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Medici e pazienti ingabbiati nella medicina “amministrata” voluta da Governo e Regioni

di Ivan Cavicchi

Nell’intesa oggi all’esame della Conferenza Stato Regioni si prevede una serie di misure in nome dell’appropriatezza prescrittiva. Ma il fatto di sanzionare i medici e i malati per presunti comportamenti inappropriati ci dice in modo inequivocabile che la parola finale sulle regole di erogabilità delle prestazioni non spetta né al malato e né al medico

29 APR - Ci sta per essere “prescritta” dallo Stato Regioni una nuova medicina pubblica che propongo di chiamare “medicina amministrata”. Si tratta di una medicina poco costosa, assicurata attraverso dispenser automatici, cioè medici che sulla scorta di input predeterminati, erogano e prescrivono agli ammalati ciò che è finanziariamente appropriato con le risorse disponibili.
 
La chiamo “amministrata” perché gli adempimenti previsti per la cura dei malati sono di fatto decisi non dai medici in piena autonomia e responsabilità ma dagli amministratori ad ogni livello che gestiscono il sistema sanitario.
 
Il criterio guida, se non il perno della medicina amministrata, è il concetto di appropriatezza. A partire dalla “medicina della scelta” (Bollati Boringhieri 2000) ho rimarcato la contraddizione che avvertivo già all’indomani dell’approvazione del dl 229, tra appropriatezza e medicina amministrata:
· se un valore è veramente  tale, e l’appropriatezza nel suo significato di fondo lo è,  esso non può produrre il suo  contrario cioè non può produrre inappropriatezza;
· se in nome dell’appropriatezza impongo ai cittadini malati la medicina amministrata e se la medicina amministrata  è l’adesione delle prassi mediche  a canoni economicistici, allora è come se imponessi loro un certo tipo di medicina inappropriata.
 
Per me l’idea di medicina amministrata è inappropriata perché:
· “im-pertinente” cioè incongrua  nei confronti  della complessità reale del malato  come qualsiasi pratica standardizzata;
· “induttiva” cioè  da regole  standard  si generalizzano  prassi universali cioè uguali per tutti gli ammalati di un certo tipo;
· “disumanizzante” cioè lo status di persona  del malato regredisce a quello dell’oggetto  biologico  malato.
 
Tanto la medicina difensiva che la medicina amministrata sono inappropriate anche se in due modi diversi. Entrambi tuttavia sono impertinenti, induttive e disumanizzanti.
 
Attenzione, questo non vuol dire che per la medicina non debbano esistere delle regole per governarla in tutti i suoi aspetti, ma solo che ogni regola:
· deve comunque essere  subveniente alla complessità del malato;
· deve essere una regola aperta per poter essere  interpretata alla luce delle necessità reali del malato;
· deve prevedere uno  “scarto” tra la sua razionalità convenzionale e la realtà del malato,  perché è improbabile che essa si adatti perfettamente alla complessità dell’individuo malato;
· deve rientrare nell’autonomia di scelta del medico perché per recuperare lo scarto  non c’è altro modo che delegargli  la sua interpretazione;
· deve essere  sempre perfezionabile dal medico  sulla base di almeno quattro variabili: ontologia  relazione, situazione, contingenza.
 
La medicina appropriata quindi non è una medicina senza regole. Anzi è il contrario. Ma come ho detto tante volte in medicina il laissez faire, quindi l’arbitrio, non può essere dato, né se esercitato dai medici per ragioni opportunistiche né se esercitato dagli amministratori per ragioni economicistiche. La medicina appropriata è una medicina ovviamente con delle regole sulle quali però la parola finale spetta in piena autonomia e responsabilità tanto al malato che al medico. Essa per me è l’insieme della razionalità e della ragionevolezza. Cioè è scienza, buon senso e capacità relazionale.
 
L’intesa Stato Regioni prevede che siano definite:
· le condizioni di erogabilità  per le prescrizione appropriate;
· l’obbligo per il medico di riportare al lato della prestazione prescritta l'indicazione della condizione di erogabilità;
· e le sanzioni finanziarie in caso di inosservanza a carico dei malati e dei medici.
 
Il fatto di sanzionare i medici e i malati per presunti comportamenti inappropriati ci dice in modo inequivocabile che la parola finale sulle regole di erogabilità non spetta né al malato e né al medico.
 
Per cui si può dire che la medicina amministrata è un pacchetto di regole nel quale in modo lineare la regola quale criterio opera sui malati attraverso le prassi dei medici rendendosi indisponibile a qualsiasi interpretazione e a qualsiasi aggiustamento o personalizzazione.
 
La regola tipo della medicina amministrata definita “appropriatezza” sarebbe quindi:
· istruttiva nella forma semplice  input/output;
· deterministica nella modalità  causa/effetto;
· decontestualizzata cioè indifferente a situazioni, relazioni, contingenze;
· performativa cioè un atto assertivo che agisce in tutte le sue conseguenze.
 
Ma se questa è l’idea che si ha di appropriatezza, la medicina amministrata non è altro che la sua maldestra falsificazione con l’obiettivo di mascherare  una particolare  forma di taglio lineare sui costi della cura. Cioè è una contro riforma.
 
Ma come è possibile falsificare il concetto di appropriatezza per farne addirittura una controriforma?
Se assumiamo il principio, “il modo di operare di ciascuna cosa segue il suo modo di essere” (Tommaso D’Aquino), allora si può dire che il modo di agire del principio di appropriatezza dipende da come essa è intesa dal momento che il suo significato strumentale non è univoco:
· se l’appropriatezza è intesa come nella legge 229  allora essa è  una forma di  razionalizzazione delle prassi di cura;
· se l’appropriatezza è intesa come nell’accordo Stato Regioni come una particolare forma di razionamento dei consumi sanitari allora  essa è un taglio lineare.
 
Ecco le differenze:
· la prima mira a costruire effettivamente  appropriatezza tentando di stare dentro le compatibilità economiche;
· la seconda mira a costruire inappropriatezza perché le cure inappropriate sono minori di quantità e di qualità, quindi costano meno e in ogni caso i costi dell’appropriatezza illegale sono scaricati su malati e operatori.
 
Quale è il punto? A parità concettuale cambiando lo scopo pratico dell’appropriatezza, quindi passando da obiettivi di razionalizzazione a obiettivi di razionamento, cambia radicalmente il senso dell’operazione politica finale.
Considerando le circostanze e la drammaticità delle questioni in gioco e convinto che rispetto ad esse dissentire sia un dovere propongo all’attenzione di tutta la sanità pubblica il seguente o.d.g:
di fronte...  
al rischio di compromettere la qualità umanistica  della medicina, di violare qualsiasi principio di etica medica  e di  immiserire  tutti i ruoli professionali,
denuncio pubblicamente...
il tentativo del Governo e delle Regioni, di sancire con delle intese scriteriate una sorta di medicina amministrata  incuranti di stravolgere i caposaldi etici, morali e scientifici della nostra medicina pubblica  e delle nostre professioni,
invito...
ordini, collegi, sindacati, associazioni,  università, servizi, operatori, cittadini  a far sentire la loro voce  per impedire che si faccia scempio della nostra medicina pubblica.
annuncio…
al fine di rendere maggiormente coscienti tutti noi sui rischi  che stiamo correndo, che seguiranno su questo giornale analisi  critiche volte a smascherare  l’inganno dell’appropriatezza ma non per sbarazzarci di questo valore che ribadiamo essere un valore, ma per rilanciarlo e ridefinirlo  liberandolo però da ambiguità e da strumentalità.
 
Ivan Cavicchi

29 aprile 2015
© Riproduzione riservata

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