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Superamento Opg. De Biasi: “Le Rems siano vere strutture di riabilitazione e non di contenzione”


Le Rems sono state attivate in quasi tutte le Regioni, ma non mancano criticità. Bisogna rafforzare il territorio dando impulso ai Dipartimenti di salute mentale. Creare una cabina di regia regionale forte che dialoghi con gli enti locali. Ma soprattutto occorre una modifica al codice penale sulle misure di sicurezza provvisorie e le infermità sopravvenute. Questi i temi discussi oggi in Senato in un convegno promosso dalla Commissione Sanità

16 FEB - A quasi due anni dall’ultima proroga per la chiusura definitiva degli Opg sicuramente molto è stato fatto, ma ci sono ancora maglie deboli da rinforzare. Le “Residenze” che dovrebbero sostituire quella che è stata chiamata una delle vergone del Ssn sono state attivate in quasi tutte le Regioni (rimangono ancora da aprire quelle di Caltagirone e di Empoli, ma sono in dirittura di arrivo, mentre l’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto sta per chiudere i battenti) e hanno visto transitare più di 900 persone e uscirne circa 400, a dimostrazione che il sistema funziona e che le Rems non sono un carcere a vita. Una macchina che ha però funzionato grazie all’impegno e al grande entusiasmo del personale che vi opera. Una forza che potrebbe però esaurirsi se non si interviene rapidamente a sanare le maglie deboli appunto, ed evitare che la logica manicomiale si ripresenti in strutture nate proprio per abbatterla.
 
È questo il quadro emerso dal convegno Dopo il superamento degli Opg. Quali criticità e quali prospettive” organizzato dalla Commissione igiene e Sanità oggi a Palazzo Madama, che ha tracciato le coordinate per evitare che si riapra la stagione degli Opg.
 
Le maglie deboli. Per evitare un ritorno al passato, secondo le indicazioni emerse, bisogna rafforzare il territorio dando impulso ai Dipartimenti di salute mentale. Creare una cabina di regia regionale forte che dialoghi con gli enti locali. Soprattutto occorre una modifica al codice penale sulle misure di sicurezza provvisorie e le infermità sopravvenute (questo per evitare che vengano ospitati nelle Rems persone con “misure di sicurezza provvisoria” dell’autorità giudiziaria e non con uno “stato di infermità” accertato in via definitiva). Una revisione della legge che  operi anche un rinnovamento “lessicale”, perché le parole “Opg” e ”internati” sono rimaste nero su bianco,nelle pagine del Codice.
 
Deve anche cambiare l’atteggiamento dei magistrati di cognizione che ancora prevedono il ricovero in Rems anche quando non è necessario, andando contro la stessa legge. C’è poi il problema di perizie spesso “stravaganti”, che non tengono in considerazione che il proscioglimento per incapacità di intendere e di volere debba essere dato con rigore. Ci sono poi criticità per le donne ospietate nelle strutture:  sono poche e rischiano di vivere in situazioni di promiscuità con residenti uomini e di non ricevere le cure adeguate.
In ogni modo, difronte alle tante criticità, gli strumenti per evitare che il processo di rinnovamento non rimanga incagliato nelle secche di un sistema che va rinnovato ci sono. A partire da un emendamento al Ddl 2067 di modifica al codice penale e al codice di procedura penale - con il quale si rischia di riaprire la stagione degli Opg facendo entrare nelle Rems detenuti senza le caratteristiche idonee - che vede come prima firmataria la presidente della Commissione Igiene e Sanità, Emilia Grazia De Biasi.
 
“Oggi si chiudono gli Opg e abbiamo lavorato in questa direzione in piena cooperazione con il Governo e il commissariò Corleone – ha spiegato Emilia Grazia De Biasi, Presidente della Commissione Sanità del Senato – ora dobbiamo passare alla fase due, ossia l’istituzione delle Rems su tutto il territorio nazionale facendo sì che, secondo il dettato della legge, siano strutture di riabilitazione e non di contenzione. Il tema è quindi quello di aprire i servizi sul territorio in modo che tutti possano avere accesso alle cure per salute mentale. Soprattutto bisogna riformare il processo penale. E l’emendamento a mia prima firma va in questa direzione: dobbiamo evitare che le persone in carcere con un disagio psichico, qualunque sia, passino automaticamente nelle Rems. Questo significherebbe riaprire i manicomi giudiziari. Dobbiamo invece lavorare per la salute in carcere. Le Rems sono strutture riabilitative per le persone che hanno già una condanna. Strutture nate per evitare l’ergastolo bianco e che devono consentire alle persone di poter tornare nelle proprie città dopo aver pagato un tributo fin troppo pesante per quello che hanno commesso”.
 
