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Legge 194. Bonino (Più Europa) sollecita Grillo a presentare relazione al Parlamento


Nell'interrogazione parlamentare del 15 gennaio, la senatrice chiede al Ministro della Salute i motivi di tale ritardo e solleva diverse questioni inerenti l'applicazione della legge, tra cui l'alto numero di obiettori (71%) presenti nel nostro paese e l'obbligo di ricovero per IVG, con le conseguenti ricadute sulla spesa sanitaria pubblica. IL TESTO DELL'INTERROGAZIONE

17 GEN - L'interrogazione parlamentare del 15 gennaio di Emma Bonino al Senato solleva la questione della mancata presentazione della relazione annuale sull'applicazione della legge 194.
 
La norma che sancisce il diritto della donna all'interruzione volontaria di gravidanza, prevede, all'art. 16, che: "entro il mese di febbraio, a partire dall'anno successivo a quello dell'entrata in vigore, il Ministro della Sanità presenti al Parlamento una relazione sull'attuazione della legge stessa e sui suoi effetti, anche in riferimento al problema della prevenzione. Le regioni - spiega Bonino - sono tenute a fornire le informazioni necessarie entro il mese di gennaio di ciascun anno, sulla base di questionari predisposti dal Ministro".
 
"Negli ultimi 40 anni le interruzioni di gravidanza, nel complesso, sono fortemente diminuite - spiega Bonino -: nel 1983 erano pari a 233.976, mentre già 20 anni dopo, nel 2013, si erano più che dimezzate (102.760) e ora sono di poco inferiori agli 85.000 casi all'anno. Nel 2016 il numero di interruzioni volontarie di gravidanza è stato di 84.926, con una riduzione del 3,1 per cento rispetto al 2015. A influire su questo cambiamento sono intervenuti diversi fattori, tra i quali l'abolizione dell'obbligo di prescrizione medica dei contraccettivi di emergenza ormonali, quali la pillola del giorno dopo e la pillola dei cinque giorni dopo".
 
"Secondo la relazione annuale trasmessa nel 2017 dal ministro pro tempore della Salute, Lorenzin e riportante i dati del 2016, oltre 7 medici ginecologi su 10 sono obiettori (71 per cento), confermando una tendenza in atto da diversi anni (nel 2005 erano il 58,7 per cento)". Si evidenziava, inoltre, "che i consultori sono 0,6 ogni 20.000 abitanti (il Progetto obiettivo materno infantile del 2000 ne prevedeva 1 ogni 20.000 abitanti), rilevando, però, che 'molte sedi di consultorio familiare sono servizi per l'età evolutiva o dedicati agli screening dei tumori e pertanto non svolgono attività connessa al servizio IVG'. Dunque i consultori, di fatto, sono sempre meno, con équipe incomplete, mortificati e ridotti all'osso, impossibilitati a svolgere quel ruolo specifico definito dalla legge n. 405 del 1975 e fondamentale per una reale azione di prevenzione del ricorso alla IVG".
 
Relativamente alla metodica farmacologica "si rileva una stabilità nella percentuale di IVG con uso di farmaci rispetto al totale delle IVG (15,7 per cento nel 2016; 15,2 per cento nel 2015). I dati confermano la sicurezza della metodica analogamente a quanto rilevato dall'esperienza ormai più che trentennale di altri Paesi, con la differenza che altrove la procedura viene eseguita a casa o in regime ambulatoriale, mentre in Italia si impone il ricovero ordinario con un significativo impiego di risorse per il Servizio sanitario nazionale. La stessa Food and drug administration (FDA), alle cui linee guida avevano fatto esplicito riferimento le linee di indirizzo per la IVG farmacologica del Ministero della salute, nel 2016 ha acquisito i dati di sicurezza della metodica, raccomandando il regime ambulatoriale e la somministrazione 'at home' della prostaglandina".
 
La senatrice chiede dunque "per quale motivo non sia stata ancora depositata la relazione al Parlamento sulla legge n. 194 del 1978, come previsto dall'art. 16, quando tale deposito avverrà e se vi siano motivi ostativi.
 
Alla luce delle criticità evidenziate in relazione all'ultima rilevazione effettuata, quali provvedimenti il Ministro in indirizzo intenda assumere per garantire una corretta applicazione della legge n. 194, che non crei pregiudizio alle donne che accedono all'interruzione volontaria di gravidanza.
 
In particolare, in osservanza al dettato della legge, che all'art. 15 promuove l'uso delle 'tecniche più moderne e più rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione di gravidanza', se intenda facilitare l'accesso alla metodica farmacologica anche in regime ambulatoriale per le gravidanze fino a 7 settimane e allargare il limite per il farmacologico a 9 settimane, come negli altri Paesi europei, in accordo con la correttezza della procedura del mutuo riconoscimento, disattesa nel nostro Paese, che, peraltro - conclude Bonino -, andrebbe incontro ai diritti delle donne e al bilancio dello Stato".

17 gennaio 2019
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