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Petrolio e cancro. Carabinieri avviano indagine in Basilicata. E per i medici locali esiste “un eccesso di tumori”

I Carabinieri del Nucleo operativo ecologico hanno già acquisito migliaia di cartelle cliniche negli ospedali. L'indagine si inserisce nell'inchiesta sulle attività di smaltimento dei rifiuti prodotti dal Centro Oli dell'Eni. Per l'Associazione medici per l'ambiente e per la Fimmg lucana esiste una maggiore incidenza di patologie in Basilicata e la correlazione con l'inquinamento "è verosimile".

06 APR - I Carabinieri del Noe (Nucleo Operativo Ecologico) hanno acquisito migliaia di cartelle cliniche negli ospedali della Basilicata per verificare il possibile collegamento tra le patologie presenti in regione, tra cui anche quelle relative ai tumori, e i livelli di inquinamento ambientale nell'ambito del filone d'inchiesta della Procura di Potenza sulle attività di smaltimento dei rifiuti prodotti dal Centro Oli dell'Eni.

Una correlazione possibile, secondo i medici. “Una recente indagine dell'Ufficio statistica dell'Istituto superiore di sanità, trasmessa alla regione Basilicata, segnala sul territorio regionale, e in particolare in Val d'Agri, un eccesso di mortalità per tumori allo stomaco e per leucemie”, afferma il presidente dell'Associazione medici per l'ambiente (Isde) Roberto Romizi, secondo il quale è dunque “assolutamente verosimile un nesso tra l'aumentata mortalità per alcune patologie sul territorio e l'inquinamento ambientale”. Tuttavia, sottolinea Romizi, l'indagine non stabilisce un nesso sicuro di causalità tra esposizione ad inquinanti ambientali e stato di salute.

Ma a denunciare una maggiore incidenza per tumori sul territorio è anche il segretario provinciale della Federazione nazionale dei medici di famiglia (Fimmg) Antonio Santangelo: “Manca una rilevazione ufficiale, ma dalla nostra attività di medici di base nel territorio - afferma - abbiamo l'impressione di una maggiore incidenza di patologie come quelle tumorali in varie aree della Basilicata”. Oltre alla Val D'Agri, afferma, “a fortissimo rischio sono infatti anche le zone di Rotondella, dove è presente un deposito di scorie radioattive, e la zona di Melfi dove è ubicato un inceneritore. La nostra impressione - rileva Santangelo - è che i casi di tumore in queste aree, e a macchia di leopardo sul territorio regionale, siano in costante aumento e, certamente, non si può escludere che vi sia un nesso con l'inquinamento da estrazione petrolifera o altre emergenze ambientali”.

06 aprile 2016
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