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Patto o pacco? Alle Regioni certezza di spesa, ma nessun vero progetto riformatore

di Ivan Cavicchi

Diverso sarebbe stato se Lorenzin avesse fatto una vera transazione chiamando al tavolo i sindacati, oltre alle Regioni, e preteso, da entrambi, certezze sui risparmi possibili. Queste menate sull’appropriatezza, la manutenzione, la sostenibilità, l’umanizzazione non sono credibili se il capitale del sistema, vale a dire il lavoro, continuerà ad essere marginale.

10 LUG - Patto o pacco? Il dubbio mi è venuto quando stupefatto, ma anche insospettito, dal trionfalismo delle dichiarazioni di ministri, presidenti regionali e assessori, sono andato a leggermi il testo. Possibile mai, mi sono chiesto, che rane, zucche e topi siano diventati, come per magia, una pariglia di purosangue, un cocchio elegante, principi e principesse? Possibile mai che il mondo che fino ad ora ci ha fatto “rovesciare” si sia improvvisamente “rovesciato”? Che un sortilegio abbia trasformato il pensiero debole in un pensiero forte? Che l’incubo del “riformista che non c’è” sia come per incanto finito? Ma, ahimè, favole e sanità non vanno d’accordo e leggendo il testo ho trovato solo il solito riformista che non c’è… e quindi rane, topi e zucche.

Questo “pacco” ben incartato, pieno di svolazzi, di marca fasulla, fino a sembrare un patto, non è altro se non un matrimonio promiscuo  tra la ministra della salute e il presidente delle regioni, per di più funestato da una imbarazzante condanna al vero grande “pattista” della sanità: “Beatrice e Vasco, giurate di garantire manutenzione, sostenibilità, appropriatezza, riorganizzazione ecc ? “Dite lo giuro”. “Lo giuro”, rispondono i convenuti. ”Vi dichiaro marito e moglie finché morte non vi separi, assicurandovi intanto certezza di risorse augurandomi che poi possiate riprodurre tanti risparmi”.

Questo è il cuore del “pacco”, certezze di risorse e buoni propositi. Giusto per dare l’idea della strana “lista di nozze” orientata al futuro questi gli impegni matrimoniali dichiarati: ripensare la governance, aggiornare i Lea, un documento di indirizzo sull’appropriatezza, fare una ricognizione per consentire l’intramoenia allargata, accelerare la riorganizzazione dell’assistenza territoriale, ripensare il sistema dei ticket, istituire una commissione per la valorizzazione delle risorse umane, aggiornare il prontuario farmaceutico, definire nuovi standard organizzativi del Distretto, un progetto di umanizzazione delle cure, istituire una commissione permanente per aggiornare le tariffe per l’assistenza ospedaliera e specialistica ambulatoriale, definire un programma per l’edilizia, concordare un piano strategico per la diffusione della sanità digitale, stabilire le pesature dei costi e fabbisogni standard al fine del riparto dei fondi. Ecc ecc.

Le uniche cose importanti certe (si fa per dire) sono: la definizione del FSN (2014/109,928 miliardi, 2015/112,062 mld, 2016/115,440 mld), il cuore del pacco, i nuovi standard ospedalieri (tanto per cambiare). Stop.

Ditemi voi, tenendo conto che il FSN anche se quantificato resta subordinato al “conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica”, è un “patto” o un “pacco”? Se in sanità non possiamo credere alle favole fatemi fare un paio di ragionamenti. Ricordo che il governo aveva rinunciato ad operare tagli lineari alla sanità per un valore di 10 mld ma solo per dare la possibilità alla sanità di risparmiarli in modo autonomo e discreto. Chiedo ai novelli sposi: dove sono i risparmi che avete promesso al governo? Siete in grado di quantificarli in denari sicuri? Sono per caso alla faccia di tante chiacchiere quelli che deriveranno dai nuovi standard ospedalieri? Perché se non siete in grado di farlo o se pensate di cavarvela con riduzioni dei posti letto, state certi che non solo ci ribeccheremo i tagli lineari ma a saldo delle vostre inadempienze, persino raddoppiati.

Chiedo di nuovo ai novelli sposi: ma ci spiegate bene cosa vuol dire che i risparmi resteranno alla sanità? Personalmente continuo ad avere i miei dubbi, perché se i risparmi restassero in sanità allora non sarebbero risparmi, cioè l’invarianza complessiva della spesa annullerebbe il concetto di risparmio e ciò non sarebbe gradito al Governo. Probabilmente il Governo, quando andrà ad aprire il pacco, potrebbe scoprire che i risparmi sono restati in sanità ma solo perché essi non ci sono mai stati, cioè le Regioni hanno continuato a spendere sostanzialmente come prima contando sulle quantificazione “certe” del fondo. Il dramma vero delle rane, dei topi e delle zucche non è ontologico (anche loro sono creature di Dio), ma politico. Costoro, passato il periodo buio di Monti - che con loro non solo non ha voluto fare nessun patto ma ha cercato di ridimensionarne i poteri - senza un progetto riformatore vero, senza che nessuno li metta in riga con un nuovo Titolo V, tornano ad avere solo certezza di spesa, promettendo in cambio questo mondo e quello che non c’è.

Diverso sarebbe stato se, anziché infoiarsi in un matrimonio promiscuo, la rappresentante del Governo avesse fatto una vera transazione chiamando al tavolo i sindacati e preteso, da entrambi, certezze sui risparmi possibili, per esempio riducendo ex ante per un valore convenzionale, la spesa per sprechi, corruzioni, abusi, diseconomie, quindi reinvestendo il risparmio ottenuto nella ricapitalizzazione del lavoro, per continuare ad amplificare il rapporto ricapitalizzazione/risparmi riformando davvero il sistema. Queste menate sull’appropriatezza, la manutenzione, la sostenibilità, l’umanizzazione non sono credibili se il capitale del sistema, vale a dire il lavoro, continuerà ad essere marginale.

La mia conclusione è mendeliana: rane topi e zucche non dovrebbero sposarsi, essi sono oggettivamente appartenenti a generi diversi. Se chi finanzia si sposa con chi spende sono dolori. Tra una balena e un rinoceronte può nascere un “balenoceronte”, un pacco, mai un patto.

Ivan Cavicchi
 

10 luglio 2014
© Riproduzione riservata

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