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Turco (Pd): “Una legge tutta da riscrivere e nel Pd non c'è spaccatura ma libertà di coscienza” 

11 MAG - "Chiediamo un testo nuovo, ispirato al 'diritto mite'. Perché lo Stato non deve intromettersi nel fine vita". Così l'ex ministro della Salute che assicura che sarà questa la posizione che il Partito Democratico porterà in Aula alla ripresa del dibattito sul biotestamento all'indomani delle amministrative di metà maggio. E sulle divisioni interne al partito: "Non esiste alcuna spaccatura nel Pd. Esiste pluralità di opinioni e libertà di coscienza".  
 
 
Con questa intervista a Livia Turco (Pd) iniziamo un confronto a distanza tra le forze politiche che tra due settimane dovranno fare i conti con il ddl sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento. Posizioni contrapposte tra i Poli, ma distinguo pesanti anche all'interno degli stessi schieramenti su un tema che da sempre divide le coscienze del Paese. E che ha visto scendere in campo anche lo stesso presidente del Consiglio con una lettera molto accorata inviata la settimana scorsa a tutti i suoi parlamentari per testimoniare la volontà del Governo di andare comunque avanti su questa legge controversa.
 
Onorevole Turco, cosa ne pensa dell’accelerazione imposta alla discussione del ddl sul biotestamento, per la quale si è speso anche Berlusconi con una lettera inviata ai singoli parlamentari del Pdl invitandoli a sostenere la legge?
L’aspetto smaccatamente elettoralista l’ha evidenziato il centrodestra stesso. Abbiamo assistito a una vera beffa, dove da una parte si è insistito per discutere il ddl e dall’altra se ne è chiesto l’immediato blocco per rinviare il testo alla commissione Bilancio. La verità è che l’orologio che anima questa legge è quello della convenienza politica. Non credo sia un caso se l’avvio dell’esame è stato calendarizzato in coincidenza con l’appuntamento elettorale per le amministrative di metà maggio. Come fu fatto con la RU486 nella precedente tornata elettorale per le regionali, la Maggioranza sta cercando di strumentalizzare il testamento biologico per raccogliere voti.

Secondo lei, dunque, la Maggioranza non ha una reale volontà di arrivare a una legge?
L’intento è quello di avere un’arma in più da giocarsi nella campagna elettorale. Sia in queste settimane precedenti il voto del 15 e 16 maggio, che dopo, quando il dibattito parlamentare coinciderà con i ballottaggi. La Maggioranza ha bisogno evidentemente di uno scalpo elettorale da giocare, soprattutto a Milano, ma anche in altre realtà.

Qual è il punto del ddl che ha richiesto il parere della commissione Bilancio?
Come sempre il centrodestra parla con grande facilità delle politiche di sostegno alle persone, ma quando si tratta di passare dalle parole ai fatti, scopre il suo vero volto. Nello specifico, l’articolo 5 del ddl sul testamento biologico prevede il miglioramento dell’assistenza alle persone in stato vegetativo. Si tratta di un nostro emendamento, che la Maggioranza non poteva rifiutare, ma è evidente che questo ha un costo e non può avvenire, come la Maggioranza pretende, “senza maggiori oneri per lo Stato”.

Quali sono gli aspetti del ddl più critici?
È l’impianto stesso della legge a non essere condivisibile, perché nega le volontà del paziente affermando che le Dat hanno un puro valore orientativo sia per il medico che per i familiari e il fiduciario. Negando la volontà del paziente si nega anche la relazione di fiducia tra medico e paziente mentre, come è scritto nel Codice deontologico dei medici e come dalla comunità medica è stato più volte ribadito, l’alleanza terapeutica alla base del testamento biologico si fonda essenzialmente sulla capacità di ascolto e sulla relazione con il paziente.
Nel ddl, inoltre, da una parte si esalta la funzione dei medici ma dall’altra si tira in ballo il codice penale perché si teme che i medici compiano atti di eutanasia. È insito un profondo sospetto nei confronti dei medici, ignorando che tutta la deontologia medica è orientata a promuovere la salute e non certo a danneggiarla.
Non condividiamo, poi, la decisione di escludere dalle Dat sempre e comunque la nutrizione e l’alimentazione artificiale, salvo non risultino più efficaci nel fornire al paziente i fattori nutrizionali necessari alle funzioni fisiologiche essenziali del corpo. Secondo noi anche questi due elementi devono costituire materia di Dichiarazione anticipata di trattamento.

Sarà una battaglia che condurrete emendamento dopo emendamento?
Abbiamo presentato un pacchetto di emendamenti che configura una proposta alternativa, a partire dalla richiesta di sopprimere l’intera legge per arrivare a un solo articolo che indichi i principi e i valori su cui impostare una legge in materia.
Chiediamo un testo nuovo, ispirato al cosiddetto “diritto mite”, cioè a una legislazione che non sia intrusiva ma di indirizzo e non ponga divieti ed ostacoli. Perché lo Stato non deve intromettersi nel fine vita e nella vita privata delle persone. Tanto meno decidere.

Una legge mite non rischia di creare un’incertezza che potrebbe inasprire il rapporto tra medico e paziente e quindi portare la risoluzione dei singoli casi in tribunale?
Esattamente il contrario. Una legge mite è una legge che proprio perché non si intromette nella vita delle persone e non dice al medico cosa deve o non deve fare, apre un importante spazio alla relazione di fiducia medico-pazienti-familiari. È in quello spazio che si troverà soluzione, caso per caso. Perché quel che deve accadermi non lo deve decidere una legge. Né un giudice. Ma sarà deciso sulla base delle mie volontà e dell’alleanza tra i soggetti coinvolti. Partendo da un presupposto: la volontà del paziente non può essere solo tenuta in conto, come dice il ddl del centrodestra. Le volontà del paziente devono essere impegnative per il medico, per i familiari, per il fiduciario. Ma questo non vuol dire neanche che devono essere rigidamente vincolanti per il medico. Nessuno intende estromettere la scienza e la coscienza del medico. Una volontà “impegnativa” si realizza nella relazione di fiducia tra tutte le parti.

Nella scorsa seduta dell’Aula abbiamo assistito a una spaccatura all’interno del Pd, con alcuni esponenti che non hanno votato le pregiudiziali di costituzionalità. Crede che alla fine il Pd riuscirà a trovare una posizione compatta per il voto sul ddl?
Non esiste alcuna spaccatura nel Pd. Esiste pluralità di opinioni e libertà di coscienza. All’interno di questa libertà c’è, però, una posizione prevalente elaborata nel corso di un lungo periodo e di un profondo confronto.
Il testamento biologico è stato oggetto di grande discussione e cura da parte del Partito Democratico, dove è si praticata quell’idea di confronto, di mediazione e di reciproco ascolto che ha portato alla costruzione di una posizione più avanzata. Parlare di “diritto mite”, di “relazione di fiducia tra medico e paziente”, usare il termine “impegnativo”, testimonia la volontà di compiere un passo avanti rispetto a impostazioni radicate in una certa tradizione della sinistra e da un lato e del cattolicesimo dall’altro. È una posizione innovativa sostenuta da una maggioranza nettamente prevalente nel Partito.
Il Pd, poi, non è un partito in cui il leader impone posizioni e scrive lettere alla vigilia delle elezioni, per cui continuerà ad esserci la libera espressione da parte di tutti anche se è evidente che le posizioni non si esprimono solo a parole, ma anche con il voto. Credo, tuttavia, che alla fine il Pd troverà una posizione prevalente anche nel voto.
 
L.C.

11 maggio 2011
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