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Il medico è solo? Harari risponde al forum di QS

13 GIU - In risposta ai numerosi interventi del nostro forum, scaturito da un articolo di Sergio Harari apparso sul Corriere della Sera di qualche settimana fa, lo stesso Harari interviene oggi su Quotidiano Sanità per riprendere le fila del dibattito e lanciare ulteriori spunti di riflessione sull'attuale situazione dei medici italiani, stretti tra la necessità di garantire comunque assistenza a tutti e i sempre crescenti limiti alla spesa pubblica.
 
L’ampio dibattito ospitato da Quotidiano Sanità dopo il mio intervento sul Corriere della Sera dello scorso maggio testimonia due cose: una è l’interesse che oggi ricopre il problema dell’identità del medico e la seconda è come le visioni siano molto diverse. Tutti coloro che sono intervenuti hanno infatti riconosciuto gli stessi elementi di criticità ma le analisi e le proposte erano tra loro molto lontane. Non ho soluzioni in tasca da proporre, né parole conclusive, vorrei solo aggiungere qualche ulteriore spunto alla riflessione.
Chi lavora tutti i giorni nelle corsie ospedaliere o negli ambulatori del nostro Ssn sa bene che già oggi è difficile continuare a garantire tutto a tutti, il problema è che nessuno vuole assumersi la responsabilità politica di dirlo. Il nostro sistema di welfare è tuttora molto garantista (anche se le disparità nel Paese sono enormi, come raccontato egregiamente dal libro di Giovanni Padovani "Il diritto negato") ma le limitazioni cominciano già a essere realtà, forse è bene saperlo e cominciare a dirlo. D’altra parte è necessario confrontarsi con il paradosso della medicina: l’innovazione non riduce i bisogni di assistenza, anzi aumenta la domanda di servizi a pazienti che negli anni sono sempre più diventati “sophisticated consumers”.
Qualcuno ha scritto che il problema della compatibilità tra diritti e risorse rischia di scoppiare in mano al medico: difficile non condividere. Il medico ha però delle sue specifiche responsabilità, l’etica deve ribellarsi a mere logiche di bottega, “cheaper is better” non è applicabile in sanità. È necessario affermare la superiorità della scienza e della qualità, come ricorda Girolamo Sirchia nel suo recente libro "Spunti per una sanità migliore", le esperienze delle valvole cardiache brasiliane e dell’eparina cinese dovrebbero esserci bastate.

La sfida postwelfariana deve partire dai medici che devono scrollarsi di dosso anni di inerzia e passività e riacquistare, attraverso una difficile azione culturale di sensibilizzazione, una nuova alleanza terapeutica con i propri pazienti. Il progresso delle tecnologie non ha migliorato nell’ultimo ventennio la relazione medico-paziente, che va oggi ripensata. Così come è indispensabile superare le difficoltà dei contenziosi medico-legali figli anche di una medicina venduta come onnipotente e a rischio zero.
Infine, la tanto citata appropriatezza è certamente un punto chiave ma non il solo sul quale confrontarsi: se la spesa sanitaria nel nostro Paese è passata da 66 miliardi di euro nel 2000 a 106 nel 2010, non è certo per il peggioramento dell’appropriatezza.
Si potrebbe continuare a lungo e forse si dovrebbe, varrebbe la pena che questi temi venissero sviluppati e discussi fuori da logiche corporative o di potere perché la sanità per tutti è un diritto acquisito, sancito dall’articolo 32 della nostra Costituzione, e tale deve rimanere, non dimenticando però che è stata una faticosa conquista sociale che va continuamente difesa e tutelata per il bene universale.
 
Sergio Harari

direttore dell’Uo di Pneumologia del San Giuseppe di Milano
sharari@hotmail.it


13 giugno 2011
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