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Disforia di genere. In una lettera a Schillaci la Società psicoanalitica italiana si schiera contro uso farmaci in adolescenza. Ma Società di psichiatria e Ordine psicologi prendono le distanze

di Giovanni Rodriquez

Nella lettera la Società psicoanalitica italiana ha infatti espresso “grande preoccupazione per l’uso di farmaci finalizzato a produrre un arresto dello sviluppo puberale in ragazzi di entrambi i sessi a cui è stata diagnosticata una disforia di genere". Ma la Società italiana di psichiatria ed il Consiglio nazionale degli psicologi invitano ad evitare “approcci ideologici” insistendo su interventi di tipo multidisciplinare e la personalizzazione della valutazione sul singolo caso

18 GEN -

Torna al centro del dibattito il tema della disforia di genere dopo che l’ esecutivo della Società psicoanalitica italiana, in una lettera inviata al ministro della Salute Orazio Schillaci ha espresso “grande preoccupazione per l’uso di farmaci finalizzato a produrre un arresto dello sviluppo puberale in ragazzi di entrambi i sessi a cui è stata diagnosticata una disforia di genere, cioè il non riconoscersi nel proprio sesso biologico”.

Il tema era già stato affrontato ne luglio del 2018 quando era arrivato il “parere” del Comitato nazionale di Bioetica sull’eticità dell’uso del farmaco triptorelina per il trattamento di adolescenti con disforia di genere in risposta ad un quesito sottoposto dall’Aifa. Il documento del Cnb, dopo avere delineato in sintesi i benefici e i rischi derivanti dall’uso del farmaco, avanzava alcune raccomandazioni ispirate alla cautela e alla valutazione caso per caso. Tra queste, ricordiamo, il fatto che la diagnosi e la proposta di trattamento provengano da un’équipe multidisciplinare e specialistica; e che il trattamento sia limitato a casi per i quali gli altri interventi psichiatrici e psicoterapeutici siano risultati inefficaci.


Ora la Società psicoanalitica italiana, nella lettera inviata al ministro, elenca una serie di “controindicazioni” a questo trattamento che dovrebbero essere prese in considerazione:
- La diagnosi di “disforia di genere” in età prepuberale è basata sulle affermazioni dei soggetti interessati e non può essere oggetto di un’attenta valutazione finché lo sviluppo dell’identità sessuale è ancora in corso.
- Solo una parte minoritaria dei ragazzi che dichiarano di non identificarsi con il loro sesso conferma questa posizione nell’adolescenza, dopo la pubertà.
- Sospendere o prevenire lo sviluppo psicosessuale di un soggetto, in attesa della maturazione di una sua definizione identitaria stabile, è in contraddizione con il fatto che questo sviluppo è un fattore centrale del processo della definizione.
- Anche nei casi in cui la dichiarata “disforia di genere” in età prepuberale si confermi in adolescenza, l’arresto dello sviluppo non può sfociare in un corpo diverso, sotto il profilo sessuale, da quello originario. Lo sviluppo sessuale del proprio corpo anche quando contraddice un opposto orientamento interno consente un appagamento erotico che un corpo “bloccato” o manipolato non offre.

La sperimentazione in atto, spiega la Spia, “elude un’attenta valutazione scientifica accompagnata da un’approfondita riflessione sullo sviluppo psichico e suscita forti perplessità”.

Un invito alla cautela e ad evitare ogni deriva ideologica su questo tema arriva dalla Società italiana di psichiatria (Sip). “La rilevanza del tema in oggetto ha indotto la Società Italiana di Psichiatria ad istituire, di recente, una Commissione dedicata alla disforia di genere ed alle problematiche diagnostico-terapeutiche ad essa connesse per le quali è prevista un’accurata revisione scientifica dello stato dell’arte a livello internazionale e una valutazione delle implicazioni cliniche che ne derivano, che verranno comunicati e diffusi appena disponibili”, ha spiegato a Quotidiano Sanità la presidente della Sip, Emi Bondi.

“Vista la complessità e la delicatezza del tema, sono inoltre da valutare le implicazioni sociali, delle libertà di scelta individuali e delle intersezioni con gli aspetti giuridici, tutti elementi – questi – che negli ultimi anni hanno suscitato improduttive polemiche e inutili prese di posizione sostanzialmente ideologiche”, aggiunge.

“L’assenza di studi specifici a lungo termine sui diversi interventi proposti - sottolinea la presidente Bondi - rende ancora più complessa una valutazione sia delle motivazioni alla scelta, sia delle eventuali contro-indicazioni, sia degli effetti diretti sull’organismo e sul cervello del candidato all’intervento. Le conseguenze psichiche e psicologiche degli interventi oggi a disposizione, siano esse a breve, medio e lungo termine richiedono ricerche specifiche in quanto nell’età infantile ed in quella adolescenziale si possono riscontrare - sottotraccia - problematiche tali da indurre la richiesta o di ‘modificare’ la stessa nel tempo quanto al desiderio di cambiare la propria identità sessuale. Un rischio da non correre, pertanto, è l’eventuale sottovalutazione dell’irreversibilità dell’intervento.

“Ne conseguono due obiettivi fondamentali: a) la necessità di una valutazione preliminare multidisciplinare; b) l’assoluta cautela e personalizzazione della valutazione sul singolo caso come indicato anche da istituzioni prestigiose quali la Columbia University. In sintesi, evitare ogni deriva ideologica ed ogni forma di estremizzazione sul tema – come quelle che si stanno purtroppo vedendo nell’attualità – risulta oggi fondamentale per il bene degli interessati, soprattutto nei confronti di bambini e adolescenti che già si trovano spesso, oltreché in condizioni di sofferenza, anche privi di supporto a livello decisionale e non di rado marginalizzati dalle famiglie e dal contesto di appartenenza”, conclude.

E proprio della disforia di genere si occuperà nella prossima seduta “sulla base delle indicazioni del mondo scientifico e delle società scientifiche”, il Consiglio Nazionale dell’Ordine. A spiegarlo a Quotidiano Sanità è il presidente David Lazzari. “Mi preme però sottolineare - aggiunge - che su questi temi bisogna evitare dibattiti e polemiche di tipo ideologico o politico e partire da una serena ed oggettiva valutazione delle evidenze e della letteratura scientifica disponibile, soprattutto quando si tratta di esprimere valutazioni non personali. Si tratta di temi di grande delicatezza nei quali è evidente che occorre tutelare sia le libertà di scelta individuali che il diritto alla tutela della salute. In ogni caso si tratta di una tematica che richiede sia a livello generale che nelle prassi operative delle valutazioni multisciplinari che includano in modo appropriato una valutazione di tipo psicologico e assolutamente personalizzate sulla specifica situazione”.

“Il richiamo ad evitare estremizzazioni o posizioni meramente ideologiche, oltre ad essere doveroso per chi si occupa di salute, serve anche a tutelare tutti i soggetti interessati al problema, che già si trovano in genere a vivere situazioni di forte disagio, spesso senza poter contare su contesti adeguati di supporto e sostegno”, conclude.

Giovanni Rodriquez



18 gennaio 2023
© Riproduzione riservata

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