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Hiv. Nel 2014 oltre 3mila nuove diagnosi di infezione. Lazio, Lombardia ed Emilia Romagna le regioni con la più alta incidenza. Ecco la relazione al Parlamento


L'Italia si colloca al 12° posto in Europa in termini di incidenza. Le persone che hanno scoperto di essere Hiv positive nel 2014 sono maschi nel 79,6% dei casi, ed hanno un'età mediana di 39 anni per i maschi e 36 per le femmine. L'incidenza più alta è stata osservata tra le persone di 25-29 anni. Nel 2014 la maggioranza delle nuove diagnosi è attribuibile a rapporti sessuali senza preservativo tra eterosessuali. LA RELAZIONE

18 MAR - Nel 2014, sono state segnalate 3.695 nuove diagnosi di infezione da Hiv (questo numero potrebbe aumentare a causa del ritardo di notifica) pari a un’incidenza di 6,1 nuovi casi di Hiv positività ogni 100.000 residenti. Tra le nazioni dell’Unione Europea, l’Italia si colloca al 12° posto in termini di incidenza Hiv. Le regioni con l’incidenza più alta sono state il Lazio, la Lombardia e l’Emilia-Romagna. Le persone che hanno scoperto di essere Hiv positive nel 2014 sono maschi nel 79,6% dei casi, hanno un’età mediana di 39 anni per i maschi e di 36 anni per le femmine. L’incidenza più alta è stata osservata tra le persone di 25-29 anni (15,6 nuovi casi ogni 100.000 residenti). Questi alcuni dei dati presenti nella relazione 2014 del Ministero della Salute  inviata al Parlamento il 23 febbraio 2016, per illustrare le attività svolte dal Ministero nell'ambito dell'informazione, prevenzione, assistenza e attuazione di progetti relativi all' Hiv/Aids.

La maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv è attribuibile a rapporti sessuali senza preservativo, che costituiscono l’84,1% di tutte le segnalazioni (eterosessuali 43,2%; MSM 40,9%).

Il 27,1% delle persone diagnosticate come Hiv positive è di nazionalità straniera. Nel 2014, l’incidenza è stata di 4,7 nuovi casi ogni 100.000 tra italiani residenti e di 19,2 nuovi casi ogni 100.000 tra stranieri residenti. Le incidenze più elevate tra stranieri sono state osservate in Lazio, Campania, Sicilia e Molise. Tra gli stranieri, la quota maggiore di casi è costituita da eterosessuali femmine (36,0%), mentre tra gli italiani da MSM, maschi che fanno sesso con maschi, (49,0%)
 
Il 34,9% delle persone con una nuova diagnosi di infezione da Hiv è stato diagnosticato con un numero di linfociti CD4 inferiore a 200 cell/μL e il 53,4% con un numero inferiore a 350 cell/μL.
 
In Umbria e nella Provincia Autonoma di Trento l’esecuzione del test di avidità anticorpale, che permette con una buona approssimazione di identificare le infezioni recenti, ha evidenziato che, nel 2014, il 17,5% delle persone con una nuova diagnosi di infezione da Hiv ha verosimilmente acquisito l’infezione nei 6 mesi precedenti la prima diagnosi di Hiv positività.

Il 26,4% delle persone con una nuova diagnosi di infezione da Hiv ha eseguito il test Hiv per la presenza di sintomi Hiv-correlati, il 21,6% in seguito a un comportamento a rischio non specificato e il 10,0% nel corso di accertamenti per un’altra patologia.

La sorveglianza dei casi di Aids riporta i dati delle persone con una diagnosi di Aids conclamato. Dall’inizio dell’epidemia, nel 1982, a oggi sono stati segnalati oltre 67.000 casi di Aids, di cui circa 43.000 segnalati come deceduti .
Nel 2014, sono stati diagnosticati 858 nuovi casi pari a un’incidenza di 1,4 nuovi casi per 100.000 residenti.

È diminuita nel tempo la proporzione di persone che alla diagnosi di Aids presenta un’infezione fungina, mentre è aumentata la quota di pazienti che presenta un’infezione virale o un tumore.
 Nel 2014, poco meno di un quarto delle persone diagnosticate con Aids ha eseguito una terapia antiretrovirale prima della diagnosi.

Il fattore principale che determina la probabilità di avere effettuato una terapia antiretrovirale prima della diagnosi di Aids è la consapevolezza della propria sieropositività: tra il 2006 e il 2014 è aumentata la proporzione delle persone che arrivano allo stadio di Aids conclamato ignorando la propria sieropositività, passando dal 20,5% al 71,5%.
 
In Italia, il 90,9% delle persone con infezione da Hiv è seguito presso i centri clinici di malattie infettive; di queste, il 92,6% è in terapia antiretrovirale, e di quest’ultime, l‟85,4% ha raggiunto la soppressione virale.
 
Nella relazione si segnala come tanto sia stato fatto nel nostro Paese, negli ultimi trenta anni, per affrontare l’Aids ma molto rimane da fare per controllare ed eliminare questa malattia.
Uno dei punti chiave evidenziato è la comunicazione, istituzionale e non solo, diffusa in molteplici contesti per rafforzare la percezione del rischio dell’infezione da Hiv, sensibilizzare sulla modalità di trasmissione e sulle misure di prevenzione. Questo perché la cura dell’Aids e delle infezioni da Hiv non si limita ai soli aspetti diagnostici, clinici e terapeutici, ma richiede altrettanta attenzione per l’implementazione di misure preventive. Tra le prime è fondamentale la diagnosi precoce, che si può ottenere solo attraverso una maggiore e soprattutto mirata offerta attiva del test, favorendone l’accessibilità, così come va favorito l’accesso ad una terapia precoce ed appropriata. 

18 marzo 2016
© Riproduzione riservata

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