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Referendum. “Ecco perché il No farà bene alla sanità”. L’appello dei senatori di Forza Italia

di A.Mandelli, P.Romani, M.Rizzotti, M.Gasparri, E.Floris e S.Zuffada

Votare No a questa riforma della Costituzione vuol dire, per la sanità, dire No a un riassetto dei poteri approssimativo che non cambierà lo stato delle cose ma molto probabilmente lo renderà più confuso e complesso dell’attuale. E nella confusione sarà più facile tagliare ancora le prestazioni rese ai cittadini, i compensi per i professionisti e le strutture e, in una parola, la salute

30 NOV - In queste ultime settimane di campagna elettorale per il referendum costituzionale del 4 dicembre, dal Presidente del Consiglio Renzi in giù si fanno sempre più frequenti i riferimenti alla sanità. Farmaci oncologici per tutti, sanità a livelli eccelsi in tutta Italia, fine del contenzioso tra Stato e Regioni su “chi fa che cosa” in sanità.
 
Insomma, per il Presidente Renzi, i suoi ministri e i suoi parlamentari, con la nuova Carta costituzionale, avremo la sanità che tutti si aspettano da anni. Efficiente, senza sprechi e differenze tra le Regioni nei livelli di assistenza, senza più ritardi nella messa in campo di nuove cure e via dicendo.
 
Bello, senza dubbio… Se fosse vero! Il problema, infatti è che tutto questo, nella riforma Renzi/Boschi, non c’è scritto e il castello costruito nella foga di una campagna elettorale che vede sempre più in difficoltà il fronte del Sì, è costruito su fondamenta molto fragili.
 
Basta leggere che cosa è effettivamente scritto nel nuovo articolo 117 che riforma il TitoloV. In quell’articolo si dice che spetta allo Stato la potestà legislativa sulle “disposizioni generali e comuni per la tutela della salute e per le politiche sociali” e alle Regioni “la potestà legislativa in materia di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali”.
 
Da questa ripartizione delle competenze si può sperare di ottenere i “miracoli” sbandierati a destra e a manca dai fautori del Sì? Decisamente No.
Anzi, il nuovo assetto dei poteri tra Stato e Regioni non farà altro che riattivare il contenzioso costituzionale perché la commistione di competenze di Stato e Regioni sulla sanità, resta.
 
Con l’aggravante che ora si dovrà chiarire che cosa siano realmente le “disposizioni generali e comuni”, che sono di competenza dello Stato, in rapporto agli ambiti legislativi esclusivi che restano comunque di competenza delle Regioni.
 
Tutto ciò, come dicevamo riattiverà il contenzioso, che oggi in realtà si è ormai molto ridimensionato in virtù della giurisprudenza della Corte Costituzionale, che nel tempo ha fatto chiarezza. Viene così vanificato uno degli scopi dichiarati di questa riforma.
 
Inoltre, e questo è ancora più grave, nulla cambierà per quanto riguarda i poteri di controllo dello Stato nei confronti di quelle Regioni meno efficienti o comunque in ritardo nell’assicurare servizi o prestazioni.
 
Già oggi il Governo fissa i LEA e ha il compito e il dovere di vigilare su qualità e modalità dell’erogazione delle prestazioni previste: con la nuova riforma nessun nuovo potere viene dato al Governo.
 
Anzi: se alle Regioni competono in via esclusiva organizzazione e programmazione si sottraggono al livello centrale materie come la determinazione del numero dei posti letto, che sono un aspetto organizzativo ma che incide tantissimo sull’assistenza resa al cittadino.
 
Ed è una questione organizzativa anche scegliere di affidare certe prestazioni alle strutture pubbliche o a quelle private convenzionate, o a entrambe, e con quali modalità. Se già oggi si riscontrano situazioni molto differenti, che cosa accadrà quando sull’organizzazione decideranno soltanto le Regioni senza possibilità di intervento?
 
Allora perché sbandierare che d’improvviso la sanità diventerà efficiente, puntuale e di qualità eccelsa senza alcuna differenza tra Bolzano e Palermo? Purtroppo è solo propaganda elettorale.
 
Le disparità tra le Regioni resteranno tali e quali ad oggi. Anzi, si aggraveranno, perché la riforma Renzi/Boschi non “tocca” le Regioni e Province autonome, con il risultato che a quel punto avremo un’Italia non più a “due” ma a “tre” velocità!
 
Vi sono disparità regionali che hanno origine da leggi ordinarie, che si possono eliminare senza scomodare la Carta costituzionale: è il caso della distribuzione diretta dei farmaci che sta strangolando le farmacie di comunità e costringe i cittadini a spostamenti e code per ricevere i medicinali prescritti. Si riformi la Legge 405 che l’ha istituita, non la Costituzione.
 
Oppure il caso della frammentazione degli accordi con i medici di medicina generale, così diversi da Regione a Regione. Basterebbe stabilire regole certe e parità di servizi per i cittadini con la convezione nazionale impedendo scelte contrastanti, se non motivate da effettive esigenze particolari legate alla peculiarità del territorio. E per far questo non serve certo cambiare la Costituzione!
 
Ma consideriamo uno degli argomenti più sbandierati: la possibilità di dare a tutti i cittadini che ne hanno bisogno i farmaci innovativi, per tumori o per epatite C, diabete e altre malattie ancora. Si tace il fatto che le attuali ineguaglianze dipendono molto semplicemente dal finanziamento insufficiente dell’assistenza farmaceutica, da sempre considerata uno dei bancomat della cassa pubblica. Servono leggi di bilancio meno prodighe di regali elettorali e più corrette nei confronti dei bisogni reali dei più fragili.
 
Sappiamo bene che i problemi della sanità esistono e che ancora oggi i cittadino usufruiscono di un trattamento differente a seconda di dove si trovano a risiedere. Ma la via per risolvere questa situazione non è la Costituzione, è il buon Governo. E questo, purtroppo, è mancato e sta mancando.
 
La soluzione è applicare finalmente costi e parametri standard per i servizi basandosi su quelli delle Regioni che in tutti questi anni hanno assicurato qualità, efficienza e buona amministrazione.
 
Votare No a questa riforma della Costituzione vuol dire, per la sanità, dire No a un riassetto dei poteri approssimativo che non cambierà lo stato delle cose ma molto probabilmente lo renderà più confuso e complesso dell’attuale. E nella confusione sarà più facile tagliare ancora le prestazioni rese ai cittadini, i compensi per i professionisti e le strutture e, in una parola, la salute.
 
Senatore Andrea Mandelli
Senatore Paolo Romani
Senatrice Maria Rizzotti
Senatore Maurizio Gasparri
Senatore Emilio Floris
Senatore Sante Zuffada
 


30 novembre 2016
© Riproduzione riservata

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