per l’introduzione delle specializzazioni previste dall’art.6 della legge 43/06, iniziando ad adeguare le competenze delle professioni infermieristiche, alla luce della evoluzione ordinamentale e formativa, a quella scientifica, tecnologica e dei nuovi modelli organizzativi.
 
Un processo  riformatore così profondo per essere messo in sicurezza,  aveva ed ha bisogno di una norma che,  nel delineare quella che potrebbe  essere la riserva di competenza della professione medica e per estensione degli altri dirigenti sanitari, indichi la metodologia con la quale le competenze delle professioni sanitarie infermieristiche-ostetrica, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione possano essere implementate prevedendo con formazione complementare post lauream la concretizzazione della posizione di “professionista specialista” di tali profili così come sancito dall’articolo 6 della legge 43/06.
 
Data  la valenza strategica propria di un processo che vuol  ridefinire una nuova organizzazione del lavoro sanitario e sociosanitario,  la norma affida alle Regioni ed alle Aziende sanitarie il compito di promuovere la più ampia partecipazione, ricercandone l’apporto, il protagonismo attivo,  il consenso e la condivisione,  dei professionisti produttori di salute al fine dar corso a nuove e più avanzate relazioni funzionali interprofessionali in grado di accettare la sfida di costruire modelli organizzativi più adeguati ai  bisogni di salute dei cittadini e alla nuova realtà formativa ed ordinamentale degli operatori, in una logica di valorizzazione ed integrazione delle risorse professionali e di razionalizzazione della spesa sanitaria, che proprio nel settore delle cure primarie assume centralità e condizione imprescindibile
 
La norma, quindi, inizia con il tentativo di cominciare a delineare quello che potrebbe essere denominato “atto medico” affidando alla professione medica e per estensione agli altri dirigenti sanitari, “le competenze  in materia di atti complessi e specialistici di prevenzione, diagnosi, cura e terapia”; quali debbono essere queste competenze non può essere cristallizzato in una norma di legge bensì non può che essere il risultato di un articolato e partecipato processo dinamico e non statico di identificazione scientifico, professionale e giuridico che la stessa norma potrà avviare con il consenso ed il protagonismo in primis della stessa professione medica e degli altri dirigenti sanitari.
 
Come ben insegna l’evoluzione delle competenze all’interno delle professioni sanitarie, in particolare dopo l’emanazione vent’anni fa dei nuovi profili professionali di infermiere etc e per effetto delle leggi 42/99 e 251/00 atti e competenze prima svolti dai medici sono, senza alcun contraccolpo tra le professioni interessate e sullo stato di salute dei cittadini, svolti anche da altri professionisti sanitari per effetto sia dell’evoluzione scientifica e tecnologica, ma anche e soprattutto perché confacenti all’acquisita formazione universitaria di base e postbase e per il nuovo status di professioni non più ausiliarie.
 
A ben vedere non mi pare un processo difficile di identificazione: basti vedere laddove questo processo è stato già realizzato da anni con procedure analoghe a quanto previsto dal comma 566 della legge di stabilità e cioè l’esperienza Toscana del See and treat per effetto di ciò nei Dipartimenti d’emergenza ospedalieri sono ben stabilite le tipologie di codici bianchi e verdi, certamente non quelli gialli e rossi,  gestibili anche dagli infermieri secondo protocolli concordati e percorsi formativi mirati.
 
Comunque, come prevede la norma, il processo di riordino delle relazioni, dei ruoli e delle competenze individuali e di equipe  si attua rivitalizzando lo strumento democratico della concertazione con tali rappresentanze, dei professionisti interessati, archiviando così legislazioni precedenti che l’avevano abolita, in quanto si tratta di intervento sull’organizzazione del lavoro e sulle conseguenti competenze dei vari professionisti coinvolti.
 
Lo strumento che si è individuato per realizzare tale riordino è quello dell’Accordo Governo – Regioni che, oltre a garantire la condivisione tra i soggetti istituzionali interessati è la premessa per la conseguente attuazione generalizzata dei contenuti all’interno del Servizio Sanitario Nazionale.
 
Quali“ i ruoli, le competenze, le relazioni professionali e le responsabilità individuali e di équipe su compiti, funzioni e obiettivi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, tecniche della riabilitazione e della prevenzione”  sono e saranno quelli funzionali all’attuazione dei contenuti del Patto per la Salute proprio per il fatto che questa norma è stata inserita tra i provvedimenti attuativi del Patto stesso; quindi uno scenario ampio, progressivo e progressista, certamente non un passo indietro, non solo perché antistorico ed irrealizzabile, ma perché le competenze attuali di queste professioni sono stati “legiferate” dalle leggi di riferimento (42/99, 251/00 e 43/06) e la norma della legge di stabilità non le mette in discussione.
 