E i contenuti dell’emendamento della senatrice hanno incassato il plauso di Gennaro Migliore, Sottosegretario del Ministero della Giustizia secondo il quale  un suo recepimento sarebbe opportuno.
 
“Oggi si chiude definitivamente una pagina triste per il nostro Paese. Ma, siamo anche consapevoli che la partita non si chiude qui” ha detto senatrice Nerina Dirindin, capogruppo Pd in Commissione sanità e relatrice dell'indagine conoscitiva per 'La sostenibilità del Ssn”. “Ora si tratta di monitorare, accompagnare le Regioni in questo percorso e spingere per ulteriori miglioramenti, soprattutto servirà capire come e meglio riorganizzare i servizi sul territorio. L'approccio culturale è cambiato, si è superata la logica manicomiale – ha aggiunto Dirindin –  ma ancora molto resta da fare per le persone con disagio mentale. Ed è su queste e sull'organizzazione dei dipartimenti di salute mentale e su una rete di servizi ‘forti’ di salute mentale sul territorio ed una effettiva inclusione sociale e lavorativa che va la nostra attenzione. Perché è su queste delicate problematiche che il Ssn deve avere uno scatto, uno sviluppo culturale e nostro compito sarà accompagnare questo processo”.
 
“A distanza di sette anni dall’avvio dei lavori della commissione d’inchiesta sugli Opg oggi salutiamo con grande soddisfazione un risultatoche dà conto di un alto senso di responsabilità e di un lavoro svolto in due legislature, attraverso l’impegno, le sinergie e le competenze del ministero della Salute, certo, ma anche di quello  della Giustizia e dell’Interno, della Commissione Sanità in questa legislatura, nonché delle Regioni per gli aspetti organizzativi e dell’insostituibile, prezioso lavoro dei carabinieri del Nas” ha sottolineato il senatore Luigi D'Ambrosio Lettieri (CoR) ricordando che “la partita, però, non può definirsi chiusa”.
 
“I punti di criticità sono ancora numerosi e vanno affrontati – ha aggiunto – uno di questi, su cui credo sia necessario e urgente intervenire, è quello della capacità ricettiva delle Rems, da non considerare come un problema relativo al numero inadeguato di strutture.  Il vero problema sta nella inadeguatezza dei percorsi di appropriatezza, in quanto il principio di infermità mentale giuridica non corrisponde molto spesso alle patologie mentali di cui si occupa il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Il problema della scarsa appropriatezza andrebbe posto all’attenzione dei soggetti interessati e andrebbe individuato uno strumento normativo efficace. Vanno messi dei paletti per garantire un corretto utilizzo delle Rems che non possono trasformarsi in strutture di tipo penitenziario con la polizia a fare da scorta: questo vanificherebbe quel percorso culturale che abbiamo intrapreso”.

A tracciare un quadro dettagliato dello stato dell’arte della fase di passaggio dagli Opg alle Rems è stato Franco Corleone, Commissario unico del Governo  per superamento Opg. “Con la chiusura degli Opg abbiamo avviato il superamento della logica manicomiale e valutato le criticità che sono emerse nell’avvio delle Rems – ha detto – La riforma anche se contiene molte contraddizioni ha dimostrato che può funzionare grazie all’impegno del personale motivato dal partecipare ad una grande rivoluzione. Oggi  sono presenti 570 persone. In questo periodo sono transitate 950 persone e ne sono uscite 415. Questo vuol dire che il rapporto con il territorio c’è. Non ci sono ergastoli bianchi. Soprattutto si esce dalla Rems. E questo è il dato significativo. Dobbiamo però rispettare il principio della territorialità assoluta, le persone devono essere ospitate nelle strutture che ricadono nella loro Regione di provenienza; ed anche il numero chiuso, non tutti possono entrare nelle Rems e rifiutare la pratica della contenzione”.
 
