“Sublime”, la bellezza di volti e corpi della ortopedia dei primi anni del Novecento
In mostra all’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna le foto scattate nei primi anni di attività dell’istituto, quando le cartelle cliniche ricomprendevano, oltre ai referti diagnostici, le foto dei pazienti con indosso i dispositivi ortopedici via via prescritti, in modo da conservare una traccia, anche visiva, delle varie fasi dell’itinerario diagnostico-terapeutico
18 MAG - Tra le migliaia di immagini raccolte e conservate nell’Archivio Storico dell’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna ci sono anche le foto dei pazienti ritratti nei diversi momenti del percorso di diagnosi e cura. L’Istituto si era dotato infatti, sin dalla fondazione nel 1896, di un laboratorio fotografico. Così le cartelle cliniche ricomprendevano, oltre ai referti diagnostici, le foto dei pazienti con indosso i dispositivi ortopedici via via prescritti, in modo da conservare una traccia, anche visiva, delle varie fasi dell’itinerario diagnostico-terapeutico.
Un patrimonio unico, che testimonia della attenzione degli ortopedici dell’Istituto, sin dalla sua nascita, per la documentazione come risorsa imprescindibile del metodo clinico, oltre che di una straordinaria modernità.
Una selezione di quelle foto è ora in mostra, sino al 30 luglio, nell’Ala Monumentale del Rizzoli, nel Chiostro dei Carracci e nella Sala Viseur (ingresso libero, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 19). La mostra, intitolata Sublime, è stata curata dalla Fondazione Videoinsight, che sostiene e promuove il valore terapeutico e riabilitativo di alcune opere d’arte e l’integrazione necessaria tra cultura e salute.
Foto e negativi selezionati risalgono ai primi anni di vita dell’Istituto. Sono stati rifotografati per la mostra a partire dalle lastre di vetro sulle quali sono archiviati e conservati. Il risultato è sorprendente. Ovviamente si possono osservare una quantità di dispositivi ortopedici, che faranno la felicità degli appassionati di storia della ortopedia. Gli addetti ai lavori troveranno una ulteriore conferma di quanto il Rizzoli sia stato, sin dal suo avvio, all’avanguardia nella diagnosi, nelle terapie e nella produzione di dispositivi ortopedici, come è testimoniato peraltro dall’essere stato già dai primi decenni del secolo scorso meta di specializzandi provenienti da tutto il mondo, Stati Uniti compresi.
Ma non è questa la maggiore attrattiva della mostra. Sono i volti dei pazienti i veri protagonisti della scena. È difficile staccarsi da quegli sguardi consapevoli e dignitosi, nei quali si possono leggere dettagli ed intere storie, vissuto personale e profili collettivi. Uno storytelling emozionante, che mette a nudo l’anima dei soggetti ritratti, lascia che padroneggi le singole foto così come l’intera mostra ed emana una bellezza essenziale e senza tempo. Schiene deformi, silhouette alterate e posture da correggere, ancorché ben fotografate, non ne intaccano l’eleganza. Nonostante le evidenti imperfezioni, sembra quasi che non ci sia bisogno di intervenire con corsetti e dispositivi ortopedici per modellare quei corpi, tanto appaiono in equilibrio con i volti e sovrastati da essi.
Rebecca Russo, presidente della Fondazione Videoinsight e curatrice della mostra, ha descritto la loro modernità accostandola ai corpi di Mapplethorpe o ai tableaux vivants di
Vanessa Beecroft, e al loro mix di bellezza e sofferenza.
Da vedere.
Stefano A. Inglese
18 maggio 2018
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