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Operatori sociosanitari. Uil Fpl: “Contenuti del documento siano presto tradotti in atti”


Positivo il commento del segretario nazionale Uil Fpl, Maria Vittoria Gobbo, sul lavoro Ministero-Regioni sugli Oss. Chiesto a Balduzzi e alle Regioni di assumere "presto le decisioni e gli strumenti attuativi”. Ma il documento "ha un grande valore goà in sé" per aprire "un'interlocuzione regionale e aziendale".

27 LUG - Dopo il contributo del Migep e quello del Nursing Up, pubblichiamo il commento del segretario nazionale della Uil Fpl, Maria Vittoria Gobbo, sul documento elaborato dal Ministero e dalle Regioni, d’intesa con i sindacati, riguardo al profilo degli operatori sociosanitari.
 
Siamo soddisfatti per il varo del documento di proposta su “Ruolo, funzioni, formazione e programmazione del fabbisogno dell’operatore sociosanitario”, che conclude la prima fase di un lavoro nel quale abbiamo cercato di ottenere il miglior risultato possibile e che segna un punto fermo dal quale procedere per la definizione ed il raggiungimento di ulteriori obiettivi.

Fin dall’insediamento del tavolo di lavoro Ministero-Regioni-Organizzazioni sindacali-Collegi e Associazioni, si sono evidenziate come centrali le due tematiche dell’organizzazione dell’assistenza e della formazione, in tutti i suoi aspetti e criticità.
Ugualmente sono stati condivisi metodo e percorso, portando subito la discussione su un piano di concretezza, per individuare le cause che nei dieci e più anni trascorsi dall’accordo istitutivo della figura hanno impedito il pieno dispiegamento delle potenzialità dell’OSS ed il suo omogeneo inserimento nelle équipe assistenziali.

In questa logica il tavolo ha escluso dal proprio campo di azione le proposte di modifica del profilo o di creazione di nuovi profili, pure interessanti, scegliendo di lavorare sulla base della regolamentazione esistente.
Scelta che la UIL Fpl ha sostenuto ritenendo che ogni modifica del profilo, avrebbe necessitato – oltre che di un tavolo di altra natura – di maggiori tempi di  approfondimento da inquadrare in un ragionamento di sistema sul modello di assistenza verso il quale si sta andando, sui modelli organizzativi più funzionali, sul ruolo e sulle competenze dei professionisti e degli operatori del Ssn e sulla loro integrazione.

Interventi affrettati avrebbero potuto conseguire l’effetto opposto a quello desiderato e magari, facendo leva su una comprensibile aspirazione evoluzione della propria figura, favorire situazioni di implementazione di competenze e responsabilità solo per usare l’Oss come risorsa assistenziale a basso costo.

Il documento condiviso dal tavolo e sottoscritto lo scorso 4 luglio delinea – scandendoli anche in 6 precisi punti (vedi documento) - un possibile percorso:
- per dare impulso ad un progetto riorganizzativo di inserimento della figura dell’OSS in tutte le regioni del Paese,
- per ricondurre sotto un più stretto controllo del Ssn i percorsi e la programmazione della formazione,
- per affrontare i problemi lavorativi ed occupazionali,
- per valorizzare adeguatamente l’attività svolta.

A nostro avviso il primo campo in cui è necessaria una immediata e decisa presa di posizione è quello della formazione. Le informazioni raccolte nel corso del lavoro del tavolo restituiscono per molte regioni la fotografia di un sistema formativo fortemente autoreferenziale, sfilacciato e frammentato nelle varie impostazioni regionali – e non come risposta a specifiche, apprezzabili esigenze locali - portatore di una offerta sovradimensionata che alimenta il precariato e lo sfruttamento degli operatori in particolare in alcuni settori del privato e del privato sociale.

Le maggiori carenze vengono evidenziate in materia di qualità e controllo, specie quando i percorsi formativi sono stati affidati dalle regioni a soggetti privati, con la predisposizione di percorsi scarsamente qualificati e la programmazione del numero delle persone da formare non correlata alle reali capacità di assorbimento del mercato.

In questo quadro preoccupante spiccano episodi che rasentano l’incredibile, quali il mancato rilascio degli attestati – o il rilascio di attestati invalidi – al termine di percorsi formativi risultati privi della necessaria autorizzazione, l’avvio di percorsi formativi cosiddetti “minimi” che non hanno dato luogo all’acquisizione di alcun titolo ma hanno, magari, consentito la distribuzione di risorse disponibili per la formazione.

Il cattivo uso dello strumento formativo, già di per sé deprecabile, assume maggiore gravità in relazione ai costi elevati dei corsi e alla natura dell’attività della figura professionale interessata e deve, a nostro avviso, essere corretto al più presto.

Ci auguriamo che al più presto tutto il lavoro fatto possa essere speso sul territorio per sollecitare e indirizzare interventi finalizzati a risolvere i problemi più urgenti che, insieme al governo complessivo del percorso formativo, sono l’introduzione della figura – che in alcune realtà non esiste affatto - in tutto il territorio nazionale e il suo corretto inserimento nelle equipe per contribuire al miglioramento dell’assistenza.

Aspettiamo quindi che il ministro e la Conferenza delle Regioni, tenuto conto delle risultanze del tavolo, assumano le decisioni e gli strumenti attuativi più opportuni, ma il documento ha per noi un grande valore già in sé perché ci consente di aprire una interlocuzione a livello regionale, e anche aziendale, sulla base di considerazioni e obiettivi condivisi – seppure in sede tecnica – con Ministero, Regioni, Ordini e Associazioni professionali.

Maria Vittoria Gobbo
Segretaria nazionale Uil Fpl

 

27 luglio 2012
© Riproduzione riservata

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