Liberalizzazioni. Aifa: “Quelle già in vigore hanno fallito. Italiani hanno speso più di prima per i farmaci di fascia C: +200 milioni dal 2006”
La causa è l'effetto intrinseco di spinta al consumo. Lo rileva l’Agenzia del farmaco che ha analizzato il mercato dal 2006 ad oggi per i farmaci C (Sop e da banco). “Se l'obiettivo della liberalizzazione era quello di rappresentare un vantaggio per i pazienti, con una riduzione dei prezzi tramite una vera concorrenza e un complessivo risparmio a loro vantaggio, i dati obiettivi e certificati evidenziano il completo fallimento di tale presupposto”.
17 FEB - In relazione a recenti notizie di stampa a supporto del DDL in discussione sulle liberalizzazioni, l’Agenzia Italiana del Farmaco intende fare chiarezza mostrando l'analisi dei medicinali di fascia C a partire dal 2006, anno di emanazione del cosiddetto “Decreto Bersani” (decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248), che evidenzia consumi totali stabili fino al 2010 (
tabella 1).
Successivamente, probabilmente per effetto della crisi economica, il consumo (ma non i costi) di questi medicinali ha visto una progressiva flessione fino al 2013, attestandosi ad una riduzione dell'11,5%, rispetto al 2006. Tale contrazione dei consumi rispetto al 2006 ha riguardato in particolare i medicinali di fascia C con ricetta medica, dispensati esclusivamente attraverso le farmacie aperte al pubblico (-15,7% vs. 2006). Al contrario, la riduzione dei consumi dei SOP/OTC, dispensabili anche attraverso le parafarmacie e la GDO, è stata più contenuta (-7,4%), probabilmente, sia per effetto dell'ampliamento del numero dei punti di dispensazione di questi medicinali legati al Decreto Bersani, sia per gli effetti del Decreto del Ministero della Salute 18 aprile 2012 ("Attuazione delle disposizioni dell’articolo 32, comma 1, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sulla vendita dei medicinali previsti dall’articolo 8, comma 10, lettera c) , della legge 24 dicembre 1993, n. 537") che ha riclassificato da C-RR in C-SOP diverse specialità medicinali.
Gli effetti di tali provvedimenti di liberalizzazione in realtà non sembrerebbero aver portato alcun vantaggio ai pazienti, a parte la comodità di avere una più facile disponibilità di punti vendita che però potenzialmente li espone alle conseguenze di consumare più farmaci che non sono – come da AIFA più volte sottolineato – una merce simile a qualunque altra. Non vi sono stati risparmi per i cittadini visto che la spesa a loro carico ha avuto una crescita del +2,2% dal 2006 al 2013 (
tabella 2).
In altri termini, a fronte di un paziente che per effetto della crisi tendeva a contrarre il volume dei propri acquisti di medicinali di fascia C, il sistema produttivo e distributivo ha “compensato” sfruttando la nota attitudine al consumo del mondo occidentale con un costante incremento dei prezzi di questi medicinali (
figura 1).
In realtà, se l'obiettivo della liberalizzazione della vendita dei medicinali di fascia C-SOP/OTC era quello di rappresentare un vantaggio per i pazienti, con una riduzione dei prezzi tramite una vera concorrenza e un complessivo risparmio a loro vantaggio, i dati obiettivi e certificati evidenziano il completo fallimento di tale presupposto, perlomeno nel settore dell'assistenza farmaceutica.
Infatti l'effetto economico di provvedimenti, nell'intento pro-concorrenziali, ha paradossalmente determinato un complessivo aggravio per i cittadini di circa 200 milioni di euro (2.298 vs. 2.094, pari a +9,7% nel 2013 vs. 2006), nonostante la contrazione dei consumi.
Tale scenario non ha caratterizzato i medicinali di fascia C con ricetta che, oltre ad aver subito una rilevante riduzione del consumo (soprattutto dopo il 2012, ovvero dopo la riclassificazione da DM 18 aprile 2012), hanno avuto anche una contrazione della spesa a carico del cittadino del -3%.
17 febbraio 2015
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