Aborto. Lorenzin: “Numero obiettori è congruo. Criticità sono organizzative e per questo ho chiesto report regionali”
20 LUG - Question time per il Ministro della Salute anche sul tema dell’applicazione della legge n. 194 del 1978, al fine di garantire il diritto all'obiezione di coscienza del personale sanitario – n.
3-02408.
Qui di seguito il question time:
PAOLA BINETTI. Tre date: l'11 aprile la CGIL presenta un esposto al Comitato per i diritti sociali, accusando il Ministero della salute di non garantire sufficientemente il cosiddetto diritto all'aborto, che in quanto diritto non esiste, accusando in quanto tale il personale obiettore di coscienza di sottrarsi a responsabilità concrete, di caricare sui medici non obiettori di coscienza un surplus di lavoro francamente non tollerabile e evidenziando quella che peraltro invece è una constatazione che ripetutamente facciamo tutti ovvero la diversità di modelli organizzativi tra le diverse regioni e quindi la differenza di accesso ai servizi in questo senso. La seconda data: il 24 maggio il Ministero presenta una sua documentazione precisa e concreta che smentisce alcuni di questi passaggi. Il 6 luglio il Consiglio d'Europa, in qualche modo, rende atto all'Italia di essere in grado di garantire per le donne che desiderano abortire la possibilità di farlo. Il quesito è quello di come garantire invece l'obiezione di coscienza su tutto il territorio nazionale.
BEATRICE LORENZIN, Ministra della salute. Ringrazio gli onorevoli interroganti perché mi consentono di ribadire quanto avevo avuto modo di affermare in occasione dell'informativa resa in quest'Aula il 4 maggio 2016 ovvero che il Consiglio d'Europa non aveva e, adesso lo possiamo dire, non ha mai condannato l'Italia per la mancata applicazione della legge n. 194 del 1978 in relazione al rapporto fra obiezione di coscienza e accesso ai servizi di interruzione volontaria della gravidanza, come purtroppo erroneamente riportato da molti organi di stampa. Il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa infatti, lo scorso 6 luglio, si è pronunciato sulla decisione del Comitato dei diritti sociali del Consiglio d'Europa che, nell'ottobre del 2015, aveva parzialmente accolto un reclamo proposto della CGIL in merito alla presunta mancata applicazione della legge n. 194 del 1978. Quest'ultima decisione, per come avevo evidenziato nel corso dell'informativa dello scorso mese di maggio, scaturiva dal fatto che il predetto Comitato non aveva potuto prendere in considerazione i dati più recenti sull'applicazione della legge in materia di interruzione volontaria di gravidanza contenuti nella relazione trasmessa al Parlamento in data successiva a quella in cui il Comitato stesso aveva preso la sua decisione. Da questi dati rilevati, per la prima volta anche in forma disaggregata, a livello sub-regionale per ogni singola ASL, emerge con chiarezza che il carico di lavoro per ciascun ginecologo non obiettore è congruo rispetto alle interruzioni volontarie di gravidanza effettuate e non sembra tale, quindi, da impedire ai non obiettori di svolgere anche altre attività oltre al servizio di interruzione volontaria di gravidanza.
Sono proprio questi dati che il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa ha valutato positivamente lo scorso 6 luglio. Ma non intendo fermarmi a questo riconoscimento internazionale, che non nascondo mi faccia piacere atteso che un monitoraggio così capillare e articolato dell'applicazione della legge n. 194 non era mai stato effettuato da nessun Ministro della salute. Intendo, infatti, proseguire su questa strada che ho avviato appunto tre anni fa e, consapevole che gli eventuali problemi di accesso ai servizi di interruzione volontaria di gravidanza sono dovuti a criticità organizzative locali e non al numero degli obiettori di coscienza, ho dato quindi disposizione ai miei uffici perché le regioni siano sollecitate a predisporre report regionali sull'applicazione della legge n. 194 dl 1978 sulla base di un format di riferimento messo a disposizione delle stesse regioni. All'esito di questo ulteriore monitoraggio potranno essere meglio individuate le specificità locali riguardanti l'accesso ai servizi di interruzione volontaria di gravidanza, sia in senso positivo, sia che negativo, che potrebbero non essere emerse dalle rivelazioni regionali, il che metterà le amministrazioni regionali, cui come è noto compete l'organizzazione dei servizi sanitari, nelle condizioni di assicurare una completa attuazione della legge n. 194 del 1978 su tutto il territorio nazionale.
Quindi la nostra intenzione è quella non solo di continuare questo monitoraggio straordinario che abbiamo avviato da tre anni, ma anche di fare un format più particolare per le regioni, individuare le singole specificità dove ci possono essere degli elementi critici, se ci sono, e poi accompagnarli anche in una soluzione.
PAOLA BINETTI. Che il tema dell'aborto sia un tema delicato, un tema sensibile, un tema davanti al quale, anche a distanza di quasi quarant'anni, ci si proietta con una posizione che riflette una visione della vita, un'ideologia rispetto a una serie di cose, che in qualche modo intenda contrapporre quelli che sono i diritti della salute riproduttiva, di cui l'aborto non è una parte integrante. L'aborto è semplicemente una risposta drammatica a una situazione in cui la donna si può trovare, ma non è che la salute riproduttiva e il diritto alla salute riproduttiva che tutti quanti noi riconosciamo con pienezza si identifichi necessariamente con il diritto all'aborto.
Viceversa, sì che ci sono dei diritti altrettanto importanti, come il diritto alla vita per il bambino, come il diritto all'obiezione di coscienza per il professionista, che, nel momento di giungere a quello che potrebbe essere il punto di equilibrio, il punto di caduta, diciamo, di una complessità di situazioni che si confrontano, renda necessario che, ogni volta, ogni situazione venga in qualche modo presa in carico con tutta la dovuta delicatezza, con tutta la dovuta prudenza e anche con tutta la possibilità di venire incontro a quelli che sono i bisogni che in quel momento la donna esprime in quella che è una condizione universalmente riconosciuta di fragilità.
La legge n. 194 parla anche di parti di servizi che, attraverso i consultori, dovrebbero essere offerte alle donne, parla anche di misure concrete perché si possa giungere in qualche modo a un obiettivo tendenza, per cui nessuna donna debba abortire e tanto meno debba abortire per motivi, che so io, di povertà, per motivi di fragilità, per motivi di contesto. Viceversa, su quella che è una parte positiva che riguarda la legge n. 194, mi sembra che ben poco è stato fatto.
Quindi, io chiedo al Ministro, da un lato, senz'altro, di monitorare perché tutti i disservizi vengano risolti e perché nessuna donna si debba trovare, in qualche modo, esposta a una situazione di ulteriore drammaticità rispetto a quella che sta vivendo, ma di vigilare anche perché vengano garantiti, in primo luogo, il diritto all'obiezione di coscienza per medici, ostetriche e ginecologi, e, in secondo luogo, perché quella parte della legge n. 194, che in quarant'anni non è mai stata applicata e che è quella che in qualche modo tende a ribaltare la percezione della legge, che non è soltanto la legge sull'interruzione di gravidanza ma è la legge per la tutela sociale della maternità, venga una volta per tutte applicata a pieno titolo.
20 luglio 2016
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