Dovranno essere, quindi, funzionali al nuovo quadro epidemiologico che vede ormai prevalente i stati di  malattie croniche invece che acute, in un progressivo invecchiamento della popolazione, alla realizzazione del sistema delle cure primarie sul territorio, 24 ore al giorno e per tutti i giorni dell’anno, ai nuovi modelli organizzativi per intensità di cure ospedalieri, alla valorizzazione dei servizi di diagnostica strumentale e per immagini, al potenziamento dei Dipartimenti aziendali di prevenzione, il tutto tenendo conto della ricordata evoluzione scientifica e tecnologica come di quella formativa ed ordinamentale delle professioni interessate.
 
Non mi pare di poco conto il rispetto che la norma, contenuta in una delle leggi più importanti per la vita del nostro Stato, qual è quella di stabilità,  nutre nei confronti di tali professioni indicando, finalmente, il giusto nome (infermieristiche, ostetrica, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione) e non più per negazione o per approssimazione (non medici o paramedici).
 
Quindi siamo in presenza di una potenziale ed innovativa messa in discussione della attuale organizzazione del lavoro in sanità, in molte realtà ferma a modelli antecedenti alla stessa legge di riforma sanitaria, che non tiene conto delle capacità professionali che i profili professionali approvati giusto vent’anni fa e corroborati dalle leggi che hanno realizzato la riforma delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione.
 
Molti di questi professionisti avvertono lo scarto tra quello che potrebbero o saprebbero fare per effetto di queste leggi e della loro formazione universitaria con la realtà quotidiana nella quale svolgono compiti e funzioni analoghe alla preesistente condizione di professione sanitaria ausiliaria, svolgendo addirittura compiti propri di altri operatori quali gli operatori sociosanitari.
 
Con questi provvedimenti, se ben scritti e, soprattutto se ben realizzati, si potrebbe finalmente invertire la tendenza e mettere in condizione questi professionisti di operare a pieno regime delle loro potenzialità e capacità: è evidente che questo processo è funzionale al Servizio Sanitario Nazionale se investe nella sua operatività quotidiana settori larghi degli operatori interessati e non circoscritto a fasce ristrette; per realizzare questo sarà necessario nell’immediato dar vita a forme di formazione aziendale e regionale per arricchire conoscenze e capacità operative, anche sulla base di protocolli operativi concordati e successivamente rivedere gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea affinché molte delle nuove competenze diventino rientrino nel patrimonio formativo di base.
 
La riconosciuta complessità e ricchezza delle professioni infermieristiche, ostetrica, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione nell’archiviare il periodo nefasto dell’operatore unico e polivalente, ha avuto riconoscimento dal fatto che esse possano evolversi in successive specializzazioni post lauream, come sancito dall’articolo 6 della legge 43/06 il quale ne ha previsto l’articolazione in:
· professionista;
· professionista specialista;
· professionista coordinatore;
· professionista dirigente.      
           
La nuova prospettiva di carriera professionale, non solo gestionale, per la professione infermieristica era già contenute nelle “Raccomandazioni del Consiglio d’Europa per la formazione infermieristica” del 1983 che tardivamente l’Italia recepì con il  Decreto del Ministro alla Sanità  14 settembre 1994, n. 739 “Regolamento concernente l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'infermiere” prevedendo all’articolo 1:
Omissis"
5. La formazione infermieristica post-base per la pratica specialistica e' intesa a fornire agli infermieri di assistenza generale delle conoscenze cliniche avanzate e delle capacità che permettano loro di fornire specifiche prestazioni infermieristiche nelle seguenti aree:a) sanità pubblica: infermiere di sanità pubblica;
b) pediatria: infermiere pediatrico;
c) salute mentale-psichiatria: infermiere psichiatrico;
d) geriatria: infermiere geriatrico;
e) area critica: infermiere di area critica.

6. In relazione a motivate esigenze emergenti dal Servizio sanitario nazionale, potranno essere individuate, con decreto del Ministero della sanità, ulteriori aree richiedenti una formazione complementare specifica.”
 
