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Pensioni d'oro e blocco retribuzioni PA. Due pesi e due misure

di Cesare Fassari

08 AGO - Due dati apparentemente distanti hanno colpito la mia attenzione in queste ore. I 13 miliardi l’anno a spese dello Stato per le cosiddette “pensioni d’oro” (anche superiori ai 90mila euro l’anno) di cui godono circa 100mila pensionati e i 7 miliardi che costerebbero allo Stato i rinnovi contrattuali del Pubblico Impiego fermi dal 2009 e che candidamente il ministro della Funzione Pubblica D’Alia ha ammesso di “non avere”.
 
Sui primi vale la pena riprendere solo le parole del ministro del Lavoro Giovannini che, apparentemente sconsolato, ha dichiarato che non ci si può far nulla visto anche il parere della Corte Costituzionale che cassò, perché illegittimo, il contributo di solidarietà stabilito dalla manovra del 2011 proprio per le pensioni sopra i 90.000 euro.
 
Sulla seconda cifra non possiamo invece che prendere atto di quanto dichiarato oggi dal Governo per motivare la proroga a tutto il 2014 del blocco delle retribuzioni pubbliche: “E’ una misura necessaria per la particolare contingenza economico-finanziaria, che richiede interventi non limitati al solo 2013”.
 
E così, da una parte, i 100mila fortunati (senza dare alcun valore negativo al termine) continueranno a godersi una vecchiaia in tutto relax, mentre i 3 milioni e passa di dipendenti pubblici (sia quelli con un buono stipendio che quelli da poco più di 1.000 euro al mese) dovranno aspettare il 2015 per raccogliere qualche aumento contrattuale che non è detto si limiti poi al solo scatto (scattino?) di contingenza.
 
Tredici miliardi di qua e sette miliardi di là. Due cifre, due storie. Due pesi e due misure.
 
Cesare Fassari

08 agosto 2013
© Riproduzione riservata
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