Corleone ha poi puntato i riflettori sulle criticità.“Dobbiamo evitare il rischio che la logica manicomiale si ripresenti in strutture che invece devono avere un carattere di ben diverso anche perché dalle Rems si deve uscire e non stare fino alla morte. Serve una modifica del codice penale per quanto riguarda le misure di sicurezza provvisorie e le infermità sopravvenute. Deve anche cambiate l’atteggiamento dei magistrati di cognizione che ancora prevedono il ricovero in Rems anche quando non né necessario andando contro la stessa legge. C’è poi un problema con perizie spesso “stavaganti e sciatte”: il proscioglimento per incapacità di intendere e di volere va dato con rigore. Per questo credo che i magistrati debbano sempre chiedere un doppio parere. Ci sono poi grandi criticità per le donne che sono poche e rischiano di vivere in situazioni di promiscuità e di non ricevere le cure adeguate.
 
“Ora dobbiamo governare il passaggio dalle Rems provvisorie a quelle definitive – ha aggiunto –  un processo che potrebbe durare anche tre anni e il quesito su chi governerà questo passaggio è ancora aperto. Credo serva un organismo di monitoraggio e coordinamento, le Rems non possono essere abbandonate a loro stesse. Ora rispondono alle Asl di riferimento, ma questo è impensabile per persone con un disturbo psichiatrico messo in luce perché hanno operato un reato. Il tema è quindi superare questa contraddizione. Devono essere governate dalla Regione con un punto centrale di raccordo. Bisogna trovare un coordinamento efficace tra Regione, Stato e garante dei diritti delle persone. È un a bella avventura che si può realizzare aiutando i processi di rafforzamento della psichiatria sui territori”.
 
Il quadro regionale. Mila Ferri del Coordinamento tecnico delle Regioni ha infine fotografato gli scenari regionali. “A due anni dalla riforma, grazie ad un personale molto motivato, tutte le Regione hanno aperto almeno una Rems, ad eccezione dell’Umbria che ha stretto un accordo con la Toscana. E le esperienze italiane stanno facendo scuola in Europa. Nelle Rems c’è un buon turn over sicuramente più elevato degli Opg. Soprattutto dove c’è una forte regia regionale le cose vanno meglio: delegare tutto alle Rems non aiuta. Ci sono anche difficoltà dei Dsm ad accogliere misure di sicurezza non detentive per una non completa conoscenza della riforma, ed anche resistenze culturali e timori. Pericoloso poi l’incremento di misure di sicurezza. I magistrati tendono ad utilizzare queste misure più di prima, e a questo si aggiunge il problema dei periti che lavorano in autonomia. Inoltre il rapporto tra Ssn e magistrature di cognizione quando presente è frammentario e basato sull’urgenza. Non c’è poi una completa attuazione della regionalizzazione per le sezioni di salute mentale in carcere. Serve quindi una forte regia regionale, una formazione dei professionisti una relazione con gli enti locali e le comunità per confrontarci anche sui diversi modelli”.
 
“Proprio in queste giorni gli ultimi internati saranno dimessi dall’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto. Chiuderà finalmente l’ultimo manicomio giudiziario – ha infine ricordato Stefano Cecconi di StopOpg – Così finisce la storia dei sei Opg italiani, l’ultimo baluardo manicomiale che era rimasto in funzione anche dopo la riforma Basaglia. In questi luoghi, che il Presidente Napolitano ha dichiarato orribili e indegni per un Paese civile, sono state internate migliaia di persone. Ma la battaglia non è finita. Ora si apre una nuova fase, che deve assegnare alle Rems un ruolo utile ma transitorio e anzi residuale. Non dobbiamo sostituire i ‘vecchi contenitori’ manicomiali, gli Opg, solo con questi nuovi luoghi, certo più decorosi ma pur sempre di detenzione. Ora, come prevede la riforma degli Opg - la legge 81/2014 - si deve puntare decisamente al potenziamento dei servizi di salute mentale e del welfare locale, costruendo così concrete alternative alla logica manicomiale, per affermare il diritto alla salute mentale e alla piena e responsabile cittadinanza per tutte le persone, senza distinzione, come vuole la nostra Costituzione”.

16 febbraio 2017
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