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Ddl Lorenzin. Con questi ordini e con questi collegi non si va da nessuna parte

di Ivan Cavicchi

Non so come andrà a finire in Senato, i presidenti senatori giocano in casa e sono uniti da interessi trasversali, per cui presumo che avremo un finto riordino .E non so su quali spazi reali di modifica del testo unificato, possa contare il dibattito che l’onorevole De Biasi ci ha proposto.

26 AGO - Questa estate si è svolto un dibattito piuttosto acceso sul riordino degli ordini e dei collegi reso ancor più polemico soprattutto dalla questione della trasparenza. Esso, nelle intenzioni dell’onorevole De Biasi, presidente della commissione igiene e sanità del Senato che ospita la discussione (Ddl Lorenzin art 3),andrebbe esteso e rilanciato. Nel condividere tale necessità vorrei indicare quattro semplici questioni che a mio giudizio meriterebbero di essere affrontate.

La prima è chiarire il “perché” si intende fare un riordino. Questo “perché” a me non risulta chiaro tanto nelle relazioni che accompagnano le singole proposte tanto in quella del testo unificato. Perché riordinare ordini e collegi? A leggere le carte si capisce che si vuole riordinare un sistema ai fini del sistema cioè del suo sostanziale mantenimento, per “fare scena” cioè per mostrare che si fa qualcosa dal momento che si è in parlamento, e per perfezionare un potere dei presidenti che si vuole incondizionato. Il resto cioè le ragioni vere per cui si dovrebbe fare un riordino leggendo le relazioni di accompagnamento ai testi di legge restano sullo sfondo e appaiono come secondarie.

A questo punto è legittimo chiedersi: ma serve riordinare il sistema degli ordini e dei collegi? La risposta è senz’altro affermativa: sono sistemi vecchi del tutto decontestualizzati cioè nati in contesti ormai consegnati alla storia, quindi sistemi regressivi degenerati in forme di potere personale dei presidenti, con sistemi elettorali da terzo mondo, che non danno nessuna possibilità ai loro iscritti di esercitare una effettiva decisionalità, che controllano in modo spesso omertoso le loro categorie e che in molti casi decidono gli sviluppi o le interruzione di carriera, i concorsi, gli accessi alla professione, sono sistemi dispotici con meccanismi di perpetuazione del potere a mandato rinnovabile senza limiti. Per tutte queste ragioni sono sistemi che mancano alla fine i loro propri fini istituzionali quelli legati all’interfaccia tra diritti dei cittadini e doveri delle professioni.

Oggi tutte le professioni sono nelle peste per ragioni note e la loro crisi principale, che è di identità , deriva anche dal non poter disporre di strumenti moderni e trasparenti di rappresentanza. Per essere chiari la questione medica e quella infermieristica non si risolve se prima non si superano le questioni legate alla rappresentanza professionale. Cioè rappresentanza e proposta non sono separabili. Oggi la rappresentanza degli ordini e dei collegi è vistosamente al disotto dei problemi delle loro categorie.

La seconda questione è quella non di “riordinare” ma di “riformare” la vecchia concezione corporativa degli ordini e dei collegi. Cioè la riforma dovrebbe riguardare la “natura corporativa” degli ordini e dei collegi e dare spazio ad una nuova idea di rappresentanza . Nel mio piccolo ho avanzato la proposta delle “agenzie professionali “e dei “professional board”, si tratta di una consapevole mediazione tra il mantenimento della natura pubblica degli ordini e dei collegi, la loro riorganizzazione rispetto ad un scopo pubblico e un bene comune ricontestualizzato all’oggi.

La terza questione è quella della trasparenza ,dell’incompatibilità, dell’inconferibilità cioè l’applicazione dei decreti attuativi della legge per la trasparenza (l.190).Qui va chiarita una cosa alla quale tengo molto: nessuno vuole fare le scarpe ai presidenti in carica, personalmente non ho mai fatto guerre alle persone ma battaglie di rinnovamento. Ma non è colpa mia se gli interessi in gioco sono inevitabilmente ridimensionati dal cambiamento.

Che i presidenti in carica hanno tutto da perdere da un cambiamento serio lo si desume non tanto dai loro malcelati egoismi personali ma dal minimalismo delle loro “troppo personali” proposte. Essi non sono ne signori disonesti, cattivi, malvagi e ne figure importanti della storia, ma solo normali funzionari parastatali che sono stati capaci di conquistarsi certi privilegi in un certo sistema di potere e che comprensibilmente vogliono cambiare il meno possibile per evitare di perdere quello che faticosamente hanno conquistato in anni e anni di funzionariato militante.

Se a questo aggiungiamo la questione del conflitto di interesse che frena sul cambiamento, si comprende come questi presidenti indipendentemente da me sono “oggettivamente” una “questione politica”. Non cambiare oggi significa punire duramente chi è già stato ingiustamente punito, cioè le categorie professionali e i cittadini.

La quarta ed ultima questione riguarda un dato politico inquietante :sul riordino degli ordini, sulle questioni della trasparenza, sui poteri personali dei presidenti, a parte l’eroico Nursind e pochi altri ,a partire dall’altrettanto eroico collegio di Milano, i più tacciono o parlano d’altro . Ma vi siete chiesti il perché? E’ come se le categorie aspettassero che qualcuno faccia una battaglia che loro non possono fare perché se la facessero in un modo o nell’altro ci rimetterebbero l’osso del collo. Personalmente in un sistema democratico trovo inquietante tanto timor panico.

Questo sui collegi e gli ordini e sui loro presidenti è un dibattito con indosso H24 le mutande di bandone e per chiunque si definisca democratico non è un dettaglio secondario. E’ il segno di un sistema di potere degenerato nel dispostismo personale dei presidenti che rende ancor più urgente un provvedimento di riforma.

Non so come andrà a finire in Senato, i presidenti senatori giocano in casa e sono uniti da interessi trasversali , per cui presumo che avremo un finto riordino .E non so su quali spazi reali di modifica del testo unificato, possa contare il dibattito che l’onorevole De Biasi ci ha proposto...non so neanche se nella linea del riordino la linea riformatrice sarà ammessa.
 
So però che qualcosa è iniziato...che qualcosa si è rotto...e che qualcosa può cambiare. La partita vera sarà giocata non al Senato ma nelle categorie e tra le categorie. Cresce il numero di coloro che hanno capito che con questi ordini e con questi collegi ma anche con questi presidenti non si va da nessuna parte. 

Ivan Cavicchi
 


26 agosto 2014
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