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Bortone (Conaps): “Troppi abusivi. Servono gli Ordini”


07 MAG - Intervista ad Antonio Bortone, presidente Conaps – Coordinamento Nazionale Associazioni Professioni Sanitarie

di Lucia Conti
 

Presidente, il fenomeno dell’abusivismo nelle professioni sanitarie raggiunge cifre che superano quelle degli operatori qualificati. In pratica, un cittadino ha più possibilità di finire nelle mani di un professionista abusivo che di uno qualificato.
Sì, ed è una situazione inaccettabile, che danneggia i pazienti ma anche il professionista serio e qualificato, il cui profilo viene screditato e usurpato da coloro che si appropriano di un titolo fuori da ogni diritto e legge. C’è inoltre un altro aspetto, che è quello della competizione di mercato, che dovrebbe essere sempre basata sulla qualità della prestazione. In questa situazione, invece, la concorrenzialità, oltre ad essere illegale, è legata ai prezzi, perché i professionisti fuori legge non riconoscono alcun regolamento di categoria e offrono tariffe così basse da diventare facili intercettatori dell’utenza, soprattutto in questo momento di crisi generale. Ma l’aspetto più delicato è che i professionisti abusivi vincono la concorrenza praticando prezzi più bassi, ma a discapito della qualità delle prestazioni. Millantano titoli, a volte aulici e addirittura fantasiosi, catturando l’ingenuità e la carente conoscenza del cittadino.
La questione più grave è  che nell’attuale sistema alimentano il mercato abusivo perché chi esercita senza titoli rimane impunito. Questo a causa dell’assenza, per le professioni sanitarie, di quello che dovrebbe essere l’organismo di tutela primario, cioè l’Ordine professionale.
 
Però  casi di abusivismo si sono registrati più  volte anche tra i medici, nonostante per questi professionisti esista un Ordine nazionale.
Si, ma quando si scopre un caso medico di abusivismo, l’Ordine ha potere di intervento e quella persona viene allontanata dal sistema e contro di lui scattano conseguenze penali. È vero che l’Ordine non ha possibilità di sradicare completamente il fenomeno, ma ha il diritto e la funzione di sorveglianza, così come il potere di costituirsi parte civile e presentare una denuncia contro l’abusivo per esercizio illecito della professione.
Nel nostro caso, non esistendo organismi di sorveglianza, l’abusivo può essere perseguito solo se colto in flagranza di reato o se denunciato da un paziente che può dimostrare il danno subìto. Infatti, se si può solo dimostrare che qualcuno esercita senza averne i titoli nel proprio studio professionale, ma non c’è denuncia e prova di danneggiamento da parte del paziente, l’abusivo è passibile solo di ammende amministrative. L’Ordine, invece, può costituirsi parte civile e portare avanti la causa affinché il reato sia punito seriamente.
Purtroppo, invece, la legislazione lascia vulnerabili le professioni sanitarie e in uno stato di imparità. Oggi esistono professioni sanitarie di serie A e di serie B. Quelle di serie A, come i medici e gli infermieri, hanno Ordini e Collegi. Quelle di serie B, pur avendo lo stesso status giuridico di professione sanitaria, autonoma, responsabile e titolata (riconosciuto dalla legge 43/2006), non fanno capo ad alcun organismo garante della categoria. Eppure i profili sanitari di cui facciamo parte sono riconosciuti dal ministero della Salute ed esercitano un’attività che è a tutti gli effetti rappresentativa del sistema sanitario. Ma continua a venirci negata la possibilità di avere un Ordine che svolga un ruolo di sorveglianza e di garanzia, contrastando e punendo chi inganna i pazienti e i professionisti seri, usurpando competenze e qualifiche.  
 
Secondo la vostra indagine, tuttavia, non si tratta sempre di stregoni, ma anche di altri professionisti che hanno titoli diversi ma nell’ambito della stessa materia. Il rischio per il cittadino, in questo caso, è da ritenersi inferiore?
No. Prenda il caso dei fisioterapisti, spesso sostituiti dai laureati in Scienze motorie. Questi laureati non possono, per il loro profilo legislativo, esercitare in ambito sanitario, perché non hanno competenze in ambito clinico. La laurea in Scienze motorie abilita all’insegnamento dell’educazione fisica, che si applica in uno stato di salute sano. Il laureato in Scienze motorie non conosce le patologie, così come l’infermiere non ha acquisito, nel corso del suo piano di formazione, competenze tecniche di laboratorio.
Il fatto che i professionisti entrino nel campo di attività di altri è completamente illegale e non esclude la possibilità di danneggiare il paziente, anche in maniera grave. D’altra parte, se queste professioni fossero interscambiabili, i loro corsi formativi sarebbero affini, mentre non è così.
Certo, un nutrizionista che esercita abusivamente la professione di dietista probabilmente danneggerà  il paziente in maniera meno grave di un abusivo che non ha alcun tipo di competenza in fatto di alimentazione. Ma di fronte alle patologie dell’alimentazione, il paziente ha bisogno di un professionista che abbia saperi clinici specifici.
 
Il Parlamento sta comunque discutendo un disegno di legge per l’istituzione degli Ordini delle professioni sanitarie per attuare finalmente quanto disposto dalla legge del 2006. Intravede un futuro positivo, dunque?
Il ddl 1142 attualmente giace presso la commissione Igiene e Sanità del Senato. Abbiamo chiesto e acquisito impegni da parte di molti rappresentati politici, a partire dalla relatrice Laura Bianconi e dal presidente della commissione Antonio Tomassini. Siamo in attesa di un feedback che abbiamo sollecitato più volte, ma quanto ai tempi per l’approvazione, è impossibile fare previsioni. Eppure il ddl è stato attribuito in sede deliberante, perché di fatto rappresenta una volontà bipartisan che nasce da lontano. Il primo processo di istituzione degli Ordini delle professioni sanitarie risale al ddl 4216 del 1999, passato alla storia come legge 42 del 1999 (Disposizioni in materia di professioni sanitarie), ma con lo stralcio del comma 1 dell’art. 1 che prevedeva, appunto, l’istituzione degli Ordini professionali. Nel 2007 c’era stata una nuova fase di discussione sulla base della delega del governo (prima Berlusconi e poi Prodi) prevista dalla legge 43 del 2006. Delega che tuttavia i governi hanno lasciato decadere. Oggi ci troviamo un nuovo disegno di legge, 1142, calendarizzato, attribuito alla relatrice e che ha raccolto emendamenti. Ma è un iter che ancora non scorge all’orizzonte la destinazione definitiva.
Da parte nostra, comunque, continueremo a sollecitare l’impegno, forti anche del sostegno dei cittadini: dai malati, rappresentati dalle associazioni dei pazienti; ai “certificatori”, come il Tdm; a quello dell’utente-consumatore, rappresentato da Federconsumatori. Un mondo che chiede tutela, e che si unisce alle voci dei professionisti sanitari, che chiedono garanzie, dignità ed equa rappresentanza all’interno del sistema sanitario.
 

07 maggio 2010
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