Purtroppo tale importante innovazione non ebbe seguito né nelle scelte ministeriali, né in quelle regionali, né in quelle contrattuali sino a che il Parlamento con il ricordato articolo 6 della legge 43/06 sancì la nuova articolazione di professionista specialista ed il comma 566 della legge di stabilità, prevedendo “anche percorsi formativi complementari” ribadisce di nuovo la necessità funzionale, non solo all’evoluzione della professione infermieristica ma soprattutto per dare prestazioni sanitarie sempre più avanzate e qualificate, di attuare l’infermiere specialista; ovviamente quanto sopra, con il necessario adattamento alla specificità di ogni profilo professionale, è altrettanto valido per le altre 20 professioni sanitarie della legge 251/00.
 
La validità e la scelta strategica di dar corso al processo di implementazione delle competenze avanzate era stato precedentemente e solennemente sancita dalla Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano  nell’approvare nella seduta del13novembre2014 l’ Accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislative 28 agosto 1997, n. 281, trail Governo e le Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, recante “istituzione di una Cabina di Regia per il coordinamento nazionale sulla regolazione della vita professionale ed organizzativa degli operatori del sistema sanitario” prevedendo, tra l’altro, all’articolo 2:
L'attività della cabina di regia dovrà basarsi sui seguentipresupposti:
a) Il processo di innovazione nell'organizzazione del lavoro in sanità si realizza inmodo plurale, anche con il concorso di più professioni che attuano, inautonomia, responsabilità e competenza, la salvaguardia della salute dei cittadini; II ruolo e le responsabilità diagnostiche e terapeutiche, sono in capo ai medicianche per favorirne l'evoluzione professionale a livello organizzativo eordinamentale;

b) Gli  infermieri  e le altre professioni sanitarie, nell’ambito delle responsabilità già delineate dagli specifici profili professionali di riferimento sono garanti del processo assistenziale ed è per questo che è necessaria e non più rinviabile l’evoluzione verso le competenze avanzate e di tipo specialistico;

c) I medici, i veterinari, i dirigenti sanitari, gli infermieri e gli altri professionisti dellasalute riconoscono i relativi e specifici campi di intervento, autonomia e responsabilitàanche alla luce della costante evoluzione scientifica e tecnologica, e concorrono agarantire unitarietà dei percorsi di cura e di assistenza attraverso l'integrazione  multi professionale degli obiettivi, nei sistemi complessi per obiettivi, e attraverso criteridi verifica e di valutazione degli esiti e deirisultati;
 
d) I profili professionali della dirigenza sanitaria (biologi, chimici, fisici,farmacisti, psicologi), ferme restando le specifiche competenze professionali previste dairispettivi ordinamenti legislativi vigenti, concorrono in maniera rilevanteall'effettuazionee sviluppo dei percorsi di diagnosi, cura e assistenza in ambito sanitario econtribuiscono all'integrazione professionale nei sistemi complessi in ambito multi professionaleanche alla luce della costante evoluzionetecnico-scientifica;
 
e) Medici, infermieri e gli altri professionisti della salute riconoscono e convengonoche, ferme restando le responsabilità gestionali, la responsabilità professionalesulle decisioniegliatticompiutinell'ambitodeiprocessidicuisonogarantiepersonaleè posta in capo a colui che tali decisioni e atti ha assunto e compiuto anchenell'esercizio di competenze avanzate o di tipospecialistico.
 
Il quadro delineato così come delineato con autorevolezza da tale Accordo Governo-Regioni è così chiaro che non lascia dubbio alcuno sullo scenario di riferimento nel quale dar corso all’innovazione delle competenze delle professioni sanitarie; pertanto è evidente che ora che il tutto oltre che essere messo in sicurezza e sancito da Parlamento, Governo, Regioni e Province Autonome è possibile riprendere l’iter di approvazione dei due schemi di Accordo Stato – Regioni sinora elaborati dal Ministero della Salute: il primo riguardante le implementazioni delle competenze delle professioni infermieristiche ha avuto l’approvazione da parte delle Regioni e dal Ministro alla Salute e che ha già svolto la concertazione con le rappresentanze dei profili interessati e di quello riguardante la professione di tecnico sanitario di radiologia medica che, allo stato attuale, ha avuto sinora il consenso delle rappresentanze dell’area radiologica per continuare successivamente con l’esame delle altre 19 professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e della professione di ostetrica.
 
In conclusione l’isola di Itaca è ormai prossima e la tela di Penelope è conclusa.
 
Saverio Proia

02 gennaio 2015
© Riproduzione riservata

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